sabato 1 febbraio 2020

Donne nell'epica greca. Parte 7. Criseide, Briseide e Cassandra

“VOCI DALL’ILIADE: le donne di Troia raccontano”
spettacolo di Alessandra Fallucchi

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Un’altra parte della conferenza che terrò il 3 febbraio nella biblioteca Pezzoli di Bologna dalle 17

Criseide
Nel I canto dell’Iliade Agamennone nomina Clitennestra solo per dire che preferisce Criseide alla moglie benché sposa legittima poiché l’amante non le è inferiore in niente: non di corpo - devma", non di statura - fuhvn, non di mente frevna", né di opere e[rga I, 115.
Poco dopo l’ a[nax qualifica Criseide come CrushiÖda kallipavrh/on, dalla bella guancia - pareiav - (I, 143).
Agamennone deve restituirla al padre ma dichiara che in cambio prenderà Biseide anche lei kallipavrh/on.
Questa prepotenza scatena l’ira funesta mh'nin oujlomevnhn di Achille (I, 1 - 2).
Nell’Agamennone di Eschilo pare che sia stato questo amore ancillare troppo elogiato a mettere in moto il risentimento della moglie legittima:"kei'tai gunaiko;" th'sde lumanthvrio", - Crushivdwn meivligma tw'n uJp& jIlivw/"( Agamennone, vv. 1438 - 1439), giace a terra il distruttore di questa donna,/la delizia delle Criseidi sotto Ilio , grida Clitennestra dopo l'assassinio dello sposo

E’ il poluvmhti" jOdusseuv" (I, 311) che riporta Criseide al padre
Quando la consegna a Crise oj de; devxato caivrwn - pai'da fivlhn (446 - 447) ed è tanto contento che prega Apollo di ascoltarlo di nuovo - e[ti kai; nu'n - (455) ricordando con gratitudine il precedente voto esaudito.
Riavuta la figliola, Crise chiede ad Apollo di non continuare con lo sterminio degli Achei

Briseide
Il distacco di Achille da Briseide, quando Patroclo, assistito da Taltibio ed Euribate suoi araldi e scudieri, va a prenderla, crea dolore in entrambi: la ragazza andava dal nuovo padrone - amante ahevkous j ( I, 348) contro voglia e Achille sedette novsfi in disparte dagli altri dakruvsa" (349) scoppiando in un pianto con lacrime.
Ricorda Platone che biasima tale debolezza in un eroe.

Nel IX canto dell’Iliade c’è l’ambasceria formata da Odisseo Aiace e Fenice che Agamennone manda ad Achille perché gli promettano mari e monti e riferiscano il suo giuramento relativo al fatto che non lui non è mai salito sul suo letto, quello di Briseide - mh; povte th'" eujnh'" ejpibhvmenai hjde; migh'nai (133) né si è unito con lei, come è normale tra uomini e donne - h] qevmi" ajnqrwvpwn pevlei, ajndrw'n hjde; gunaikw'n - (IX, 134).

Nell’ultimo canto dell’Iliade Priamo va con un araldo da Achille per riscattare Ettore. I due Troiani dormirono nel vestibolo della tenda del Pelide il quale invece si stese nella parte interna mucw'/ della tenda e accanto a lui si stese Briseide dalle belle guance (675 - 676) 

Cassandra
Cassandra nell’Iliade è nominata per la sua bellezza: questa principessa era ei\do" arivsthn tra le figlie di Priamo XIII 365. Voleva sposarla Otrioneo che però viene ucciso da Idomeneo

Nel XXIV dell’Iliade Cassandra è ijkevlh crusevh/ jAfrodivth/ simile all’aurea Afrodite ed è lei la prima a vedere il padre che torna con il cadavere di Ettore. Allora gemette e gridò per tutta la città di accorrere a vedere Ettore ricordando quando gioivano vedendolo tornare vivo e vittorioso dalle battaglie poiché Ettore era mevga cavrma povlei t h\n pantiv te dhvmw/ (706) grande gioia per la città e per tutto il popolo.



