martedì 12 novembre 2019

I riti notturni. Euripide (Tebe), Tito Livio (Roma) e piazza Verdi (Bologna)

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I riti notturni di piazza Verdi a Bologna e quelli di Euripide e Tito Livio

Hanno qualcosa in comune? Dico di no

I riti notturni considerati con sospetto da Ippolito e da Penteo nelle Baccanti
Ippolito saluta Afrodite provswqen, da lontano, poiché, dice, sono casto - aJgno;" w[n - (Ippolito, 102). Un servo gli fa notare che la dea dell’amore è comunque una divinità veneranda e insigne
 Allora il giovane presenta una sua obiezione ai riti notturni: oujdeiv~ m’ ajrevskei nukti; qaumasto;~ qew`n Ippolito (106)nessuno tra gli dèi venerati di notte mi piace.

Leggiamo 5 versi delle Baccanti di Euripide (485 - 490). Tratti da una sticomitia tra Penteo e Dioniso.
Penteo. I riti li celebri di notte o di giorno?
Dioniso. Per lo più di notte: la tenebra ha qualcosa di sacro.
Penteo. Questo riferito alle donne significa inganno e vizio .
Dio. Anche di giorno uno potrebbe trovare della turpitudine.
Pen. Tu devi pagare il fio dei tuoi sofismi malvagi. 489 –divkhn se dou'nai dei'
Dio. Tu piuttosto quello della tua incapacità di comprendere - ajmaqiva" - poiché sei empio verso il dio kajsebountJ ej" to;n qeovn - .

La malizia del burocrate e quella del giovane casto
divkhn se dou`nai dei` (v. 489): “Pentheus excitedly smells immorality again, and when the Stranger explains that morals don’t depende on the time of day, he loses his temper - observe the explosive d - d - d - in 489 (so Jason in his rage cries dwvmasin dwvsei divkhn[1], Med. 1298).
Hippolytus has a like objection to nocturnal rites, Hipp. 106 oujdeiv~ m’ ajrevskei nukti; qaumasto;~ qew`n[2], Penteo con eccitazione fiuta di nuovo immoralità, e quando lo Straniero spiega che la morale non dipende all’ora del giorno, egli perde la sua calma - nota l’esplosivo d - d - d al v. 489 (così Giasone nella sua rabbia grida dwvmasin dwvsei divkhn[3]Med. 1298).
Ippolito fa un’obiezione del genere ai riti notturni: nessuno tra gli dèi venerati di notte mi piace (Ippolito, 106).

I Baccanali. Una prava religio, religione depravata
Secondo Tito Livio la religio seguita da Camillo è santa, mentre sono turpi i Baccanali venuti a Roma dall’Etruria attraverso la mediazione di un Graecus ignobilis (39, 8). “Huius mali labes ex Etruria Romam veluti contagione morbi penetravit.” (39, 9), la vergogna di questo male penetrò a Roma dall’Etruria come per il contagio di un morbo. Nel 186 a. C. il console Postumio fece un’indagine e la schiava Ispala rivelò che si trattava di riunioni notturne promiscue: “nihil ibi facinoris, nihil flagitii praetermissum. Plura virorum inter sese quam feminarum esse stupra. Si qui minus patientes dedecoris sint et pigriores ad facinus pro victimis immolari. Nihil nefas ducere, hanc summam inter eos religionem esse” (39, 13), nessun misfatto, nessuna turpitudine lì erano omessi. I connubi vergognosi tra maschi erano più frequenti che con le donne. Se alcuni erano meno meno disposti a subire il disonore ed erano troppo restii ai misfatti venivano sacrificati come vittime. La perfetta iniziazione era non considerare nulla come illecito.

Postumio riferì in senato, ed esso affidò ai consoli “quaestionem deinde de Bacchanalibus sacrisque nocturnis extra ordinem” (39, 14), l’inchiesta sui Baccanali e i riti notturni con mandato straordinario.
 Quindi Postumio convocò l’assemblea popolare e, salito sulla tribuna (rostrum) informò il popolo. Disse che gli strepiti e gli ululati notturni avevano già fatto avvertire il fenomeno diffuso in tutta Italia[4] ma ancora non ne era conosciuta la turpitudine: “Primum igitur mulierum magna pars est, et is fons mali huiusce fuit; deinde simillimi feminis mares stuprati et constupratores fanatici, vigiliis, vino, strepitibus clamoribusque nocturnis attoniti” (39, 15), dapprima dunque la parte grande la fanno le donne, e tale è la fonte di questo male; poi maschi del tutto simili alla femmine, violentati e violentatori invasati, intontiti dalle veglie, dal vino, dalle urla e dai clamori notturni.

