venerdì 8 dicembre 2023

Ifigenia XC. Inizia l’estate. Le mutande esibite nella venusta Sirmio

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
Quando Alfredo e Fausto
 furono andati via mi domandai se l’estate ventura e ormai prossima, per la quale avevo avuto un’altra borsa di studio nell’Università di Debrecen, ce l’avrei fatta nel mese abbondante compreso tra la metà di luglio e il 20 di agosto a non lasciarmi inghiottire dal vorticoso risucchio dei tanti mesi estivi passati in quell’ambiente dove funzionavo bene poiché mi era congeniale.
Sapevo che non solo i ricordi tristi e penosi lasciano il segno e richiamano indietro ma anche le rimembranze liete e gioiose hanno una forza attrattiva e talora retrograda, soprattutto se davanti non vediamo niente di meglio.
Provavo  un po’ di rimorso al pensiero che con quei due amici scavezzacolli avevo già ordito un progetto di vacanze “debrezine” spensierate pure più del solito, goliardiche nonostante l’età, costellate di allegre bisbocce, magari anche di facili amori. Poi però provai una certa soddisfazione pensando che se mi dava cattiva coscienza la programmazione di piaceri oramai invecchiati  e diventati indegni di ripetizione annuale o biennale o treterica, un piano soltanto mensile è vero eppure capace di rovinare la relazione in corso con Ifigenia, questo significava che il rapporto con questa ragazza mi stava a cuore parecchio e mi preparai a farglielo sapere con parole onesta se lei era schietta.
 
Intanto Ifigenia era andata in gita sul lago di Garda con i suoi compagni della scuola di recitazione che frequentava quando trovava il tempo di farlo. Credo che la vita dell’attrice magari di successo la  attirasse più di quella dell’insegnante supplente che stava facendo senza sentirsi a suo agio.
Tornò domenica sera e la vidi il giorno seguente: era il 14 maggio.
Disse che parecchi ragazzi e pure il loro maestro l’avevano corteggiata, soprattutto dopo che il sole già quasi estivo che a mezzo il giorno dardeggiava la venusta Sirmione  l’aveva indotta, quasi costretta, a togliersi la sottoveste opacizzante senza la quale il suo vestito rosso dal tessuto rado e quasi diafano lasciava trasparire le splendidissime cosce e le mutande celesti in mezzo a loro. Come quando al tramonto il rosseggiare di nubi sottili lascia intravedere il colore del cielo. Questo pensai per difendermi dall’angoscia. Ho sempre creduto che la visione delle mutande di una donna giovane e bella costituisca la prima spinta data al maschio per renderlo funzionario della specie. L’ostensione delle mutande dunque riaprì la strada all’angoscia.
Aggiunse pure che tra i corteggiatori si era distinto il magister ludi ma lei l’aveva scoraggiato fino ad allontanarlo da sé.
La ascoltavo con grande attenzione contento Ifigenia avesse respinto l’attenzione  lasciva del maestro,  eppure spaventato dal fatto che un uomo più attempato di me si fosse permessa tanta libertà, del resto istigato dalla mia compagna  che, non abbastanza renitente, ai corteggiamenti aveva esibito le proprie cosce meravigliosamente tornite e le mutande colore del cielo.
Ero in pensiero e nel sesso fui meno brillante del solito. Ifigenia che era abituata  meglio, particolarmente dopo un distacco di paecchie ore, mi guardò seria e mi domandò: “gianni, pensi forse che ti abbia nascosto qualcosa?”
“No” dissi senza chiarirle quale fosse la causa più vera del mio malumore e della contumacia erotica rispetto alle volte precedente. “No,  ho il  tormento del raffreddore da fieno” Nec erat. “Non dubito della tua fedeltà.
Et tamen, ut vere confitear erat   
“E fai mollto bene” mormorò a bocca stretta per nulla convinta.
 
Bologna 8 dicembre 2023 ore 20, 12. 
giovanni ghiselli
Per oggi ho concluso il mio catechismo.
 
p. s.
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