Donne appendice
Cassandra nelle Troiane.
Ecuba teme la vergogna che verrà di fronte ai Greci dalla delirante Cassandra, la figliola menade (172).
Le donne sono state già sorteggiate: Cassandra per Agamennone come levktrwn skotiva numfeuthvria (v. 252), sposa tenebrosa del letto. Questo buio (oJ skovto~ - shadowSchatten è simbolico ed è un segno della prossima morte di entrambi gli amanti.
Eros ha colpito con la sua freccia (ejtovxeus j[1], v. 255) Agamennone. Una freccia mortale.
Eros qui è il dio del dolore (daivmwn ajlginovei" ) , come nelle Argonautiche (4, 64) di Apollonio Rodio.
Taltibio chiede ottusamente se non sia per Cassandra una cosa grande ottenere un letto regale (v. 259).
Ecuba non lo degna nemmeno di una risposta, ma gli chiede quale sorteggio abbia avuto Polissena.

Quindi entra Cassandra (Troiane, 307 ss.) con una torcia in mano. Il fuoco dovrebbe illuminare le sue nozze.
 Cassandra balla un canto di nozze tra splendore di fiaccole. Questo imeneo bizzarro ha la funzione di interrompere le sequenze cupe. Crea uno straordinario diversivo.
Euripide non vuole stancare lo spettatore con il cumulo delle geremiadi.

E’ un fuoco che brilla senza fumo.

 Questo sarebbe di cattivo auspicio come nell’Asino d’oro alle nozze di Psiche e, nelle Metamorfosi di Ovidio, durante le nozze di Orfeo e Euridice dove la fiaccola è stridula lacrimoso fumo (X, 6) sibilante con un fumo che fa piangere.

Per questo connubio di Cassandra invece non c’è fumo, e la principessa troiana consacra la luce, oltre che a Imeneo, a Ecate per le nozze verginali, come vuole il rito.

Ecate è maestra di Medea e anche delle streghe del Macbeth : “I the mistress of your charms” (III, 5), io la signora dei vostri incantesimi.

Il trionfo di queste nozze sarà dato, per Cassandra e i Troiani, dall’uccisione di Agamennone, l’antifestino durante il quale il sangue cadrà nel vino: “cruor Baccho incĭdet ” (Seneca, Troiane, v. 866).

Cassandra non ha ancora deposto il suo ruolo di sacerdotessa: “oJ coro;~[2] o{sio~” (v. 328), la danza è sacra.
La principessa troiana invita anche la madre a danzare.
Ecuba qualifica come lugravn (v. 344) “lacrimevole”[3], la fiamma agitata da Cassandra e vorrebbe che le venisse tolta.
Ma la figlia insiste nel dire alla madre che deve essere contenta (cai`re, 353 - cavrma, gioia) per le sue nozze regali che saranno funeste per Agamennone. Troia insomma è più felice dei Greci.
Agamennone ha già ucciso una figlia per riprendere Elena, l’adultera consenziente (eJkouvsh~, v. 372). I Greci hanno fatto una guerra aggressiva e sono morti in terra straniera. I Troiani invece morivano uJpe;r pavtra~ to; kavlliston klevo~ (v. 387), in difesa della patria, la gloria più bella.
Questa Cassandra è patriottica ed è l’ajlavstwr, il demone vendicatore della sua città e della sua famiglia.

Difendere la patria era l’unico auspicio riconosciuto da suo fratello Ettore: ajmuvnesqai peri; pavtra~ (Iliade, XII, 243).

Le cose turpi è meglio tacerle: “siga`n a[meinon taj/scrav”, v. 384).
E’ l’aposiopesi imposta dal pudore della ragazza sacerdotessa che non vuole ricordare l’adulterio.
I morti troiani avevano l’abbraccio della terra peribola;~ ei\con cqonov~ (v. 389) e le esequie fatte dai familiari.
Ettore è morto quale a[risto~ ajnhvr (v. 395).
Cfr.“E tu onor di pianti Ettore avrai”, Foscolo, Sepolcri, 392.