 La setta non ha ancora grandi forze ma le acquisterà “quod in dies plures fiunt”, poiché aumentano di giorno in giorno. I ragazzi vengono iniziati giovanissimi e da tale gioventù non si possono ricavare dei soldati. La forza dell’esercito, la sua disciplina, altro valore che entra nella sfera del fas, spariranno dunque con la santità della pudicitia: “Hi cooperti stupris suis alienisque pro pudicitia coniugum ac liberorum vestrorum ferro decernent?” (39, 15), questi coperti delle vergogne sessuali proprie e altrui, combatteranno per la pudicizia delle mogli e dei figli vostri?
Ecco che le orge bacchiche mettono in crisi alcuni valori forti della repubblica. Il contagio di tali turpitudini è pericoloso: “Nihil enim in speciem fallacius est quam prava religio. Ubi deorum numen praetenditur sceleribus, subit animum timor ne fraudibus humanis vindicandis divini iuris aliquid immixtum violemus (39, 16), niente infatti è più ingannevole per l’immaginario di una religione depravata. Quando la potenza degli dèi diviene pretesto di delitti, subentra nell’animo il timore che nel reprimere le colpe umane si violi qualche cosa del diritto divino confuso con esse.
 I culti stranieri sono stati tradizionalmente proibiti poiché niente dissolve la vera religio “quam ubi non patrio sed externo ritu sacrificaretur”, tanto quanto laddove si sacrifica non secondo i riti tradizionali ma quelli stranieri.
Si pensi alla posizione dei leghisti padani nei confronti della religione musulmana. Si pensi viceversa al relativismo erodoteo.

Bisogna dunque abbattere le sedi dei Baccanali, disperdere i “nefarios coetus”, le nefaste congreghe. Dopo questa assemblea, si diffuse il panico tra i seguaci della nuova religione. Molti tentarono di fuggire, ma furono arrestati dalle guardie poste alle porte, alcuni si uccisero. “Coniurasse supra septem milia virorum ac mulierum dicebantur” (39, 17), si diceva che i congiurati fossero più di sette mila. Si trattava dunque di una vera e propria congiura contro la civiltà.
Quindi i consoli furono incaricati della demolizione dei locali “In reliquum deinde senatus consulto cautum est ne qua Bacchanalia Romae neve in Italia essent ” (39, 18), per il futuro quindi con un decreto del senato si provvide che né a Roma né in Italia ci fossero i Baccanali.






[1] Do la traduzione di queste parole facendole precedere da un poco di contesto : “ Donne, che state vicino a questa dimora,
è ancora dentro quella che ha compiuto
atti terribili, Medea, oppure è fuggita?
Bisogna infatti che quella davvero si nasconda sotto terra
o alato sollevi il corpo nella profondità del cielo,
se non vuole pagare il fio alla casata dei sovrani. (Medea, vv. 1293 - 1298) ndr.
[2] Dodds, Op. cit., p. 138.
[3] Euripide, Medea, 1293 - 1305
Giasone
Donne, che state vicino a questa dimora,
è ancora dentro quella che ha compiuto
atti terribili, Medea, oppure è fuggita?
Bisogna infatti che quella davvero si nasconda sotto terra
o alato sollevi il corpo nella profondità del cielo,
se non vuole pagare il fio alla casata dei sovrani. 1298 eij mh; turavnnwn dwvmasin dwvsei divkhn
E' convinta che dopo avere ammazzato i signori del paese
fuggirà con i propri mezzi da questa casa, impunita? 1300
Ma in effetti non mi do pensiero di lei quanto dei figli:
a quella faranno del male coloro ai quali l'ha fatto,
io invece sono venuto a salvare la vita dei miei bambini,
perché i miei congiunti di stirpe non facciano loro del male,
facendo pagare l'empio delitto materno.
[4] Quelli di piazza Verdi di Bologna sono per ora più contenuti.
[5] Quelli di piazza Verdi di Bologna sono per ora più contenuti.

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