giovedì 26 settembre 2024

Ifigenia CLI Pensieri cattivi di un cervello stremato alla fine di una giornata lunga e varia.

 

Seduto  nella sala  dell’Ungaria osservavo tutto con attenzione perché affiorassero i ricordi. Volevo fare i raffronti tra quella sera del 1979 e l’archetipo dell’approdo a Debrecen nel luglio 1966 . Comparativismo tra gli anni vissuti. Anche questi sono porosi e si possono comparare.

Svolgevo all’indietro questo filo dal gomitolo della mia vita mortale. C’erano le stesse tende bianche e gialle non molto pulite di allora, le colonne corinzie, i pilastri, gli stucchi e il medesimo aedo invecchiato con il repertorio immutato. Non era cambiato quasi niente. Verso le due entrò un gruppo chiassoso di turisti, slavi, forse cechi. Come tredici anni prima, avevo paura. Temevo un’altra volta di rimanere escluso dalla bellezza, dalla gioia di vivere.

“ Ifigenia se ne sta andando-pensavo-. Comunque in questi ultimi mesi mi ha fatto crescere. Il potenziamento da lei ricavato mi servirà a trovarne altre migliori. Il destino non mi vedrà prostrato ai piedi di una che non tiene fede alle promesse. Non diverrò mai il suo famulus. Costei non  sarà  più la mia domina, già non è nemmeno un’amica e presto non sarà neppure un’amante: sta cercando un uomo più famoso e facoltoso di me per contrastare il declino della venustà con il lusso comprato- mercato cultu- che un professore di ginnasio, assai trito e parco non può permetterle”.

Dopo un piatto di carne senza patate né pane, mi alzai e mi incamminai verso il collegio. Avevo deciso di percorrere quei quattro chilometri a  piedi: non dovevo prendere nemmeno un grammo poiché la prossima femmina umana meritava ogni mia attenzione e la prima premura doveva essere quella di presentarmi a lei nella forma migliore. I 5000 metri quotidiani e il desinare frugale contribuivano a questo. Più i quattro chilometri che dovevo percorrere a piedi in quel pomeriggio da fauno stremato. Frugale comunque. Mi venne in mente che il primo significato del latino frugi è “onesto”. Fare esercizio, un’ascesi pagana, e mangiare con moderazione limitandosi al necessario è una forma di onestà verso se stesso. E chi non lo è con se stesso tanto meno lo sarà con gli altri. Mi sovvenne che quando ero arrivato obeso a Debrecen odiavo la mia persona e detestavo ogni vita. Ero carente di identità e vuoto di ogni bene. Per questo mangiavo con ingordigia suina. Dunque un bel pogresso l’avevo fatto da allora grazie alle amanti che avevano rafforzato la mia volontà, accresciuto il mio amor proprio, potenziato la mia identità e scemato la mia insicurezza. Le due Elene soprattutto.

“Quando viene a trovarmi in casa-pensavo-Ifigenia mette disordine. Fa cadere  di tutto: libri, quaderni, cioccolata, caffè, vino, formaggio, prosciutto. Di questi cibi va pazza.

 Né si china a raccogliere alcuna cosa. Non pulisce quanto ha sporcato, non asciuga quanto ha bagnato. Se riuscisse a trasferirsi da me, mi ridurrebbe a suo servo. Ancora è bella, ma se non pone limiti alla sua ingordigia, tra pochi anni, già sui trenta, sarà una lardellona appena appetibile, poi, arrivata  ai fatali quaranta una lardona e basta.

Deve essere sottile la Musa, prescrive Callimaco, dunque la mia non potrà essere lei.

In ogni caso non è una persona generosa: lo sta ribadendo con questa sollecitudine nello scrivere e spedirmi una lettera della quale le ho detto chiaramente di avere bisogno: pensa cosa succederebbe se tu, disgraziato, avessi necessità di un farmaco o di qualunque altra assistenza!”.

La riempivo di vizi e difetti anche inventati o almeno ingranditi per smontarne l’icona e liberarmi dal culto di lei divenuto empio. Volevo diventarne profano, profanarlo dentro di me.

Quando arrivai in collegio e non trovai posta, pensai: “Che miserabile, che infame! Eppure  se mi scrivesse mi renderebbe felice. Guarda come ti sei ridotto! Sei diventato lo zimbello di quella Circe malvagia”

Quindi salìi in camera per prendere I Guermantes e trarre qualche consolazione dalla sprezzatura che Proust attribuisce ai nobili: la neglegentia, l’ajmevleia celebrata dai miei classici. Dovevo imparare da loro la noncuranza di chi mi voleva tanto male da volere trasformarmi in un maiale: Ifigenia  hJ suw`n morfwvtria 1.

 

Pesaro 26 settembre 2024 ore 9, 58 giovanni ghiselli

 

 



[1] Cfr. Euripide, Troiane, 437.

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