venerdì 19 aprile 2019

Qualche breve notizia Ibsen. L'ipocrisia del perbenismo borghese


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Ibsen 1828 - 1906
Nasce con lui la grande drammaturgia borghese che procede e si conclude con Cecov (1860 - 1904) e Pirandello.
L’ipocrisia sociale si oppone a che si possa realizzare la vocazione individuale

L’anitra selvatica ferita (1884) e ridotta in cattività è il simbolo dell’eroe e dell’eroina ibseniana, di Edvig in particolare che si uccide.

Nora invece scappa dalla gabbia. Casa di bambola 1879
Nora è la lodoletta, lo scoiattolo per il marito Torvald un direttore di banca - stipendio ottimo -  che la vezzeggia e la tratta da bambina
E lei: farò tutto quello che vorrai, Torvald, canterò, ballerò.
Deve mascherarsi da pescatrice napoletana e danzare la tarantella. L’ha imparato a Capri
A un certo punto si ribella: per guadagnarmi da vivere dovevo fare delle piroette per te e questo ti divertiva tanto! Prima ero il giocattolo di mio padre, poi il tuo. E’ colpa tua se sono diventata un nulla. Bambola figlia, poi bambola moglie. Le mie bambole erano i nostri figli. Ora devo pensare a educare me stessa. Devo fare da sola. Per questo ti lascio
Anche le leggi non sono quelle che credevo: “risparmiare un’angoscia al padre morente e salvare la vita al marito, non sarebbe un diritto per qualsiasi donna?
 Per poter curare una grave malattia del marito, la donna aveva contratto un debito con Krogstad, uno strozzino, falsificando la firma del padre su alcune cambiali.

“E i tuoi doveri di sposa e madre?” le fa il marito

“Non credo più a questi miti, Credo di essere anzitutto un essere umano, come lo sei tu. Uomini e libri ti daranno ragione : ma io non posso più ascoltare gli uomini, né badare a quello che è stampato. Ho bisogno di idee mie e di provare a vederci chiaro”,

Il marito: “parli come una bambina: non capisci nulla della società della quale fai parte”

Nora: “hai ragione, non la capisco. Per questo voglio vederci chiaro
Non so cosa farci: non ti amo più”
.
Non vuole nemmeno più vedere i tre bambini
Lascia libero il marito e gli rende l’anello Gli proibisce anche di scriverle
Non vuole aiuti. “Non accetto aiuti da un estraneo”
Lui spera in un miracolo che la faccia tornare


Ellida nella Donna del mare (1888) sceglie di rimanere nel matrimonio mentre potrebbe uscirne.
La prigione può esercitare un facino totalitario e condurre a una regressione completa.

Il totalitarismo moderno sta nella simbiosi tra il potere e lo schiavo, come si trova pure in Kafka.

Helene Alving negli Spettri  - 1881 - è una reclusa ed è pure la carceriera della sua prigione. Commette un peccato mortale contro se stessa, contro il dovere di svilupparsi armoniosamente secondo le sue possibilità, un peccato cui segue la nemesi.

Ibsen denuncia la colpa della rinuncia: il piacere è una legge della vita che non si può violare. Nel dramma Cesare e Galileo (1873) vagheggia l’accordo tra Cristo e Dioniso, tra natura e civiltà.
Disagio della civiltà. Ibsen tenta una sintesi tra Peer Gynt (1867) dalla disponibilità indeterminata e Brand (1866) l’eroe etico che cerca la pienezza vitale nella religione, con un pesante impegno unilaterale .

