domenica 29 marzo 2020

Il corona virus che ci tiene separati è il sintomo collaterale dell’egoismo


Il corona virus che ci tiene separati è il sintomo collaterale dell’egoismo invalso da più di trenta anni.

L’isolamento nel quale il corona virus ci costringe è il coronamento appunto dell’individualismo egoista iniziato verso la metà degli anni Settanta e scoppiato negli anni Ottanta con l’elezione di personaggi come il guitto Reagan a capi di Stato. Allora “comunismo”, il cui significato vero è antitesi di egoismo, cominciò a diventare parola oscena anche in paesi dal governo socialista o socialdemocratico, allora iniziò e da allora si sviluppò la teocrazia trinitaria di Capitalismo, Mercato libero, Profitto. Non senza il sacerdozio della Violenza, e il diaconato dell’Usura al servizio di quegli dèi. Ho usato il passato remoto siccome questa catastrofe ha provocato almeno una pausa di tale religio, superstizione quae tantum potuit suadere malorum, non esclusi i sacrifici umani.
Ora i lavoratori lasciati nel precariato, detto flessibilità, e nell’indigenza, dovuta a salari da schiavitù, stanno precipitando nella miseria, sino alla fame. Molti oramai sono finiti nell’impossibilità di nutrirsi se non grazie all’elemosina. Ma questa non c’è per tutti quanti ne hanno bisogno, e molti del resto non se la sentono di chiederla.
Lucano scrive: “nescit plebes ieiuna timere” (Pharsalia, III, 58), la folla affamata non sa cosa sia la paura. Trova il coraggio di ribellarsi dunque, di dare l’assalto ai forni e agli altri negozi con le derrate di cui ha bisogno.
Sia chiaro che io non approvo alcuna forma di violenza.
Ora quanti osannavano e celebravano il capitalismo incontrollato cominciano ad avere paura delle rivolte degli affamati.
Secondo me non basta dare qualche aiuto ai tanti caduti in miseria, per sconfiggere il male. Questo morbo assassino è una conseguenza del capitalismo illimitato e globale, dello spreco suggerito dalla pubblicità che raccomanda ogni prodotto industriale anche inutile e pure dannoso, dello sperpero sfrenato di quanto la natura offre all’umanità. La nostra specie, se vuole sopravvivere, deve cambiare tenore di vita, modelli da proporre, miti da presentare.
A parer mio è necessario un ritorno all’umanesimo per il quale ciascuno di noi deve sapere di essere un uomo prima che uno sfruttatore, prima che un consumatore, prima che un burattino manovrato da fili alieni, estranei alla sua umanità. Sapere di essere uomo umano e agire come tale.
Tornare all’Umanesimo come rispetto e amore tanto della Natura quanto dell’Umanità.
Il virus dunque è un deleterio effetto collaterale dell’egoismo e dello sfruttamento tanto dell’uomo quanto della Terra perpetrato da alcuni grandi profittatori assecondati dai loro mercenari, e durato per più di trenta anni. Già troppo a lungo.

giovanni ghiselli


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