venerdì 8 dicembre 2023

Ifigenia LXXXIX. Il vecchio arcicialtrone

A. Feuerbach, Iphigenie (1862)
Nel maggio odoroso,
  il cielo era solcato  da voli di creature liete: gli uccelli tutti contenti e gli insetti dal ronzio festoso, almeno finché non venivano mangiati dalle rondini o altri pennuti, e noi due facemmo l’amore 73 volte nel nostro grande letto.
Diverse volte in quel mese benedetto dal Sole ci sdraiammo per  concubiti stravaganti  durante le passeggiate sui colli coperti di nuova vegetazione già folta che ci servì da talamo accogliente e profumato. Erba e fior ricoperti dalla sua gonna leggiadra.  C’era pure l’angelico seno. Profumava anche lui-
 Per farlo con tanta frequenza e tanto ardore, doveva esserci un buon accordo anche mentale. Non c’era il molosso nequiquam che Lucrezio mette accanto all’amore, un invano che vuole annientare la gioia perché fa provenire l’angoscia  dalla sorgente dei piaceri  e pure in mezzo ai fiori.
Noi due non avevamo l’angoscia, tutt’altro, però dopo la razione ridondante di questo mese da atleti del sesso si cominciava a sentire la voglia di altre esperienze in comune oltre il talamo, la scuola e l’acquattarci sull’erba tra i cespugli come passeri o fringuelli o altri volatili allegri.
 L’argomento scuola, scolari e colleghi cominciava a diventare stucchevole; le camminate erano sane ma ci portavano sempre nei medesimi luoghi per ritrovare i nostri talami erbosi e occultati agli sguardi maliziosi o malevoli.
I nostri tempi  non ci consentivano di viaggiare  e il sesso era meraviglioso ma aveva bisogno di nuovi argomenti.
 
Un pomeriggio vennero a trovarmi due amici di Debrecen: il povero Alfredo con Fausto. Una visita inaspettata e gradita. Si parlò delle belle estati passate insieme nell’Università della cittadina magiara. Ricordavamo con qualche rimpianto le conversazioni, le baldorie, gli scherzi delle notti d’estate quando la vita era facile come cantava Elena. Non potei non rammentarlo. Quindi gli amori, le amicizie, le gare di vario tipo, insomma gli episodi più socievoli e simpatici delle vacanze ungheresi. Parlandone ci sentivamo ancora ragazzi, quasi dei “citti” nonostante Fausto avesse trent’anni compiuti, io trantaquatto e mezzo e Alfredo quaranta. Ma non eravamo  ancora pronti a rinunciare alla gioventù spensierata, anche un poco cialtrona.
Appunto “ che fratello cialtrone!” esclamo mia sorella quando nel 1974 mi rivelò che era incinta e le dissi che Päivi  aspettava una bambina da me però io non mi sentivo abbastanza maturo per fare quel passo supremo. Un po’ come si dice per allontanare la morte.
“Cialtrone?” Obiettai. “Sì - rincarò - cialtrone sì e arcicialtrone impunito”.
La mia cialtroneria relativa di quando ero appena trentenne è confermata dal fatto che oggi talora sogno che quella bambina sia nata e che mi venga a cercare, ora che la creatura mancata avrebbe quasi cinquanta anni e io quasi ottanta. Alfredo intanto è morto e mi dispiace, Fausto non so, Päivi è viva ma peggiorata. Più di me. Amen.
 
Bologna 8 dicembre 2023 ore 12, 19 
giovanni ghiselli

p. s.
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