La Alving raccoglie i frutti del suo peccato: un matrimonio senza amore e dunque contro natura che ha deformato la carica vitale sua e del marito, la chiusura in un ambiente di cupo e opprimente perbenismo.
Quindi l’oppressione del figlio con un amore materno possessivo.
 La sua cultura non la può emancipare dall’ambiente oppressivo dove vive. L’uomo amato, il pastore Manders la riporta alla menzogna cui Helen cerca di sfuggire. Manders è appiattito nell’istituzione, in lui la menzogna è diventata natura. La Alving ha capito tutto, ma è dissociata tra teoria e prassi,
Del resto per chi vive in una società oppressiva e conformista la falsità è una protezioneL’esistenza è spettrale in quanto dominata dagli spettri di un passato che è ancora presente.
 Solo l’elementarità animalesca della serva Regine può sottrarsi alla morsa degli spettri: “Spettri, sì, sono spettri, gli spettri che ritornano” dice la Alving alludendo al fatto che Regine di cui suo figlio è innamorato è anche lei figlia del padre di Osvald, di suo marito. I due dunque sono fratellastri
Osvald vedeva in Regine una possibile salvezza: “hai visto come cammina, mamma? Non è un piacere guardarla?così bella, soda. Ma sono fratellastri
Poi la mancanza di luce : “Io sono paurosa, pavida, sì, piena di timidezze e paure perché c’è in me, profondamente radicato, qualcosa di oscuro, di spettrale, che mi opprime come un’ossessione, come un incubo da cui non riesco a liberarmi (..) Ah Manders, io credo che tutti noi non siamo nient’altro che degli spettri e tutti noi viviamo nell’ombra timorosi della luce, della chiarezza, della verità”. Parole della madre
Il figlio Osvald invece vorrebbe la luce: “E poi anche questo tempo, questa pioggia che non finisce mai, che è capace di andare avanti per settimane, per mesi, un raggio di sole uno se lo può sognare. Le sue ultime parole sono “il sole, il sole”.

Un nemico del popolo - 1882 -  è il dottor Stockmann il quale grida: la maggioranza ha la forza ma non ha la ragione "L'unica moralità, piaccia o no, consiste nell'indipendenza di giudizio, nel libero pensiero"[1].

Il dottor Stockman scopre che le acque della stazione termale della sua città sono contaminate. Vuole quindi avvisare la popolazione che per rimediare al danno saranno necessari costosi interventi di manutenzione e la chiusura temporanea dello stabilimento termale. Il sindaco della cittadina, che è anche il fratello del dottore, vuole invece mettere a tacere queste voci. Il dottore prosegue nella sua opera di comunicazione, convinto che la cittadinanza alla fine gliene sarà grata, ma scopre man mano che al contrario tutti osteggiano la sua decisione di voler rendere pubblica l’informazione che le acque sono contaminate. Perde il lavoro, la sua casa viene assediata, la famiglia offesa e viene additato da molte come un "nemico del popolo". Stockmann nonostante tutto, invece di fuggire dalla città, decide di combattere per la verità, indipendentemente dal prezzo, dichiarando che "l'uomo più forte del mondo è anche quello più solo".

Henrik Ibsen fa dire al dottor Stockmann (IV atto):" Il più pericoloso nemico della verità e della libertà è la maggioranza, la maledetta maggioranza democratica...Chi forma in un paese la maggioranza, gli intelligenti o gli imbecilli?..Di imbecilli si trova una maggioranza schiacciante...La maggioranza ha la forza, ma non la ragione. Le verità della maggioranza sono rancide e putrefatte. Ecco dove nasce tutto questo scorbuto spirituale che dilaga e si diffonde in tutte le classi sociali!”
“Chi adotta le opinioni dei superiori è un plebeo dell'intelligenza".

Dopo avere capito il carattere plebeo e teppistico dei maggiorenti il dottore riduce sprezzantemente la comunità intera a teppa e a plebaglia.
Intorno a lui ruotano la cinica avidità dei capitalisti, il trasformismo degli oppositori, il servile egoismo dei moderati.

