lunedì 29 aprile 2019

Italo Svevo. L'uomo e l'inetto. 2 parte

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La noia spinge alla distruzione.
Secondo Fromm la noia della persona media può essere uno dei motivi che la spingono a desiderare la guerra: “considering that the life of the average person is boring, routinized, and lacking in adventure, the readiness to go to war must be understood as a desire to put an end to the boring routine of daily life - and to throw oneself in to an adventure, the only adventure, in fact, the average person may expect to have in his life” (Erich Fromm, The anatomy of human destructiveness, On the causes of War p. 242)
Salvini sembra spingere verso la guerra civile, la più crudele di tutte le guerre. Ma la sua è anche la più vile: quella dei protetti contro i non protetti da uno Stato che lui sta cercando di rendere incivile e inumano

Alcuni - pensa Balli - sarebbero tornati alla loro vita divenuta però più greve, altri non avrebbero trovato più la quaresima. Ma il proprio pensiero lo annoiava. Sa di scirocco pensò e guardò la luna che poggiava sul monte come su un piedistallo.
Vide un uomo piccolo e tozzo in mezzo a due donne slanciate: una era Angiolina, l’altra certa Giulia, non bella. L’uomo non era il Volpini che era fulvo, ma uno dalla testa veneranda per una grande barba bruna. Pensò di farne una scultura: avrebbe vestito l’uomo in una giubba moderna e avrebbe dato alle donne il riso forte delle baccanti (p. 86)
Donne come Baccanti, Balli come Dioniso, Amalia come Penteo.
Li seguì pensando: ecco un’occupazione originale, farò la spia” Riconobbe nell’uomo barbuto a calvo l’ombrellaio di via Baviera. Pensava che avrebbe raccontato a Emilio l’avventura rendendola tanto ridicola da farlo ridere. Gli occhi di Angiolina crepitavano[5] come se nella loro fiamma qualcosa bruciasse,
II tre si accorgono del Balli e Angiolina si scosta dall’uomo: in mezzo a quella calvizie e a quel pelo, una faccia di cuore contento.
Lato comic0 di Svevo.

 Alla fine del racconto del Simposio platonico solo Agatone, Aristofane e Socrate erano svegli e bevevano. Il filosofo parlando con i due drammaturghi li costrinse ad ammettere che la stessa persona deve saper comporre tragedie e commedie (223d). Quindi il commediografo e il tragediografo si addormentarono.
Socrate invece, seguito da Aristodemo che racconterà questi fatti ad Apollodoro da cui li abbiamo conosciuti in questa narrazione di narrazione, si recò al Liceo dove si lavò e trascorse la giornata. Verso sera finalmente tornò a casa a riposare.

Manda a chiamare Emilio per avvisarlo. L’amico sentì un nodo che gli serrava la gola per il ridicolo che lo colpiva (cfr. ancora Medea)
L’ombrellaio di Barriera vecchia: un mostro in natura perché resta in nero in qualunque luce lo si vegga. Giulia, la maltrattata, dovette contentarsi di un bicchierino di rosolio, mentre Angiolina con grande apparato si fece dare un cioccolate e una grande quantità di focacce (p. 90). Emilio sentì la noia di sé, del Balli e dell’Angiolina. E pensò: “quando sarò solo starò certo meglio di così”. cfr. Seneca e Nietzsche.
Emilio si apposta nei pressi della stazione sperando di incontrare Angiolina e dirle: “addio Angiolina. Io volevo salvarti e tu mi hai deriso” Oppure parole dure: “io sapevo già che eri fatta così. Non mi sorprese affatto. Domandalo al Balli. Addio”.
 Pensò anche di ucciderla e di rimpiangerla.
Progetti privi di senso, di verso, di realtà.
Decise che avrebbe detto che non voleva più baciare dove aveva baciato l’ombrellaio. Era contento di avere preso la decisione che gli togliesse il dubbio che gli annebbiava la mente e si mise a correre. Cadde e si sentì deriso di nuovo. Si morse una mano come un forsennato.
Caduta della volontà e della razionalità, regresso verso l’infanzia
Andò davanti a casa di Angiolina e sedette su un muricciolo e pensò: “Se l’avessi posseduta non soffrirei tanto”, Invece aveva voluto mettere in quella relazione un’idealità che lo aveva reso ridicolo ai propri occhi. Era lui l’individuo strano, l’ammalato, non Angiolina. Torna a casa. Accende la candela. Sentì parlare dalla stanza di Amalia. Diceva “Sì, è proprio quello ch’io voglio” Sognava. La mano cerea era incantevole sulla coperta grigia. Povera Amalia! Sognava lietamente reagendo alla triste realtà. Andò a origliare e sentì che diceva: “In viaggio di nozze tutto è permesso!” Disgraziata! Ella sognava le nozze!” Si vergognò di avere origliato
Si sentì però pacificato, quasi felice. Rotta la relazione con Angiolina, si sarebbe dedicato alla sorella (p. 98).
Viene in mente il II coro dell’Adelchi : “altre infelici dormono,/che il duol consunse, orbate/spose dal brando, e vergini/indarno fidanzate/madri che i nati videro/trafitti impallidir”