Senza guerra Ettore sarebbe rimasto un uomo oscuro (397)
Paride poi ha sposato la figlia di Zeus. Comunque chi ha senno deve evitare la guerra: “feuvgein me;n ou\n crh; povlemon o{sti~ eu\ fronei', v.400) -
Echeggia il v.95 :" mw'ro" de; qnhtw'n o{sti" ejkporqei' povlei", è stolto tra i mortali chi distrugge le città. E’ Poseidone che recita il prologo. A questo proposito consiglio di vedere il film 1917.

Ma se la guerra c’è, allora è una gloria non vergognosa kalw`~ ojlevsqai (v. 402), morire nobilmente per la patria, mentre è infamante morire non nobilmente (mh; kalw`~, v. 402).

Morire nella bellezza
Cfr. Antigone (97): la ragazza dice che non soffrirà niente di tanto grave da non morire nella bellezza.
 Cfr. Ecuba (378) dove Polissena dice che vivere senza bellezza è una grande fatica (v. 378).
In Plutarco (Vita di Antonio) e Shakespeare (Antonio e Cleopatra), il suicidio della regina di Egitto viene approvato dall’ancella Carmiana: “it is well done and fitting for a princess - descended of so many royal Kings. Ah soldier! (5, 2).

Comunque Cassandra sarà il demone vendicatore di Troia i cui nemici verranno distrutti da lei con le sue nozze (tou;" ga;r ejcqivstou" ejmoi; - kai; soi gavmoisi toi'si ejmoi'" diafqerw', 404 - 405).
Taltibio commenta con il suo buon senso: io sono un povero (pevnh~ me;n eijm j ejgwv , 415 , ma non mi sarei mai procurato un letto del genere. Agamennone, il più potente dei Greci, si è assoggettato all’amore di questa menade, dopo averla scelta.
Cassandra gli dà del servo tremendo (deino;~ oJ lavtri~[4], v. 424).

Quanto al disgraziato (duvsthno~, Troiane 431) Odisseo, egli non sa quali pene lo attendono al varco del dolore (oujk oi\d j ( e) oi|av nin mevnei paqei`n (v. 431).

Euripide riutilizza un’espressione usata dalla Cassandra di Eschilo che parla contro Agamennone nella prima tragedia dell’Orestea (oujk oi\den oi|a v. 1228): non sa quali mali la lingua dell’odiosa cagna, leccando e tirando in lungo come accecamento nascosto, apparecchierà per la mala sorte 1228 - 1230).

Cassandra antivede in maniera non vana le peripezie di Odisseo: Cariddi, il Ciclope wjmobrwv~ t j ojreibavth~[5](Troiane, 436) che mangia la carne cruda e vaga per le montagne.
Quindi vengono menzionati Circe, hJ suw`n morfwvtria ( v. 437) che dà la forma di porci, i naufràgi, gli amori del loto, la droga che fa perdere l’identità, le vacche sacre del sole dalla carne parlante amara voce per Odisseo pikra;n gh`run 440 - 441.
 Poi l’evocazione dei morti e la lotta finale con i proci.

Sono i polla; a[lgea annunciati nel primo canto dell’Odissea (v. 4).

Poi Cassandra profetizza la morte di Agamennone: farabutto sarai sepolto da farabutto (kako;~ kakw`~ tafhvsh/, v. 446) di notte, non di giorno.

Quanto a se stessa, Cassandra antivede che sarà gettata via nuda, in pasto alle belve. infine la sacerdotessa getta le bende, ornamento dell’estasi; w\ stevfh (…) caivret j (450 - 451).
Lei sarà comunque una delle tre Erinni ( 457) e distruggerà Agamennone e giungerà vittoriosa tra i morti dopo avere sconfitto gli Atridi.
 giovanni ghiselli



[1] tovxon, arco, tossico da toxicum, il veleno con il quale si ungevano le frecce
[2] coreografia ideazione di una danza - corografia da cwvra, “regione”, descrizione di una regione.
[3] Cfr - lugeo, lugubris, luctus.
[4] latreiva è un servizio che può essere reso a Dio hJ logikh; latreiva è il culto spirituale Romani, 12, 1. rationabile obsequium Paolo chiede una trasformazione con una renovatio mentis - transformamini renovatione mentis.
[5] Sono abitudini che Euripide attribuirà anche alle baccanti nella sua ultima tragedia.

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