martedì 25 giugno 2024

Ancora su Santo Giovanni, l’onesto Giovanni.


 

Il giorno dell’onesto Giovanni,  il Precursore di Cristo  che di lui disse: “non surrexit inter natos mulierum maior Ioanne Baptista (N. T., Matteo, 11, 11), il Battista che apostrofava molti tra Farisei e Sadducei con: “Progenies viperarum” (3, 7), ebbene ogni 24 giugno sento il dovere di rendere onore a questo magnifico profeta il cui nome ispirò mia madre Luisa la quale ripetè risoluta a quanti proponevano altri nomi inappropriati a suo figlio, le parole sante dette da Elisabetta a chi andò a circoncidere il bambino di otto giorni e voleva venisse chiamato come il padre di lui Zaccaria : “Nequaquam sed vocabitur Ioannes” ( N. T., Luca, I, 60).

In greco: “Oujciv, ajlla; klhqhvsetai  jIwavnne~

A ogni onomastico mi domando: “sono io veramente Giovanni?” Ho la grazia di Dio? Merito questo nome?

Più procedo nella vita più lo credo. Ho avuto grazie da Dio in tutti i  campi dove ho impiegato e ancora impiego i talenti ricevuti.

Questo è il ringraziamento del 25  giugno 2024 giugno a Dio, ai miei genitori e a tutti i miei consanguinei.

 

  giovanni.

 

Ifigenia CCXIX. “Dunque in giardin verrai?" / "Se piace a voi, verrò”.


 

Tornai a casa contento. Potevo dare un nuovo stimolo alla mia vita con un’altra collega e amante. La mia lista deve aumentare ancora,  cantavo pedalando scaldato dall’aria di giugno  e dal fervore interno. “Sono in vista le nozze? mi domandai. Invece di rispondere mi diedi a cantare un duetto che ricordavo da Le nozze di Figaro:

 “Crudel! Perché finora

farmi languir così?

 

Signor, la donna ognora

tempo ha di dir di sì

 

Dunque al Baumann verrai?

 

Se piace a voi, verrò

 

E non mi mancherai?

 

No, non vi mancherò

 

Verrai?

 

 

Non mancherai?

 

No

 

Dunque verrai?

 

No!

 

No?

 

Se piace a voi verrò

 

Mi sento dal contento

pieno di gioia il cor

 

Il cuore era contento ma il mio ceffo accusava dei dubbi con un ghigno nervoso.

 

Alle 18 e 45 ero già al campo sportivo. Il sole era ancora al di sopra degli alberi posti sul lato ovest del Baumann sicché nell’attesa della bella potevo abbronzarmi. Mi tolsi la maglietta e rimasi in calzoncini e le scarpe da corsa. Quasi come Lady Chatterly che fugge inseguita da Mellors. I due sono nudi ma lei dopo essersi spogliata  si era messa di nuovo le scarpe di gomma. Non era dunque una ninfa ma una donna svestita

Io allora ero un satiro nudo ma un uomo poco vestito.

 Le gambe mie erano di ossatura sottile e muscolatura potente. “Un fisico fatto per correre i 5000 metri, scalare lo Stelvio e amare le donne”, mi compiacqui. Hinault quel giorno aveva stracciato Battaglin. Alle 19 e 15 la graziosa non era arrivata. “Scorretta però questa  deliziosa signorina” pensai.

“Ora corro i 5000 che devo a me stesso,  poi vado a cercare Ifigenia”. Lucia era in ritardo con tutto che mi aveva chiesto di anticipare l’ora da me  proposta.

Mi venne un dubbio:“Che sia peggiore di quell’altra? Il tempo rivelerà qual è la più ingiusta”

Senza indugiare, iniziai la mia gara a cronometro. Andavo  discretamente: potevo metterci meno di venti minuti: per fare metà del percorso avevo impiegato nove minuti e cinquantaquattro secondi. Dunque non dovevo mollare. Nemmeno Lucia, se arrivava. Se no c’era quell’altra oppure ritrovavo una delle smarrite per strada. Poco dopo, a meno duemila metri dalla conclusione della mia prova, Lucia arrivò. Ricordai che da militare ero arrivato secondo dietro un calciatore professionista in una gara di duemila metri appunto ed ero entrato nella compagnia atleti per un po’ di tempo.

Lucia si era appostata sulla linea di arrivo e mi incoraggiava. Terminai in 19 minuti e 35 secondi. La deliziosa ragazza mi guardava amabilmente e mi faceva i complimenti dovuti. Contraccambiavo i suoi sguardi senza parlare. Lucia indossava una tutta nera aderentissima che le stava bene, snella e pure formosa com’era. Volle provare a correre anche lei: si stancò subito ma anche la fatica le donava:  aveva affinato il  suo viso e reso ancora più grandi gli occhi da attrice cinematografica.

Verso le otto il sole era arrivato alle cime dei pioppi che orlano il campo. Una brezza tiepida, gradevole, muoveva adagio le foglie imbevute di luce. Poteva essere l’ora del corteggiamento, preludio dell’idillio sognato, ma lei se ne andò: aveva un impegno.

