sabato 21 settembre 2024

Ifigenia LXXXIX. L’arcicialtrone quasi giovane poi tanto vecchio.


 

Nel maggio odoroso,  il cielo era solcato  da voli di creature liete: gli uccelli tutti contenti e gli insetti dal ronzio festoso, almeno finché non venivano mangiati dalle rondini o da altri pennuti. Spesso  noi due facemmo l’amore nel nostro grande letto.

Diverse altre volte in quel mese benedetto dal Sole, il primo fra tutti gli dèi, ci sdraiammo per  concubiti stravaganti  durante le passeggiate sui colli coperti di nuova vegetazione già folta che ci servì da talamo accogliente e profumato. Erba e fior ricoperti dalla sua gonna leggiadra.  C’era pure l’angelico seno. Profumava anche lui-

 Per farlo con tale frequenza e tanto ardore, doveva esserci un buon accordo anche mentale. Non c’era il molosso nequiquam che Lucrezio mette accanto all’amore, un invano che vuole annientare la gioia perché fa provenire l’angoscia  dalla sorgente dei piaceri, pure in mezzo ai fiori.

Noi due non avevamo angosce, tutt’altro, però dopo la razione ridondante di questo mese da atleti del sesso si cominciava a sentire la voglia di esperienze  diverse da vivere insieme oltre il talamo, la scuola e l’acquattarci sull’erba tra i cespugli come passeri, fringuelli o altri volatili allegri.

 L’argomento scuola, scolari e colleghi cominciava a diventare stucchevole; le camminate erano sane ma ci portavano sempre negli stessi talami erbosi celati agli sguardi maliziosi o malevoli.

I nostri tempi  non ci consentivano di viaggiare  e il sesso era meraviglioso ma aveva bisogno di nuovi argomenti.

 

Un pomeriggio vennero a trovarmi due amici di Debrecen: il povero Alfredo con Ezio. Una visita inaspettata e gradita. Si parlò delle belle estati passate insieme nell’Università della cittadina magiara. Ricordavamo con qualche rimpianto le conversazioni, le baldorie, gli scherzi delle notti d’estate quando la vita era facile come cantava Elena. Non potei non rammentarlo. Quindi gli amori, le amicizie, le gare di vario tipo, insomma gli episodi più socievoli e simpatici delle vacanze ungheresi. Parlandone ci sentivamo ancora ragazzi, quasi dei “citti” nonostante Ezio avesse trent’anni compiuti, io trantaquatto e mezzo e Alfredo quaranta. Ma non eravamo  ancora pronti a rinunciare alla gioventù spensierata, anche un poco cialtrona.

Proprio “ che fratello cialtrone!” aveva esclamato mia sorella quando nel 1974 mi rivelò che era incinta e io le annunciai che Päivi  aspettava una bambina da me, però poi aggiunsi che non mi sentivo abbastanza maturo per fare quel passo supremo. Nemmeno trenta anni avevo compiuto. Ben due mesi mancavano. Speravo di allontanare la vecchiaia e la  morte.

“Cialtrone?” Obiettai. “Sì- rincarò- anzi arcicialtrone”.

La mia cialtronaggine relativa di quando ero oramai trentenne è confermata dal fatto che oggi immagino spesso che quella bambina sia nata e che mi venga a cercare, ora che la creatura mancata avrebbe quasi cinquanta anni e io quasi ottanta. Eppure nei miei sogni di vecchio cialtrone e mezzo pazzo la corteggio lo stesso dicendole che assomiglia tanto a sua mamma la donna più amata di tutte da me. Il che non è vero.

 Alfredo intanto è morto e mi dispiace, Ezio non so, Päivi è viva ma peggiorata assai nell’aspetto. Più di me sebbene abbia 5 anni e 5 mesi di meno. Amen.

 

Pesaro  21 settembre 2024 ore 11 e 19 giovanni ghiselli

p. s.

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