La mattina dopo Emilio era sicuro di potere ferire e abbandonare Angiolina. Andò a casa di lei e capì che Ang. Lei si era messa d’accordo con la madre sulle menzogne da dirgli. Sta per adirarsi, ma poi pensò: “Perché disperarsi, perché indignarsi delle leggi di natura? Angiolina era già perduta nel ventre della madre 1009. Essa non meritava rimbrotti. Vittima essa stessa di una legge universale”. Rinasceva in lui l’antico naturalista convinto. La natura è più aristocratica di qualsiasi società feudale fondata sulle caste.
Disse che non l’avrebbe più baciata: sarebbe stato un atto dignitosissimo che avrebbe chiusa quella bassa relazione.
Angiolina disse altre bugie. Emilio ne fu contento: ella era proprio la donna amante convinta di tradimento. Uscì di casa mentre nel volto di lei si vedeva l’angoscia: era stato il maggior dono di lei. Girò per strada in preda all’angoscia anche lui. Incontrò il Sorniani, un importuno che non sapeva nemmeno ascoltare 106. cfr. l’ajkairiva di Teofrasto: l’ a[kairo" è un tale oi|o" capace di avvicinarsu a uno che non ha tempo per fargli confidenze. Invitato a un matrimonio accusa il genere femminile. E invita a passeggio chi è appena tornato da un lungo giro
 Volpini Disse male di Angiolina - si è fatta sbaciucchiare da mezza città 107. Emilio sentiva di amarla.
Aveva punito se stesso (cfr. Terenzio e Gozzano Totò Merumeni un altro inetto
Sentiamo le ultime due strofe:

Così T M , dopo tristi vicende,
quasi è felice. Alterna l’indagine e la rima.
Chiuso in se stesso, medita, s’accresce, esplora, intende
La vita dello spirito che non intese prima

Perché la voce è poca, e l’arte prtediletta
Immensa, perché il Tempo - mentre ch’io parlo! - va,
totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta.
E vive. Un girno è nato. Un giorno morirà

 Tutti l’avevano posseduta meno lui 108.
 Lui era il più deriso. La menzogna era connaturata in quella donna, ma egli voleva possederla. Ma anche lui aveva collaborato alla menzogna volendo vedere in quella donna quanto non c’era.
Cfr. Aspasia di leopardi
Voleva andare da lei ma si disse che una debolezza simile l’avrebbe gettato in sua balia.
Vide il Leardi, un bel giovane biondo e robusto. Emilio voleva che parlasse di Angiolina e capì che era stato un altro amante. Leardi era un imbecille privo di idèe, ma quella sua calma era la vera scienza della vita (113) Cfr la necessaria accettazione del destino.
 E pensò: “l’abbondanza di immagini del mio cervello forma la mia inferiorità” (p. 114). Quando pensava a un tradimento sapeva rappresentarselo con immagini piene di rilievo.
A pranzo trattò male la sorella e ne ebbe rimorso. Dormì, poi voleva studiare, ma tutti i titoli dei suoi libri annunziavano della roba morta (p. 115). Cultura che non è potenziamento della natura
Il Balli gli consiglia di non vederla più. Emilio gli chiese di non avvicinare Angiolina perché lui era ammalato di gelosia. Balli promise. Emilio fece su se stesso dell’ironia che toglieva ogni ridicolo da lui. Egli non trovava nulla di serio nella vita e nella vita priva di qualsiasi contenuto serio diveniva seria e importante anche Angiolina (p. 119). Cfr. i Remedia amoris che possono funzionare anche come Remedia mortis ciè al pensiero della morte
Ovidio fa dipendere l’adulterio dall’ozio e dalla noia:"Quaeritis Aegisthus quare sit factus adulter;/in promptu causa est; desidiosus erat " (Remedia Amoris, vv. 161 - 162), volete sapere perché Egisto divenne adultero? il motivo è a portata di mano: non aveva nulla da fare. Gli altri Greci infatti facevano la guerra e ad Argo non c'erano processi a impegnarlo. Dunque:"Quod potuit, ne nil illic ageretur, amavit " (v. 167), fece quello che poté per non stare là senza far niente: fece l'amore.
Pure Madame Bovary divenne adultera poiché si annoiava:"per lei, ecco, l'esistenza era fredda come un solaio esposto a settentrione, il silenzioso ragno della noia tesseva e ritesseva la tela nell'ombra, in ogni cantuccio del suo animo" (p. 36).


