sabato 28 settembre 2024

Il fascino dell’antico nel film Vermiglio.


 

Ieri sera ho visto il film Vermiglio di Maura Delpero.

Un film con della poesia: in pictura poēsis.

Poesia è creatività: l’artista creativo mostra immagini o scrive parole o compone musica che evocano ricordi, sentimenti pensieri. Io cerco di farlo scrivendo. Il film della Delpero mi ha fatto ricordare i mesi di agisto degli anni Cinquanta passate a Moena in val di Fassa. Ho rivisto in Vermiglio ambientato tra le montagne del Trentino quel mondo antico che mi impressionava da bambino quando camminando in solitudine sui prati e nei boschi rivolgevo domande ai monti che per loro umanità mi rispondevano. La poesia della solitudine dunque, delle voci della natura che fanno compagnia alle persone solitarie.

Percorrevo anche il paese e notavo la povertà, la laboriosità dei Moenesi malvestiti e quasi barcollanti. Sono stravolti dalla fatica diceva mia zia.

Ho sempre amato l’antichità: già in prima media ero affascinato da Omero, e mi attirava pure l’antico che vedevo negli autoctoni fassani. Allora i turisti erano pochi. La sera i pastori riportavano gli animali nelle stalle.

Vicino Pesaro vedevo quest’aria antica nelle famiglie dei contadini mezzadri che coltivavano i poderi di mia nonna a Montegridolfo. Ci andavo per le battiture e le vendemmie con due zie che contavano i sacchi di grano e le casse di uva.

Anche qui ero attirato dalla rusticità  nobile e antica di quei personaggi ancora omerici, tipo il capraio, il mietitore, le loro donne affaccendate in cucina, non artefatte, i loro bambini non smancerosi, le bambine mai  falsamente vezzose. Tra i personaggi del film mi ha commosso in particolare quello della ragazzina che dice: “io voglio studiare” ma non le è consentito dalla povertà della famiglia. Una denuncia politica necessaria, attuale, sacrosanta. 

 Credo che i miei studi successivi e il mio lavoro conseguente siano stati fortemente influenzati da tali immersioni nel passato.

Ebbene la regista è stata capace di rendere con le immagini e poche parole la poesia di un tempo che oggi è passato ma non dobbiamo dimenticare per non obliare la coscienza della nostra umanità.

Nelle fotografie di Maura Delpero vedo una donna che sembra una ragazza. Le didascalie dicono che ha 48 anni. L’età che oggi avrebbe la figlia di Päivi e mia se non fosse stata abortita nel settembre del 1974.

Mi sarebbe piaciuto una figlia sul tipo di questa regista.

 

In una delle scene finali del film si vede la giovane donna, una delle sorelle, che ha messo al mondo una bambina poi  ha saputo che il padre, un siciliano, sfuggito alla guerra, accolto da loro e diventato suo marito, era già ammogliato con una donna del suo paese ed era stato ucciso da lei una volta tornato nell’isola con la scusa di una visita alla madre.

 La giovane trentina cade in una disperazione prossima al suicidio. Poi invece si reca in Sicilia per vedere chi sia  la prima moglie e assassina del padre della propria figlia. La guarda mentre si occupa di un figlio bambino. La madre siciliana si accorge di essere osservata e le domanda: “avete figli voi?”.

 La madre trentina fa cenno di sì con la testa e l’altra vestita tutta di nero le fa: “è una fortuna”. Un’altra scena non solo poetica ma anche politica.

La giovane di Vermiglio torna al suo paese e recupera l’amore della figlia prima rifiutata.

Dedico questo post alla mia figlia mancata. L’avrei chiamata Elena o Margherita. La penso spesso e immagino dei dialoghi con lei.

Non ho voluto altri figli però. Siamo pieni di contraddizioni

 

Pesaro 28 settembre 2024 ore 10, 28  giovanni ghiselli

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