Feci un altro giro in bicicletta dandomi del perfetto imbecille, poi tornai a casa. A mezzanotte telefonò Ifigenia dicendo che si era annoiata a Modena con le cugine e che le ero mancato. “Meno male”, pensai.

 

Bologna 25 giugno 2024 ore 18, 29 giovanni ghiselli

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Ifigenia CCXVIII. La tappa del Giro d’Italia sullo Stelvio e Lucia.


 

Dopo l’utima ora dell’ultimo giorno di scuola, dovevo andare in una pizzeria per incontrare i miei allievi e quelli di Lucia con la sua classe. Ifigenia con gli alunni  suoi era altrove. Passeggiavo nel centro di Bologna, la città che mi aveva dato dolori grandi e pure gioie non piccole da quando ci ero arrivato da desolata matricola nell’ottobre del 1963.

Le strade erano rallegrate da studenti che festeggiavano la liberazione. Mi comunicavano la loro contentezza. La prospettiva dell’estate con il tempo libero per lo studio, l’abbronzatura e lo sport rendeva allegro anche me.  Erano finiti i consigli di classe, i collegi dei docenti e altre noie del genere.

Quel pomeriggio il Giro d’italia avrebbe affrontato lo Stelvio: su per l’attorcigliata salita dovevano contendersi il primato Hinault e Battaglin di Marostica al quale i miei alunni della limitrofa Carmignano avevano detto che il loro professore di lettere era capace di batterlo in salita. L’atleta rispose che dovevo “almanco” provarci. Allora mi diedi ad allenarmi su per i tornanti del monte Grappa partendo da Ezzelino dove il caro Danilo mi incoraggiava con ebbro ottimismo.

La sfida non si realizzò perché Battaglin doveva fronteggiare avversari ben più degni di lui, davvero competitivi.

Mangiata la pizza dunque,  mi stavo muovendo per andare a vedere  l’agone ciclistico trasmesso dalla televisione. Mi interessava molto perché avevo i miei tempi da confrontare con quelli dei campioni: 1 ora e 45 da Bormio al passo dello Stelvio; 1 ora e 58 da Prato. Tempi non lontani da quelli dei professionisti non i più egregi  nelle salite a dire il vero. Ma loro erano più giovani di me e non facevano altro nella vita. Coppi, il mio idolo ciclistico, quando aveva la mia età di allora, sui trentacinque anni, diceva: “Sento che perdo potenza”. Avevo oramai un’età decadente per un ciclista.

Salutai gli allievi e chiesi loro se volevano venire a correre verso sera. Risposero che faceva troppo caldo per loro.

Mi venne in mente che i ragazzini di Carmignano mi apostrofavano con “marochin!” quando li facevo arrabbiare. Ero più scuro di loro in effetti.

Mentre andavo a recuperare la bici, mi raggiunse Lucia dicendo che lei sarebbe venuta al campo sportivo da sola.

Trattenni l’emozione e dissi: “Bene, ti aspetto verso le otto”

“Ti prego- fece lei allora- facciamo le sette: alle 8 e mezzo mi aspettano a casa”.

“Chissà chi è che le fa fretta” mi domandai mentre la vana emozione si raffreddava.

“Alle sei e cinquanta sarò al Baumann” risposi contrariato.

Temevo di non poter seguire il “Processo alla tappa” fino alla conclusione. In fondo quell’agone mi stava a cuore non meno di Lucia

Comunque volevo sfruttare l’occasione di rinnovamento che la bella collega, spesso desiderata, mi offriva. Nelle ultime ore Ifigenia mi aveva annoiato.

Bologna 25 giugno 2024 ore 11, 50 giovanni ghiselli

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lunedì 24 giugno 2024

Santo Giovanni 2024. Un dubbio teologico risolto.


 

Intorno alle 18 mia sorella mi ha scritto: “Bravo Giovanni: fai onore al tuo nome!”

Di solito esco solo intorno alle 20, dopo avere lavorato, ma all’improvviso la mia mente è stata occupata da un dubbio: ho reso onore al santo da cui prendo il nome?. Oggi sono salito in bicicletta sulla Croara fino al tempio, divo Giovanni tuo?

Non, non ci ero stato perché durante la mia ora d’aria pioveva.

Alle 18, 30 però c’era  soltanto una minaccia di pioggia.

Mi perdonerà il Precursore di Cristo, l’ eponimo mio se non ci vado?

Sto forse usurpando il suo nome?

Mi sono risposto: “temo di sì”. Avevo paura che non avrebbe potuto scusarmi, né io stesso mi sarei mai discolpato. Sicché ho indossato una tuta impermeabile, ho preso la bici e mi sono avviato. Alla seconda pedalata però è saltata la catena. Nuovo dubbio: che segno è?