Il Balli lo confortò molto. Emilio aveva una natura mansueta che abbisognava di carezze. A letto però sognava che il Balli lo tradiva. Uscito dall’incubo, sentì Amalia che continuava a vivere la sua seconda vita nel sogno. Chiamava Stefano! Anche costei! - pensò Emilio con amarezza.
 Non riusciva a dormire e ricordava che il Balli vantava i suoi amori e se ne vantava dicendo che gli era mancato solo il successo artistico. Poi fece sogni assurdi: che il Balli si approfittava dell’ingenua Amalia. Lo scultore era diventato apportatore di sventura.
Nel lavoro Emilio non si concentrava ma accarezzava e cullava il proprio dolore. A pranzo con il Balli e la sorella egli vide quanto somigliava a lei: il desiderio di piacere la metteva in un imbarazzo che le toglieva ogni naturalezza. La vide persino aprire la bocca per parlare e poi pentirsi e tacere.
Emilio prova rancore per il Balli. Si inventò che una vecchia parente gli aveva chiesto se era vero che il Balli era il promesso sposo di Amalia. Il Balli ne rise. Emilio disse : a noi non può garbare che si dica questo della povera Amalia. Il Balli si sentiva innocente come un neonato. Pensava che la bruttezza di Amalia avrebbe dovuto salvarlo da ogni sospetto. Capì però che Emilio era geloso di Angiolina. Balli appariva arrabbiato ed Emilio ebbe paura di perdere l’amico. Gli disse dell’amore della sorella che allora al Balli apparve più brutta che mai. La vedeva aggressiva, dimentica del suo aspetto e della sua età. Come doveva stonare l’amore su quella faccia! Aumentò la compassione di Stefano per Emilio. “Disgraziato! Aveva anche da sorvegliare una sorella isterica! La sera a Emilio, mancava Angiolina. Oh gioconda Angiolina! Ella non dava a nessuno dei rimorsi. Nell’altra stanza Amalia sognava ad alta voce.
Emilio percepì chiara e sonora la voce di quell’altra sognatrice e il suo rimorso fu cocentissimo 128

Amalia soffriva in silenzio per l’assenza del Balli. Chiese perché il Balli non andasse più da loro. Emilio disse che doveva lavorare accanitamente. Amalia un giorno capì. Aveva visto Balli sotto casa. Era infelicissima: quegli occhi là non crepitavano. Guardavano le cose con fissità cercandovi le cause di tanto dolore. Emilio le raccontò le proprie pene per consolarla. Poi le chiese E tu? 133
Amalia si adirò e gli fece “il signor Balli ti ha parlato di me”.
 Si sentiva vilipesa 134. Disse non mi saluta neppure! Poi pianse. Poi minaccia di andare via da casa per fare la governante o la serva altrove. Emilio incrocia Angiolina con la madre e passa oltre.
 Balli tornò a casa di Emilio ma dando fredda intonazione al rapporto con Amalia.
 I fratelli andarono a teatro. Il fratello la invitò a La Valchiria. “Ben volentieri - rispose Amalia - Basta che non ti costi troppo.
Emilio protestò: Per una volta tanto” 140. La piccola borghesia pezzente.
L’insieme ardito e granitico della musica di Wagner le sembrava una minaccia 144. La magnifica onda sonora rappresentava il destino di tutti 145. Si identifica con Sieglinde, la sorella amante del fratello Siegmund e messa in salvo dalla valchiria Brunilde dopo l'uccisione di Siegmund
Un accordo di colori e di suoni in cui giaceva l'epico destino di Sieglinda, ma anche, per quanto misero, il suo, la fine di una parte della vita, l'inaridirsi di un virgulto. 145
 E’ il secondo dei quattro drammi che costituiscono L’anello del Nibelungo: L’oro del Reno, La Valchiria (1870), Sigfrido, il Crepuscolo degli dei.
 Emilio cercava la guarigione nell’arte: il suo amore e il suo dolore si sarebbero presto travestiti nel pensiero del genio 145.
Un giorno incontrò per strada Amalia con un vestito azzurro. La disgraziata forse aveva sperato di incontrare il Balli e di piacergli 146 . Come vide il fratello, Amalia fu subito disposta a seguirlo a casa dove ritornò al suo vestito abituale, grigio come la sua figura e il suo destino 146
.Emilio sentiva e si doleva di essere inerte, mentre anni prima l’arte gli aveva colorito la vita sottraendolo all’inerzia.
Cfr. Orazio: strenua nos exercet inertia: (Epistole, 1, 11) ci travaglia un’indolenza agitata, un’agitazione sterile.
Aveva scritto un romanzo che raccontava di un giovane rovinato nell’intelligenza e nella salute da una femmina: un misto di tigre e di donna una mikth; fuvsi" che a volte aveva sentito vivere in sé.
Si rimise a scrivere raccontando la sua storia con Angiolina. Ma abbandonò presto il lavoro. Non si sentiva forte abbastanza per studiare la propria inettitudine e vincerla. Nello scrivere, si sentiva arrugginire il cervello. Emilio era calmo. Poteva fare quello che voleva e non voleva niente. Voleva vedere Angiolina per averne quel calore che non trovava in sé: sperava di vivere il romanzo che non sapeva scrivere (p. 150). Moravia interpretò il suicidio di Pavese come la volontà di creare con quel gesto il mito che non era riuscito a mettere insieme scrivendo
La sola inerzia gli impedì di andare a cercare la fanciulla.
Pensò addirittura che poteva portargliela il Balli.
Angiolina rimaneva importante in una vita priva di significato.
Remedia: “otia si tollas periere Cupidinis arcus”, 139.
Una sera la vide camminare al Giardino pubblico. Teneva sollevate le gonne per preservarle dalla fanghiglia. Vide le scarpe nere di Angiolina. Ne fu subito turbato. Pensò “Mi animerebbe!” Disse buona sera signorina. Era turbato davanti a quella faccia da bambino roseo. Lei rispose lieta e serena: Come sta? E’ tanto che non ci vediamo! Emilio era incerto e forse la sincerità gli sarebbe servita meglio di qualunque finzione. Le rimproverò l’ombrellaio. E lei: geloso di quel sudicio uomo! In effetti, pensò lui, non era il più temibile dei rivali. Emilio la amava di nuovo, Sedettero su un muretto. “Gli mancava il mare. Nel paesaggio umido e grigio imperò la biondezza d’Angiolina, l’unica nota calda, luminosa” (p. 153).

