sabato 23 dicembre 2023

R. Musil, L’uomo senza qualità. III. 21. 1

Torna Agathe la
 vera consanguinea di Ulrich
 
Agathe viveva in un totale rilassamento e in una grata lontananza della volontà: condizione che era come una vetta da dove si vedeva soltanto  il cielo azzurro. p. 825
 
Il mio migliore amico Fulvio una mattina non venne a lezione nell’Università di Debrecen. Finite le ore di lezione, lo trovai steso su una panchina del prato. Gli chiesi che cosa avesse fatto. “Ho guardato il cielo”, rispose.
“E basta?” replicai
“Certamente: tu non sai quanto è bello non pensare a niente, non cercare niente, non volere niente”.
Ora lo so, Fulvio, l’ho imparato da te amico celeste.
 
Ma torniamo alla bella sorella di Ulrich.
Tutti i giorni per suo piacere andava un po’ a zonzo in città; quand’era in casa leggeva; sbrigava le sue faccende: godeva con lieta riconoscenza di quella dolce insignificante attività di vivere.
Già il fatto di vivere significando è un’attività.
Agathe non voleva impossessarsi di nulla siccome tale volontà mette in fuga la gioia che è nelle cose.
 
Donne siffatte sono rare e sono amabilissime: Elena, Elena, Elena ancora
 
La buona sorella ricordava i colloqui con il fratello senza deformarne il significato con i proponimenti o i pregiudizi che uccidono le parole vive. Queste le rinascevano intorno. Il suo ricordo era pieno di tranquilla tenerezza e il tempo passato restava aderente al calore del corpo.
I notai e gli avvocati che doveva consultare volevano sempre accontentare l’affascinante, giovane donna raccomandata sempre dal nome paterno.
 
Certamente Agathe e Ulrich avevano le spalle coperte e potevano oziare. Era del resto un otium cum dignitate. Leggevano e avevano stile. Non aveva bisogno né intenzione di preparare inganni.
 
Teognide sostiene a ragione che le trame ingannevoli sono caratteristiche della plebe trappolona: Si ingannano a vicenda, deridendosi a vicenda, senza criterio del bene e del male:"ajllhvlou" d&j ajpatw'sin ejp  j ajllhvloisi gelw'nte"-ou[te kakw'n gnwvma" eijdovte" ou[t  j ajgaqw'n"(vv.59-60 del corpus  elegiaco). Non hanno il criterio del bene e del male in quanto non possiedono la tradizione.
 
Agathe osservava il proprio aspetto non senza compiacimento. Osservava il suo viso allo specchio. Quindi fu presa senza vanità dal paesaggio del proprio io che le si stendeva davanti.
Era l’io corporeo ma questo dice molto anche di quello mentale.
I capelli erano come velluto chiaro. Quindi osservava tutto il proprio corpo.
“Tutto era ancora come il giorno radioso che si avvicina allo zenit, ascendente, puro, preciso e ancora impegnato in quel divenire  che è come un mattino avanzante verso il mezzogiorno o come una palla che ancora non è giunta al punto più alto ma appena poco al di sotto
“Forse lo sta toccando proprio in questo momento”, pensò Agathe.
Quel pensiero la atterriva. Tuttavia il meriggio poteva essere ancora lontano; ella aveva soltanto ventisette anni. Il suo corpo non forzato da maestri di ginnastica e massaggiatori e neppure da maternità e allattamenti  non era stato plasmato che dal suo proprio sviluppo”.
 
Credo che la ginnastica sia la cosmesi migliore, l’unica non ingannevole come dice Socrate personaggio del Gorgia platonico,  e che ciascuno dovrebbe fare quella confacente alla sua struttura, alle sue predisposizioni e ai suoi gusti. Il maestro di ginnastica dà regole stereopitate che non vanno bene per tutti.
Inoltre lo sport va fatto sotto il cielo non in uno stanzone tra grida e rumori, polvere e sudore
“Se  si fosse potuto esporre quel corpo ignudo in uno di quei paesaggi grandiosi e solitari, come sarebbe il lato rivolto al cielo di un’alta catena alpina, il vasto e sterile ondeggiamento di quelle cime l’avrebbe portato come una dea pagana”
Le montagne sarebbero diventate un santuario con una serie di altari per questa dea.
“Allora il mezzogiorno sembra elevarsi ancora sopra il suo punto culminante, poi ripassare impercettibilmente nella declinante aerea bellezza del pomeriggio”
Il lungo avverbio impercettibilmente riflette la speranza di tutti noi umani che la decadenza dell’età sia lenta e non si veda per tanto tempo.
Chi scrive ce la mette tutta: bicicletta, corsa, nuoto, sacrifici alimentari, abbronzatura, però la percezione  della decadenza è sicura e quando mi dicono: “non sei cambiato per niente”, so bene che no è vero e che il complimento è suggerito dalla benevolenza o dalla pietà-
Lo specchio dove Agathe osservava se stessa  rifletteva l’impressione un po’ inquietante dell’ora indefinibile” p 826.
 
Nel film Il Gattopardo di Visconti il principe Fabrizio interpretato molto bene da Burt Lancaster piange guardandosi in uno specchio. Che cosa piange? La propria decadenza nell’indefinibile ora crepuscolare confrontata con il mattino antimeridiano, pieno di luce dei due giovani Angelica e Tancredu.
 
Bologna23 dicembre 2023 giovanni ghiselli ore 18, 30.
Sono entrato già da un mese e nove giorni nell’ottantesimo anno.
Non ne piango: meglio vecchio che morto.
Anche oggi ho fatto i miei trenta chilometri di bicicletta. Più tardi farò altro: voglia di fare, voglia di fare.
 Voglio dire che ciascuno di noi deve rimanere il più possibile cedere nescius.
Credo di avere raggiunto il mio meriggio, per quanto riguarda i rapporti lieti, molto lieti, intorno ai 51 anni nell’autunno del 1995. Ero in un convegno sulla scuola a Trieste. Ero così contento che un pomeriggio andai a comprare delle mutande. Quando le vedo dove le ho riposte cantichio ancora: “le mutande, le mutande di Trieste cantan tutte, cantan tutte con ardore!” Nel mare si svolgeva la barcolana ma dovevo rientrare nel salone delle conferenze.
All’epoca ancora io non le facevo. Mi limitavo ad ascoltare e osservare attentamente.
In seguito è iniziato il pomeriggio. Ora sono al crepuscolo quanto maiores cadunt umbrae, ma ripeto a me stesso quanto disse Achille Pelide rispondendo al cavallo fatato che gli aveva suggerito di non rischiare: ouj lhvxw, non cederò. Del resto ora il sole sta riprendendo forza e le ombre un poco alla volta si accorciano: minores cadunt.
Voglio associarmi al sole.
 
p. s.
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