In L’anitra selvatica - 1884 -  è da ammirare la tenerezza e la generosità di Edvig, la creatura che viene stritolata dai meccanismi della società borghese. Vive nel silenzio di una soffitta e rimane lì per aiutare il babbo e la mamma. La sua umiliazione e la sua morte è uno dei monumenti più belli che la poesia abbia eretto alle vittime della vita e della società
A. Hauser mette in rilievo la modernità delle donne di Euripide che prefigurano quelle del dramma borghese dell’Ottocento: “Francamente e liberamente, egli discute le relazioni fra i sessi, il matrimonio, la condizione della donna e dello schiavo, e fa della leggenda di Medea quasi un dramma borghese. La sua eroina in rivolta contro il marito è forse più vicina alle donne di Hebbel e di Ibsen che alle eroine della tragedia anteriore”[2].
once we have acclimate ourselves to the special conventions which his theater demanded we can recognize that his premises and objectives and even his modes of expression are nearer our own world than are the Elizabethians. In his program and outlooks he is actually quite close to Ibsen and Shaw[3], una volta che ci siamo acclimatati con le convenzioni particolari che il suo teatro ha richiesto, noi possiamo riconoscere che le sue premesse e gli obiettivi e perfino i suoi modi espressivi sono più vicini al nostro mondo di quanto lo siano gli Elisabettiani. Nel suo programma e nei suoi modi di vedere Euripide è molto vicino a Ibsen e Shaw.

Nella commedia Il piccolo Eyolf (del 1895) il letterato Alfred Allmers dice alla presunta sorellastra Asta che l'amore fraterno "è il solo legame che sfugga alla legge della trasformazione"[4] (cfr. l’Antigone ovviamente).

Alonge denuncia l'invidia del ventre femminile da parte dei maschi nei drammi di Ibsen, in particolare in Il costruttore Sollness del 1892:"L'uomo odia la donna, la odia perché ha invidia del suo ventre…Non ci sono donne nella religione del capitale. Il dio padre corrisponde esattamente al dio creatore. Il Figlio discende direttamente e misteriosamente dal Padre. Nell'olimpo cristiano la Vergine tenta di nascondere a malapena un evidente processo di partenogenesi maschile"[5].

A proposito del sumfevron del Giasone di Euripide, che fa quanto ritiene più conveniente ( Medea, v. 876 dra'/ ta; sumforwvtata) può essere ricordato quanto sostiene R. Alonge, ossia che in molti personaggi di Ibsen prevale l'idea del lucro a partire dal matrimonio il quale obbedisce alla logica del mercato:" in ogni caso la verità che viene estorta è sempre la stessa: il non amore, il matrimonio senza affetto, le nozze come mercato. Il teatro di Ibsen è un teatro che non ha storie d'amore, che non conosce le passioni del cuore… E' così dominante siffatta pratica del matrimonio di calcolo che anche le giovanissime assumono presto questa stessa aria di cinismo.
 Nella Donna del mare (1888) Hilde è una adolescente figlia di primo letto del dottor Wangel. Ragiona già in base al computo dei soldi. La sorella Bolette le chiede all'improvviso se accetterebbe una eventuale proposta di matrimonio di Lyngstrand, e Hilde è prontissima a ribattere:"Per carità! Non ha un soldo. Non ha da vivere nemmeno per se solo" (III.).
 Dietro la sovrastruttura del matrimonio, della famiglia, dei supposti buoni sentimenti, emerge a poco a poco la grande struttura della società borghese ottocentesca, dominata dal denaro, dal lavoro, dall'ansia della carriera, dall'affermazione sociale. Il teatro ibseniano mostra ed evidenzia una tremenda crudeltà nei rapporti interpersonali. La durezza psicologica dei personaggi è vistosa.
In Casa di bambola Nora parla di prendere in prestito del denaro, ma dichiara candidamente di non interessarsi punto dei danni che possono derivare ai creditori. In un mondo in cui le relazioni sono dominate dal denaro, dalla merce - denaro, anche i rapporti umani diventano mercificati, anonimi" (R. Alonge, Epopea borghese nel teatro di Ibsen, Guida Editori, Napoli, 1983, p. 67). 




[1] H. Ibsen, Un nemico del popolo (del 1882), atto IV. .
[2] Storia sociale dell’arte p.120
[3] Moses Hadas and John McLean, with an introduction by Moses Hads, Ten plays by Euripides, Bantam Books, New York, 1966, p. VIII.
[4] H. Ibsen, Il piccolo Eyolf, atto II.
[5] R. Alonge, Epopea borghese nel teatro di Ibsen, Guida Editori, Napoli, 1983, p. 139.

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