sabato 14 marzo 2020

Elena. Parte 27. Summertime dieci anni più tardi, nel Trentino

Elisabeth Fredriksson, Four mountains
Summertime dieci anni più tardi, nel Trentino

Il due marzo del 1981 andai sull'alpe di Pampeago, sopra Predazzo. Il sole non c'era e tirava un vento gelato. Avevo cambiato disposizione mentale, e non in meglio. Quando non abbiamo affetti sicuri, né un forte autocompiacimento, né un equilibrio saldo, il tempo atmosferico influisce assai sull'anima debole e vacillante.
Sul mezzogiorno, non potendone più dell'aria fredda e scura, entrai in un rifugio di latta e di legno, riscaldato con una stufa. Quando mi fui seduto con una bottiglia di birra, una radio diffuse il canto antico della Sarjantola biancovestita

"Summertime, when the living is easy".

Rividi il suo volto ridente nella notte d'estate sotto gli alberi strani tra le cui foglie biancheggiava la luna e comparivano or sì or no le stelle, vaghe e luminose come occhi di ragazze timide eppure contente di un avvenire lieto, ricco di eventi meravigliosi. Dalla memoria, nel cuore gocciava il ricordo di quei giorni lontani. Per converso pensai che Ifigenia era stanca di me, io ero nauseato di lei, e il nostro rapporto era disfatto. Il nostro amore già bello era diventato una lotta terribile. Eris mortificava Eros ogni giorno. Come quando la terza e ultima finlandese incinta di me non volle più vedermi quindi decise di negare la vita al frutto del nostro amore esponendolo furtivamente di notte sulle rive di un lago gelato osservata da lupi che fissavano la neonata con occhi lucidi per la gioia del pasto. Intanto uccelli rapaci volteggiavano sopra con i rostri che crepitavano nell'attesa ansiosa di ingozzare gli avanzi.
La bambina tendeva invano le mani cercando il seno e l’abbraccio della madre sciagurata che si allontanava, e io, il padre ancora più sciagurato, non c’ero mentre si avvicinavano le fauci fameliche di quelle bestie dai denti spietati.
eij pai'da g jei\de" cei'ra" ejkteivnonta moi racconta Creusa (Euripide, Ione, 961) ma Ione il figlio concepito durante una violenza subita da Apollo venne poi salvato dal padre, la nostra bambina invece fu fatta a pezzi e inghiottita appena la madre si fu allontanata, senza voltarsi.
Come lo so? Me l’hanno fatto sapere con chiarezza le visioni notturne mandate da Ermes lo psicopompo che portò la figlia mia nella casa di Ades.

Con Helena Sarjantola era una gioia vederci, andare a zonzo ogni giorno, era una scoperta parlare delle nostre vite e culture, lontane e diverse; ed era anche possibile lasciarsi andare, sia pure con garbo: giocare come bambini, senza sfiducia e sospetti. Poi era estate, i dì scivolavano lisci, dolci, senza dolore, verso tramonti purpurei, lunghe sere rosate, piene di voli; eravamo in vacanza, tra amici, e ci godevamo la vita. Negli ultimi mesi invece, dovevo misurare
ogni parola, siccome Ifigenia era pronta a criticarmi, per sospetto che io volessi fare altrettanto con lei.
Confrontando le due situazioni distanti tra loro dieci anni nel tempo e ancor più nel mio cuore, piansi di nostalgia e mi chiesi quando sarebbe rinata una situazione ricca di affetti e di eventi pieni di gioia. Pensavo alla guerra perenne che avevo dovuto combattere contro avversità dolorose spinto dal desiderio della felicità che poteva essere solo una donna degna di me. Avevo
ottenuto qualche successo parziale, anche tre o quattro trionfi, ma la vittoria definitiva mi era sfuggita sempre. Però non avevo fatto del male a nessuno, e i progressi c'erano stati comunque.

Sicché non ero fallito del tutto, e non ero cattivo. Finita l'antica canzone, uscii dal rifugio un poco ebbro di birra. Il vento si era addolcito. Guardai il cielo che si rischiarava sopra le
montagne, umide per il disgelo e luccicanti nelle piante prossime a germogliare. Rimasi fermo a osservare, finché provai un sentimento di riconoscenza per la natura, per tutte le creature che
mi avevano accolto con simpatia, e per la vita stessa che non mi aveva mai rinnegato del tutto.


giovanni ghiselli

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