venerdì 10 maggio 2019

Ecuba di Euripide 6. Ragazze in fiore sacrificate

Illustrazione quattrocentesca del sacrificio di Polissena
dal De mulieribus claris di Boccaccio
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Ragazze in fiore sacrificate dalla superstizione, dall'ignoranza, dal sadismo. Ieri e oggi

Ecuba di Euripide II Episodio vv. 484 - 582
Entra in scena Taltibio e chiede dov’è la regina. Gli è vicina, ma l’araldo non la vede siccome Ecuba è stesa a terra sulla schiena - nw't j e[cous j ejpi, cqoniv ( 486). Nella stessa posizione si trova in diversi momenti delle Troiane simboleggiando l’atterramento della sua città, della sua stirpe e del suo popolo.

Riporto alcuni versi delle Troiane
Coro
Custodi della vecchia Ecuba, non avete visto 462
La padrona come cade distesa e muta?
Non le darete aiuto? O abbandonerete, malvagie,
una vecchia caduta? Alzate il suo corpo, drizzatelo. 465

Ecuba
Lasciatemi - non è certo gradito quello che non piace, fanciulle -
Giacere caduta: infatti sono degni di cadute ptwmavtwn ga;r a[xia
I dolori che soffro e ho sofferto e soffrirò ancora. 468.
La caduta del corpo è il correlativo oggettivo del decadimento generale dei Troiani e dei Greci.

Taltibio vedendo questo capovolgimento della vecchia regina a schiava desolata dubita del’esistenza provvidenziale di Zeus e si domanda se non sia la tuvch, il caso a sovrintendere ejpiskopei'n alle vicende dei mortali (Ecuba, 491)
Quindi l’araldo considera uno per uno i termini di questo ribaltamento dei regnanti a farmakoiv: Ecuba da moglie - davmar - del potente e ricco Priamo è precipitata nella condizione di douvlh, gra'u", a[pai" (495), schiava, vecchia, senza figli  e giace distesa kei'tai sporcando con la polvere la testa infelice - kovnei fuvrousa duvsthnon kavra (496)
Taltibio dice: “ sono vecchio ma per me sarebbe meglio morire primsa di cadere in una sorte così deforme”  moi qanei'n eij[h pri;n aiscra'/ peripesei'n tuvch/  tiniv (497 - 498)

Sulla vita amara dei potenti cfr. lo Ione e  Agamennone  che nell’Ifigenia in Aulide invidia il vecchio servo.
Ione  sostiene la superiorità della vita ritirata su quella impegnata o tesa al potere che viene smontato del tutto: "del potere lodato a torto/l'aspetto è dolce, ma dentro il palazzo/c'è il dolore  (tajn dovmoisi de; - luphrav): chi infatti è felice, chi fortunato/se, temendo e guardando di traverso (dedoikw;" kai; parablevpwn), trascina/il corso della vita? Preferirei vivere/da popolano felice piuttosto che essendo tiranno ("dhmovth" a]n eujtuch;" - zh'n a]n qevloimi ma'llon h] tuvranno" w[n"),/il quale si compiace di avere amici malvagi,/mentre odia i generosi per paura di attentati " (Ione, vv. 621 - 628).

E' questa un'affermazione ricorrente nell'opera euripidea: torna nell' Ifigenia in Aulide  dove lo stesso Agamennone, richiesto di sacrificare la vita della primogenita , dice a un vecchio servo:" ti invidio, vecchio,/invidio tra gli uomini quello che passa una vita/senza pericoli, ignorato, oscuro (ajgnw;" ajklehv" );/ quelli che stanno tra gli onori li invidio di meno"(17 - 20).

