giovedì 6 febbraio 2020

Donne nell'epica greca. Parte 11. Nausicaa

Nicos Hadjikiriakos Ghika
Odysseus and Nausicaa (Pink Frieze)
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Altra parte della conferenza del 10 febbraio nella biblioteca Pezzoli di Bologna (17 - 18, 30)

Quanto a Nausicaa, si tratta di una ragazzina cui Atena manda un sogno per predisporla a innamorarsi di Odisseo e ad aiutarlo.
L’Itacese coglie l’occasione che gli è stata offerta, ma certamente non ha l’intenzione di abusare dell’inesperienza della fanciulla che non subisce violenza né alcuna molestia.
Alla fine la giovanissima principessa di Scheria, l’isola dei Feaci, saluta il suo seduttore spirituale dicendogli con grande delicatezza: “Sii felice, ospite e, tornato alla terra dei padri, ricordati di me (mnhvsh/ ejmei` j VIII, 462) siccome a me per prima devi la vita.
Odisseo ricambia l’augurio con piena riconoscenza del beneficio ricevuto: “ “su; ga;r m j‘ ejbiwvsao, kouvrh, tu in effetti mi hai salvato ragazza (v. 468).
Ha ragione Nietzsche:". Bisogna prendere congedo dalla vita come Odisseo da Nausicaa - benedicendola, più che restandone innamorati"[1].

Rapporto tra Ulisse e Nausicaa. L’amore e la gratitudine.
 Secondo Fausto Codino, la figlia di Alcinoo costituisce nei poemi omerici "l'unico caso in cui si trova rappresentato il nascere e il crescere del sentimento amoroso. Il personaggio di Nausicaa gode naturalmente le simpatie di tutta la critica moderna. Nel suo caso Omero non solo parla dell'evolversi di un sentimento privato dominante ed esclusivo, ma lo mette al centro del racconto, rinnovando risolutamente per questo la tecnica della narrazione epica: l'episodio del libro VI dell'Odissea è retto da un pensiero che si era già visto nascere e crescere nella mente della fanciulla prima dell'incontro, il quale è osservato e raccontato dalla parte di lei. Nella vicenda del ritorno di Odisseo, Nausicaa è soltanto una figura strutturale episodica che poi scompare, è un personaggio di raccordo. Basterebbe dunque un cenno alla sua funzione positiva nei piani del reduce. Invece il poeta fa dei suoi vagheggiamenti amorosi il motivo dominante di tutto l'episodio (...) Nausicaa è nell'età in cui anche nella Grecia arcaica, si può credere, le adolescenti lasciavano i giochi fanciulleschi per infatuarsi nel pensiero dello sposo, s'invaghivano del primo ospite bello e forte che capitava e conoscevano la prima delusione. Ma che fa Odisseo di fronte alle acerbe seduzioni di Nausicaa? Intesse un idillio, educa paternamente gli slanci della fanciulla inesperta? Niente, pensa ai suoi progetti e va diritto allo scopo. Sul piano sentimentale non c'è alcuna comunicazione fra i due: Odisseo non corrisponde, né finge di corrispondere, né lusinga, né tradisce la fanciulla: non mostra neppure di comprenderla, non si sa neppure che cosa pensi di lei. Eppure egli è civile e cortese, per naturale cortesia rivolge a lei il primo delicato discorso"[2].
Vero è che Nausicaa, stimolata e predisposta da un sogno mandatole da Atena, sogna le nozze, ma Odisseo non fa niente per illuderla. Egli si adopera per la propria salvezza e, veramente, la lusinga facendole dei complimenti da agiografo. Ma non si propone come marito o amante di lei. La vezzeggia come può fare un padre con una figlia affettuosa e carina.
Il fatto è che: “I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto”[3].