 La donna supplente della luce e del sole, come negli Spettri di Ibsen (1881): Osvald vedeva in Regine una possibile salvezza: “hai visto come cammina, mamma? Non è un piacere guardarla?così bella, soda. Ma sono fratellastri
Anche in questo dramma c’è la mancanza di luce : “Io sono paurosa, pavida, sì, piena di timidezze e paure perché c’è in me, profondamente radicato, qualcosa di oscuro, di spettrale, che mi opprime come un’ossessione, come un incubo da cui non riesco a liberarmi (..) Ah Manders, io credo che tutti noi non siamo nient’altro che degli spettri e tutti noi viviamo nell’ombra timorosi della luce, della chiarezza, della verità”. Parole della madre
Il figlio Osvald invece vorrebbe la luce: “E poi anche questo tempo, questa pioggia che non finisce mai, che è capace di andare avanti per settimane, per mesi, un raggio di sole uno se lo può sognare. Le sue ultime parole sono “il sole, il sole”.

Emilio La baciò e pianse. Tutto si scioglieva, tutto si spiegava. La semplicità come complessità risolta. Lei lo invitò a casa sua e nel tragitto “Emilio si ritrovò intero con i suoi dubbi e la sua diffidenza: “
Se quell’istante l’avesse legato per sempre a quella donna?” 
Come nei romanzi della finis Austriae ogni passo in avanti può farti cadere nell’abisso.
Angiolina parlò del Volpini con la solita ambiguità e con la vecchia serietà da melodramma. Ridiventava simile alla donna che aveva schivato.
Vanno in camera di lei e fanno l’amore ma Emilio”Aveva posseduto la donna che odiava non quella che amava. Oh ingannatrice!”
Uscendo, disse: “Non sognerò mai più” Emilio fu contento di raccontare al Balli l’accaduto. Ma aggiunse: “Ancora adesso vuole truffarmi” E’ rimasta uguale a se stessa. Anche tu, rispose il Balli: non una tua parola denota indifferenza”. Emilio di notte non dormiva. Pensava che ci era ricaduto. Si sentiva pieno di vergogna e di dolore. Aveva paura di essersi compromesso e legato. Temeva che lei volesse “succhiargli lo scarso sangue che aveva nelle vene” (p. 157). Era legato ad Angiolina da una sua strana anomalia, dai sensi e dalla stessa indignazione che attribuiva all’odio.

CONTINUA

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[5] Crepitare è lo scoppiettare della legna sul fuoco. In latino crepitare è risuonare con strepito crepito dentibus Plauto Rudens, la fune, la gomena 356.

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