Quindi Taltibio invita Ecuba a tirarsi su, almeno fisicamente il fianco e il capo canuto (500)
Ecuba chiede di essere lasciata in pace
Taltibio dice il proprio nome e di essere stato mandato da Agamennone.
La regina spera che sia venuto a dirle che gli Achei hanno deciso di  sgozzare anche lei sulla tomba - kam j ejpisfavxai tavfw/ (505). hjgou' moi, gevron (507), guidami, vecchio.
Ma Taltibio è stato mandato dai dissoi;    jAtrei'dai  e dal lew;"  jAcaiikov"   perché dica alla madre di sepprllire la figlia che è morta.
Ecuba naturalmente grida oi[moi (511) e w\ tavlainj ejgwv per la perdita di tanti figli. Domanda poi come sia stata uccisa : con rispetto - a\r j aijdouvmenoi (515) o arrivando a compiere to; deinovn l’orrore trmendo di ammazzarla come nemica ?
Taltibio dice di avere provato compassione. Poi racconta: “la prese per mano il figlio di Achille seguito da un manipolo di Achei scelti - lektoi; t j jAcaiw'n ( detto forse da Euripide con ironia come fa Lucrezio con “ductores Danau delectiprima virorum” (De rerum natura, I, 86)   del sacrificio di Ifigenia).
Questi lektoiv dovevano trattenere con le mani l’eventuale skivrthma movscou (526) balzo della vitella.
Cfr divkan cimaivra~ dell’ Agamennone (232) dove Ifigenia è sollevata sull’altare del sacrificio “come una capra”
 Nell’Agamennone di Eschilo, il padre hJgemw;n oJ prevsbu~ (v. 185), il comandante anziano delle navi achee, per risparmiare il tempo già molto sciupato nell’attesa che si placassero i venti kakovscoloi (193), forieri di ozio cattivo, naw'n kai; peismavtwn ajfeidei'~ (195), sperperatori di navi e cordami, non osò diventare lipovnau~ (212), disertore della flotta e invece e[tla quth;r genevsqai qugatrov~ (224 - 225), osò divenire sacrificatore della figlia, la primogenita Ifigenia, che venne sollevata sull’altare divkan cimaivra~ (232), come una capra, imbavagliata per giunta affinché non potesse proferire maledizioni contro la casa.

Neottolemo vuota una coppa d’oro sulla tomba del padre poi fa cenno a Taltibio di ordinare il silenzio - Quindi l’araldo trasmette l’ordine  Siga't j , jAcaioiv, si'ga pa's e[stw lewv" (532)
Taccciono tutti tranne il figlio di Achille: prega il padre wJ" pivh/" di bere il nero puro sangue della ragazza, ai\ma sangue o{ soi dwrouvmeqa che noi ti doniamo. In cambio il giovane domanda di concedere a ciascuno di  tornare in patria con un ritorno favorevole (540 - 541)
Cfr. Lucrezio exitus ut classi felix faustusque daretur (I, 100)

Sappiamo che nel ritorno i Greci da Agamennone a Odisseo subirono ogni tribolazione se non anche la morte. Nelle Troiane Atena lo chiede a Poseidone e Cassandra lo profetizza.

Quando Neottolemo ebbe impugnato la spada, Polissena parlò in maniera davvero nobile, da sorella di Ettore e principessa di Troia: ejkou'sa qnhvskw: mh; ti" a{yhtai croov" - toujmou' (548 - 549), di mia volontà muoio, nessuno tocchi la pelle mia, offrirò infatti la gola con cuore saldo.
Ovidio:
Vos modo, ne Stygios adeam non libera manes,
este procul, si iusta peto, tactuque viriles
Virgineo remevete manus! Acceptior illi
Quisquis is est, quem caede mea placare paratis,
liber erit sanguis; …” (Metamorfosi, XIII, 465 - 469),
ora voi, perché io non scenda non libera alle ombre Stigie
state lontani, se chiedo il giusto, e allontanate le mani
di maschi dal contatto con la vergine! Più gradito a quello
chiunque lui sia, che vi accingete a placare ammazzandomi,
sarà il sangue libero…