L'utile presente nelle testa di Ulisse, il profitto e il vantaggio, appaiono contrastanti con l'amore il quale, è vero, deve essere assolutamente gratuito. Ma Ulisse non propone il proprio amore alla ragazza.
 Del resto che cosa c'è di tanto positivo nell'amore quanto l'aiutarsi gratis a vicenda? Questo aiuto comporta la gratitudine che è uno dei sentimenti più belli, e Odisseo la manifesta alla fanciulla che lo ha aiutato.
Ma leggiamo cosa dice l’uomo provato all’adolescente inesperta:
"ti prego, signora, sei forse tu un dio o un mortale?/se davvero sei un dio, di quelli che abitano l'ampio cielo,/ad Artemide io, alla figlia di Zeus grande,/per aspetto e statura e figura ti assomiglio assai da vicino/.Se invece sei uno dei mortali, che dimorano sulla terra,/tre volte felici (trismavkare~) certo per merito tuo il padre e la veneranda madre,/tre volte felici i fratelli: molto, credo, a loro l'animo/tutte le volte di letizia si scalda per te/quando vedono un tale germoglio (toiovnde qavlo~) entrare nella danza./Ma quello nel cuore è in modo speciale il più felice al di sopra degli altri/che carico di doni nuziali ti porti a casa./Non ancora infatti una tale creatura io vidi con gli occhi/,né uomo né donna: venerazione mi prende a guardarti./Invero una volta a Delo presso l'altare di Apollo siffatto/ vidi alzarsi un nuovo virgulto di palma (foivniko~ nevon e[rno~)./Arrivai infatti anche là, e molta gente mi seguì/per quel viaggio nel quale cattivi affanni (kaka; khvde j[4]) era destino che ci sarebbero stati per me./E così allo stesso modo, vedendo anche quello, rimanevo stupito nell'animo/a lungo, poiché non ancora un tale fusto si era alzato dalla terra,/come te, donna, ammiro e sono preso da stupore e temo terribilmente/ di toccarti le ginocchia: ma un duro dolore mi pervade". (vv. 149 - 169).

Odisseo, nel suo encomio totale, assimila la ragazza prima alla dea Artemide, la dea vergine, povtnia qhrw'n signora delle fiere come si ricorderà, poi a un germoglio e a un virgulto, mettendone in risalto la sacra naturalezza.
 Si pensi che Saffo per nobilitare un uomo lo paragona a un vegetale:""A che cosa, caro sposo, posso paragonarti con efficacia?/ A un giovane ramo flessibile ti paragono precisamente (" o[rpaki bradivnw/ se mavlist j ejikavsdw", fr. 127 D. ).
Aristocratica è la classe di provenienza di Saffo, come l'educazione impartita alle allieve, ma niente è nobile quanto la natura, la quale è aristocratica “più aristocratica di qualsiasi società feudale basata sulle caste”[5]. E alla natura come modello, siccome ricca di bellezza, indirizzano la loro attenzione tanto la poetessa di Lesbo quanto Omero.
  
La ragazza virgulto, fiore, erba
La ragazza bella e vivace ha evocato diverse volte il ricordo di una forza rigogliosa della natura.
Vediamone qualche esempio. Nel Cantico Dei Cantici lo sposo dice alla sposa:"La tua statura rassomiglia a una palma e i tuoi seni ai grappoli. Ho detto:"Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri; mi siano i tuoi seni come grappoli d'uva e il profumo del tuo respiro come di pomi" (Quarto Poema).

Sullo splendore delle femmine umane adolescenti ("dai 16 ai 18 anni") Leopardi scrive parole adoranti:"Qualunque sia il suo carattere, il suo gusto; allegra o malinconica, capricciosa o grave, vivace o modesta; quel fiore purissimo, intatto, freschissimo di gioventù, quella speranza vergine, incolume che gli si legge nel viso e negli atti, o che voi nel guardarla concepite in lei e per lei; quell'aria d'innocenza, d'ignoranza completa del male, delle sventure, de' patimenti; quel fiore insomma, quel primissimo fior della vita; tutte queste cose, anche senza innamorarvi, anche senza interessarvi, fanno in voi un'impressione così viva, così profonda, così ineffabile, che voi non vi saziate di guardar quel viso, ed io non conosco cosa che più di questa sia capace di elevarci l'anima, di trasportarci in un altro mondo, di darci un'idea d'angeli, di paradiso, di divinità, di felicità"[6].

 Questo aspetto non è ignorato dal seduttore di Kierkegaard: "Slanciata e altiera ella era, misteriosa e grave come un abete, un virgulto, un pensiero, che dal grembo della terra germogli verso il cielo, incomprensibile, incomprensibile perfino a se stesso, un tutto che non ha parti (...) Questa essenza della donna (...) viene indicata giustamente come Grazia, espressione questa che ricorda la vita vegetativa; ella è come un fiore, piace dire ai poeti, e perfino quel che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo"[7].

