venerdì 27 marzo 2020

Un appello alla concordia

Demetrio I "Poliorcete"

Scrivo questo breve pezzo contro la malevolenza antiumana che, unita alla disperazione, può portarci perfino al cannibalismo, se non altro a quello morale.
Siamo assediati da un Poliorcete davvero tremendo: il virus nella cui corona siede beffarda la morte schernendo il nostro stato e ghignando alle nostre contese per il denaro e per il potere.
Ebbene faccio un appello perché si giunga alla concordia e alla benevolenza reciproca, all’aiuto degli uni per gli altri, alla generosità, addirittura all’amore. Molti sanitari ce ne danno l’esempio.

Altrimenti finiremo come l’umanità dell’ultimo frammento del Satyricon
dove il vecchio poeta Eumolpo ricorda tre esempi di cannibalismo nella storia, funzionali a persuadere Gorgia, l'heredipeta il cacciatore di eredità che doveva trangugiare la carne del cadavere del vecchio se voleva impossessarsi del suo patrimonio. Del resto tale avvoltoio sarebbe rimasto deluso poiché Eumolpo non ha eredi del suo sangue né un’eredità da lasciare a chicchessia.
Leggiamo dunque le ultime parole del romanzo latino: "si exemplis quoque vis probari consilium, Saguntini obsessi ab Hannibale humanas edere carnes nec hereditatem expectabant. Petelini idem fecerunt in ultima fame, nec quicquam aliud in hac epulatione captabant nisi tantum ut esurirent. cum esset Numantia a Scipione capta, inventae sunt matres quae liberorum suorum tenerent semesa in sinu corpora" (141, 9-11), se vuoi che la proposta sia avvalorata anche da esempi, i Saguntini assediati da Annibale mangiarono carne umana e nemmeno si aspettavano un'eredità. Lo stesso fecero i Petelini ridotti alla fame estrema, e in questo banchetto non andavano a caccia di altro che di non morire di fame. Quando Numanzia fu presa da Scipione, si trovarono madri che tenevano in seno corpi mezzi rosicchiati dei propri figlioli.

giovanni ghiselli

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