Ammazzatemi lasciandomi libera, perché muoia libera -  wJ" ejleuqevra qavnw (Ecuba, 550), io che sono di stirpe regale basiliv" non voglio essere chiamata schiava (douvlh, 552)
Polissena ha osservato persino l’etichetta della principessa pur in un momento che avrebbe sconvolto chiunque ma, come si dice, noblesse oblige. La folla apprezzò e aplaudì. Agamennone ordinò ai guardiani di scostarsi. Polissena lacerò il proprio peplo dalla spalla all’ombelico e scoprì le mammelle e il petto bellissimo come di statua - mastouv" tj e[deixe stevrna q  j w" ajgavlmato" - kavllista (560 - 561).
Poi la principessa posò a terra il ginocchio.
(cfr.Lucrezio e la sua Ifigenia, molto diversa  muta metu genibus summissa petebat, I, 92)
 Quindi Polissena  disse parole piene di coraggio: ecco, giovane pai'son, colpisci  il petto se vuoi, o la gola che è qui pronta - laimo;" eujtreph;" o{de (565).
Lui per compassione della ragazza non volendo e anche volendo - o[ d j ouj qevlwn te kai; qevlwn oi[ktw/ kovrh" (566), taglia con il ferro i canali del respiro tevmnei sidhvrw/ pneuvmato" diarroav" (567).
Sgorgavano sorgenti di sangue. Mentre moriva, lei comunque si dava molta cura di cadere in bella forma pollh;n provnoian ei\cen eujschvmwn pesei'n (569)  con decoro , coprendo ciò che si deve coprire rispetto agli occhi degli uomini - kruvptous j a} kruvptein ommat j ajrsevnwn crewvn (570).
Ovidio scrive:
“ pertulit intrepidos ad fata novissima vultus
tunc quoque cura fuit partes velare tegendas
Cum caderet, castique decus servare pudoris”  (Metamorfosi, XIII, 478 - 480),  portò avanti lo sguardo fiero fino all’ultimo istante concesso e anche allora cadendo ebbe cura di tenere celate le parti da coprire e di conservare il decoro del casto pudore.

Quindi la ragazza muore e tutti si davano da fare per onorarla, alcuni dalle mani gettavano foglie -  ejk cerw'n fuvlloi" e[ballon sul cadavere, altri accatastavano tronchi di pino per il rogo.
Chi non faceva niente veniva apostrofato con w\ kavkiste (577) non hai nulla da offrire a un’anima così nobile? Taltibio conclude il racconto dicendo che in Ecuba vede eujteknwtavthn te se pasw'n gunaikw'n dustucestatavthn q j oJrw' (581 - 582) la donna che ha avuto i figli migliori di tutte e anche quella che ha avuto la sorte peggiore.

Anche Seneca nelle sue Troiane descrive la morte di Polissena con ammirazione nei confronti della ragazza che conserva il pudore verginale,  “…et tamen fulgent genae - magisque solito splendet extremus decor - ut esse Phoebi dulcius lumen solet - iam iam cadentis…” (1138 - 1141) e tuttavia splendono le guance, e più del solito brilla il fascino ultimo come suole essere più dolce la luce di Febo al tramonto.
La folla è stupefatta e quasi tutti la ammirano: alcuni li commuove formae decus (1144) la bellezza della persona, altri mollis aetas (1145), la  tenera età, altri vagae rerum vices le turbinose vicende della vita,  tutti comunque colpisce l’animo forte che va incontro alla morte movet animus omnes  fortis et leto obvius (1146) . Quando il figlio di Achille si erse sul tumulo paterno audax virago non tulit retro gradum (1151), l’audace eroina non indietreggiò, conversa ad ictum stat truci vultu ferox (1152), protesa al colpo sta dritta e fiera con sguardo minaccioso.
 Non manca il consueto tocco deformante, preespressionistico di Seneca.
Un tale coraggio colpisce tutti; Pirro ne è commosso, forse addirittura spaventato: “novumque monstrum est Pyrrus ad caedem piger” (1154), c’è un prodigio mai visto Pirro è restio a versare il sangue
Però poi la colpisce e il sangue esce a fiotti dal largo squarcio. “Nec tamen moriens adhuc - deponit animos: cecidit, ut Achilli gravem - factura terram , prona et irato impetu” (1157 - 1159) Polissena perde molto sangue ma non il coraggio, cadde, come per rendere pesante la terra ad Achille, distesa e con impeto selvaggio. Uterque flevit coetus; at timidum Phryges - misere gemitum, clarius victor gemit”, l’uno e l’altro popolo pianse, ma i Frigi emisero un gemito sommesso, il vincitore più sonoro.

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