Proust individua nei capelli di Gilberte qualcosa di naturale e di sacro, come Ulisse in Nausicaa:"Le trecce di Gilberte in quei momenti mi sfioravano la guancia. Nella finezza della loro gramigna, naturale e soprannaturale ad un tempo, nel volume dei loro accurati viticci, esse mi sembravano un'opera unica per cui si fosse utilizzata l'erba stessa del paradiso"[8].
La ragazza è vista come entità sacra e naturale nello stesso tempo. Anche l'accostamento della donna adulta alla natura è un topos letterario; anzi Mircea Eliade nel Trattato di storia delle religioni fa notare che"l'assimilazione fra donna e solco arato (...) è intuizione arcaica e molto diffusa" (p. 265).
Per questo tipo di similitudine, volto a significare la fertilità e la maternità piuttosto che l'aspetto primaverile e adolescenziale, si possono trarre esempi da un paio di tragedie sofoclee.
Nel quarto stasimo dell' Edipo re (1210 - 1212), il coro domanda al protagonista:"come mai i solchi paterni poterono sopportarti fino a tanto in silenzio, o infelice?" I solchi paterni (aiJ patrw`/ai a[loke~) sono quelli già seminati dal padre di Edipo, Laio che fecondò Giocasta. Poi arrivò Edipo a seminarli ancora

Nelle Trachinie , Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, e come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo una volta quando semina e una quando miete (speivrwn movnon prosei`de kajxamw`n a{pax” v. 33) - ejxamavw.

Nell’Antigone, Creonte intende annientare la nipote riottosa, Antigone, fidanzata del suo stesso figlio Emone, , tanto, argomenta, ci sono campi da arare anche di altre ( ajrwvsimoi ga;r caJtevrwn eisi;n guvai”, v. 569).

Si può continuare la rassegna, certo parziale e limitata, con un autore moderno , uno dei massimi del Novecento, Robert Musil (1880 - 1942) che, in L'uomo senza qualità , compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna. "Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio. - Mille e mille anni fa questo era un ghiacciaio. Anche la terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di essere - egli spiegò - . Questa creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici"( p.279).
Tale tovpo" assume aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto, forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni. Secondo lo scrittore austriaco " le donne stanno incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro fratelli"(p.293); e, più avanti (p.296), :"l'uomo è forma, la donna è materia (...) la materia vuole essere formata: perciò la donna pretende dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".
  
D'Annunzio: in Il Piacere (1889) Andrea Sperelli dichiara che "fra i mesi neutri" aprile e settembre preferisce il secondo in quanto "più feminino...E la terra? - aggiunge - Non so perché, guardando un paese, di questo tempo, penso sempre a una una bella donna che abbia partorito e che si riposi in un letto bianco, sorridendo d'un sorriso attonito, pallido, inestinguibile. E' un'impressione giusta! C'è qualche cosa dello stupore e della beatitudine puerperale in una campagna di settembre!"(p. 169).
 In Il Fuoco (1890) l'amante non più giovane, la grande attrice tragica Foscarina, viene assimilata, tra l'altro, a "un campo che è stato mietuto"(p. 306).

Concludo con Platone il quale nel Menesseno scrive :"ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei, ajlla; gunh; gh'n"(238a), non è stata infatti la terra a imitare la donna nella gravidanza e nel parto, ma la donna la terra.

Nel Menone il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa (th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh", 81d) e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre e della natura in genere.

Ma ora torniamo al VI dell’Odissea e avviamoci a concludere questa parte relativa a Nausicaa.
Dice ancora Odisseo: “:"Ma, signora, tu sii pietosa: da te infatti per prima sono giunto supplice/dopo avere sofferto molti mali, e non conosco nessuno degli altri / uomini che abitano questa città e il territorio./ Fammi vedere la rocca, e dammi uno straccio - do;" de; rjavko" - da buttarmi addosso/se mai venendo qui avevi un telo dei panni./A te gli dèi concedano tanto quanto tu desideri nel tuo cuore,/un uomo e una famiglia e la concordia (oJmofrosuvnhn) vi diano/buona - ejsqlhvn - : infatti non c'è nulla di più forte e prezioso di questo,/di quando concordi nei pensieri (oJmofronevonte) reggono la casa/l'uomo e la donna: molto dolore per i malevoli,/e gioie per i benevoli; ma soprattutto ne hanno buona fama loro (175 - 185).
Come si vede Odisseo augura le nozze a Nausicaa, ma non propone se stesso come sposo.
L’Itacese voleva assolutamente tornare a casa, desiderava il ritorno sopra ogni cosa. Il tabù, il divieto che Odisseo si è imposto e sente con maggior forza è novstou laqevsqai (Odissea, IX, 97) “dimenticare il ritorno”
“L'espressione che Omero usa in questi casi è "scordare il ritorno". Ulisse non deve dimenticare la strada che deve percorrere, la forma del suo destino: insomma non deve dimenticare l'Odissea. Ma anche l'aedo che compone improvvisando o il rapsodo che ripete a memoria brani di poemi già cantati non devono dimenticare se vogliono "dire il ritorno"; per chi canta versi senza l'appoggio di un testo scritto "dimenticare" è il verbo più negativo che esista; e per loro "dimenticare il ritorno" vuol dire dimenticare i poemi chiamati nostoi , cavallo di battaglia del loro repertorio"[9]

