lunedì 11 dicembre 2023

Ifigenia XCII. Et lux facta est.

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
Uscivo dall’aula dove avevo tenuto una lezione bolsa, quasi distratta: mi rodeva l’ingiusta degradazione subita. Rimpiangevo i due presidi precedenti: Davide Ciotti del liceo Rambaldi di Imola e
  Piero Cazzani del Minghetti che mi incoraggiavano e valorizzavano avendo compreso  quanto ardore di studio c’era dentro di me  e suscitavo negli studenti delle tre classi che mi erano state affidate. Questo sopraggiunto in ottobre invece mi aveva ostacolato fin dal primo giorno, messo su dalla sua vice cui non ero mai piaciuto. Ricordavo con nostalgia anche la vicepreside della scuola media di Carmignano, Antonia Sommacal che  mi aveva difeso da un altro preside tanghero e malevolo. Antonia sarebbe stata una seconda mamma per me, poi sarebbe diventata la mia migliore amica.
Dall’ottobre del 1978 dunque tutto era cambiato in peggio.
Con l’ottimismo necessario alla sopravvivenza pensai che prima o poi tutto sarebbe cambiato di nuovo: questa volta in meglio. “Conosci quale ritmo tiene la vita degli uomini” mi dissi, ricordando Archiloco.
 
L’ottimismo dovuto a me stesso trovò quasi subito una conferma: il cupo edificio lucifugo a un tratto si spalancò e fece entrare tutta la luce del cielo.
Ifigenia aspettava me a metà del corridoio: appena mi vide si mosse per abbracciarmi avanzando con fiammeggiante splendore, al pari di una cometa: i capelli nerissimi, luminosi di gioventù e di bellezza, le spalle già molto abbronzate, il vestito rosso, perfino la borsa e le scarpine azzurre, incorniciavano evidenziando l’amabile sorriso dei denti bianchi come avorio tagliato, le labbra vermiglie come fragole e lamponi di Moena,e tutto il volto dove si incastonavano gli occhi neri che balenavano scintille di gioia e voluttà nel deprimente mortorio di via Nazario Sauro.
Come le fui vicino accostando la mia faccia alla sua, disse: “Gianni, sei bello!”
“Tu sei bella davvero” ribattei- io tuttalpiù sono un lepido moretto. Tu qua dentro sei un segno del cielo e della fiorita stagione. Ti amo quanto la luce del sole che è il primo fra tutti gli dèi da adorare”
Dette queste parole diedi un’occhiata all’ambiente che ci attorniava: i docenti uscivano dalle classi con aria stanca, il preside gironzolava maligno, i bidelli sgridavano i ragazzi troppo rumorosi che lasciavano cadere sul pavimento pezzetti di pizza o di carta unta. Lì dentro sarei stato annoiato e  depresso, magari pure ingrassato, canuto o calvo e malato se non mi avesse illuminato e incielato la luce di Ifigenia.
Questa annunciazione di gioia  mi fece pensare che  il prossimo mese di Debrecen non sarebbe bastato a intorbidare lo splendore con cui Ifigenia da mesi  mi illuminava la mente e la vita . In quel momento pensavo che la nostra meravigliosa intesa avrebbe superato la prova della separazione estiva con le sue tentazioni pressanti. Invece quel raggio divino, la luce più bella discesa dal cielo non riuscì a superare l’estate e si oscurò, si spense ancora prima che calassero invidiose le brume.
 
Bologna 11 dicembre 2923 ore 11, 49 
giovanni ghiselli
 
p. s.
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L’editore mi informa che a quanti mi chiedono come si trovi il mio libro Tre amori a Debrecen  devo dire che lo si può ordinare attraverso Amazon.it o Mondadori Euroservizi.
Relata refero senza capirci niente.
Comunque se si cerca nel mio blog, molte parti, sebbene meno ordinate e curate, si trovano anche lì. Lo manderei gratis a tutti nella forma definitiva ma farei un torto all’editore che ha messo i soldi suoi per pubblicarlo. 
Saluti 
gianni.

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