Conclusione su Nausicaa 
 E’ dunque evidente che Odisseo non intendeva sistemarsi a Scheria sposando la principessa dell’isola o diventando il suo amante.
Certamente, trovandosi nel bisogno, il figlio di Laerte, o di Sisifo che sia, cerca di farsi aiutare, e per ricevere attenzione, deve tentare di rendersi gradito, di piacere.
Ma lo fa come un padre che vuole piacere alla propria figliola.

Piero Boitani infatti la assimila ad altre figlie, compresa la sua (cfr. Piero Boitani Sulle orme di Ulisse).
“Quando le parla la prima volta, Odisseo la scambia per un’immortale, paragonandola ad Artemide, la figlia cacciatrice di Zeus. Quindi, appena pensa che possa essere una mortale, la vede come un “germoglio che muove alla danza”, una cosa mai vista, che desta “sgomento” (sébas, occorreva recitare con la meraviglia sulle labbra, m’ échei eisoróonta, “stupore mi prende guardandoti”). Germoglio, sì: thállon; e subito “virgulto di palma”…La immagina muoversi a passo di danza, Odisseo: e Nausicaa, per noi, fa il suo ingresso nel coro, aerea e lieve, sottile e flessuosa come un virgulto di palma (la similitudine verrà raccolta, non per niente, da Saffo). Ella è la benedizione del padre, della madre, dei fratelli, del futuro marito: fonte di felicità, di beatitudine.
Nausicaa è una Grazia e la grazia. Assomiglia in molti modi a quelle giovani donne delle quali, dalla tragedia di Re Lear ai “romances”, sono pieni gli ultimi drammi di Shakespeare. Cordelia (Re Lear), Marina (Pericle principe di Tiro) , Imogene (Cimbelino), Perdita (Racconto d’inverno), Miranda (La tempesta). Figlie, tutte, di vecchi padri, tutte, per loro, benedizioni, grazie beatificanti: sulla Terra, qui e ora. Nausicaa è la consolazione, la speranza, la vita.
Per me, ora, è mia figlia Giulia: colei che sentivo come un’intrusa e che adesso è fiorita come un germoglio di palma. Su; gavr m’ ejbiwvsao, kouvrh[10]: tu mi hai salvato, o fanciulla: tu mi hai dato la vita. Volevo, quando nacque, chiamarla proprio Nausicaa, ma moglie e figli si ribellarono al nome straniero, antiquato - dicevano - e troppo letterario. Intanto, mentre scrivo queste righe, sto per recitare un’altra volta, a Ravenna e a Certaldo, un Odisseo e Nausicaa in greco. E all’improvviso mi rendo conto che Nausicaa significa “colei che primeggia fra le navi”. E’ Giulia, la più cara delle navi: snella e leggera, muove a passo di danza sulle onde del mare, mentre io mi faccio pesante e navigo, assonnato, verso il porto”[11].

gianni 
p.s. "studente sono e povero" dal Rigoletto di Verdi - Piave visto ieri in televisione

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[1]Di là dal bene e dal male , Aforismi e interludi, 96.
[2]F. Codino, op. cit., pp. 144 e 145.
[3] Leopardi, Zibaldone, 527.
[4] Può essere che in Nausicaa si muova anche un sentimento simile a quello di Desdemona di fronte ai discorsi e ai trascorsi di Otello :"Finita la mia storia, ella mi diede per le mie pene un mondo di sospiri: ella giurò, in fede, era strana, era oltremodo strana, era pietosa, era meravigliosamente pietosa...ella mi amò per i pericoli ch'io aveva passati, ed io l'amai perché ella n'aveva pietà (She loved me for the dangers I had pass'd,/and I loved her that she did pity them )" W. Shakespeare, Otello , I, 3.
[5] Schopenhauer, Parerga e paralipomena (del 1851), Tomo I, p. 275.
[6]Zibaldone , p. 4310.
[7]Diario del seduttore p. 44 e p. 138.
[8]All'ombra delle fanciulle in fiore , p. 83.
[9]I. Calvino, Perché leggere i classici , pp. 15 - 16.
[10] Odissea, VIII, 468.
[11] P. Boitani, Sulle orme di Ulisse, pp. 266 - 267.

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