Ho risposto così : “ Se riesco a metterla a posto, devo andare, altrimenti Giovanni mi giustifica”. Qualche giorno fa l’operazione non  mi era riuscita con un’altra bicicletta tuttora ferma. Questa volta l’ho rimessa subito a posto. Non avevo più dubbi e sono partito.

Credevo che avrei faticato molto perché dopo tanti giorni di pioggia sono  poco allenato per una salita dura di cinque chilometri. Invece l’ho fatta benino e non è piovuto. Giovanni mi voleva, mi voleva bene.

Quando fui arrivato, tutto contento, ho ricordato e recitato questi versi

Ben posso dire: “Io ho fermo il disio

sì a colui che volle viver solo

e che per salti fu tratto al martiro

ch’io non conosco il pescator né Polo”.

Bologna 24 giugno 2024 ore 20, 59

Ora guarderò la partita di calcio Italia-Croazia.

Non faccio il tifo: lascio fare all’ onesto Giovanni che farà vincere chi se lo merita.

Saluti e baci

giovanni peccator detto gianni

 

 

Ifigenia CCXVII. La felicità degli ultimi giorni di scuola


Il 31 maggio corsi i 5000 metri in 19 minuti e 49 secondi sciogliendo il voto. Poco dopo arrivammo all’ultimo giorno di scuola agognato e festeggiato sempre: fin dalla prima elementare alle Carducci di Pesaro. Anche quella mattina del giugno 1980 ero contento. Mi venne in mente l’ultimo giorno della prima liceo. Erano passati diciannove anni da allora. C’era stata la lectio brevis. Più avanti mi sarei accorto che tutta la vita di noi mortali è breve, per quanto longevi si possa essere. Ma da adolescente, quando teminava l’anno scolastico nel liceo Terenzio Mamiani di Pesaro ero  tutto contento. Avevo dovuto studiare molto per ricevere la pagella più egregia con i voti più alti. Soprattutto le materie che non mi piacevano, quelle dei numeri e delle formule, dovevo studiare per prendere buoni voti anche lì. Non volevo scendere sotto la media dell’otto che in quel tempo era eccezionale in un liceo classico. Dovevo dare la precedenza alla congerie di nozioni che potevo afferrare solo con la memoria siccome non colpivano il mio sentimento e non diventavano immagini da elaborare con il pensiero e la fantasia.  Ci mettevo più tempo a impararle. Uno studio solo mnemonico e assolutamente brutale. Carta da memoria poi da gabinetto erano le pagine prive di idèe che fanno pensare. Ero tagliato proprio per il liceo classico com’era allora quando la materia principale, quella che faceva la selezione, era il greco come lingua, letteratura, storia politica e filosofia, Poi ero fatto per la corsa e la bicicletta. Ai primi di giugno avevo davanti tre mesi per fare solo le cose per cui ero portato: le lettere e la bicicletta. Prendevo accordi con gli amici riguardo alle nostre imprese ciclistiche. Durante l’anno scolastico il tempo concesso dallo studio a qualsiasi altra attività era poco ma qualche giro breve potevo consentirmelo magari aggravato da indumenti pesanti che nelle salite si bagnavano di sudore e in disceva si ghiacciavano gelandomi il sangue.  Senza contare che mi rimordeva assai trascurare lo studio.

Da giugno a settembre invece si poteva pedalare seminudi su per i tornanti del San Bartolo fino a Gabicce monte o verso l’interno fino a Tavullia, Montegridolfo, Saludecio, il Tavolo dove da bambino mi portavano per le battiture del grano, l’amico grano che nasce, viene tagliato, seminato e risorge, quale immagine della vita umana.

La strada preferita dai nosti giri ciclistici era la panoramica del colle San Bartolo. Pecorrendola tutta si poteva vedere ogni cosa come prometteva il suo nome: il mare, la costa marchigiana e la romagnola, i monti dell’Appennino fino alla Carpegna, la valle del Foglia e il cielo pieno di luce e di voli. Nel pedalare mi piaceva lasciare indietro gli amici e osservare la distesa marina striata di scie spumeggianti, screziata da vele multicolori, punteggiata da mosconi celesti, cinta dalla spiaggia variopinta di ombrelloni e capanni. Ogni tanto mi fermavo ad aspettare gli altri ed ero felice.

 

  Bologna 24 giugno 2024 ore 18, 13 giovanni ghiselli

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Ifigenia CCXVI. La gara di corsa con gli allievi. "Paris, Texas" di Wim Wenders

Win Wenders a Bologna
Verso la metà di maggio gareggiai con gli allievi maschi nel campo sportivo Baumann di Bologna. Erano le sette di una bella sera dall’aria piema di profumi  e di voli. Ci togliemmo le tute, rimanemmo in calzoncini leggeri, maglie di cotone, scarpe di gomma, facemmo un giri di riscaldamento, poi partimmo. Ero felice di avere provocato tale situazione classica nei fatti dopo avere spiegato Pindaro che celebra
gli agoni negli stadi
 dove gareggia velocità di piedi tacuta;~ podw`n ejrivzetai-
e vertici ardimentosi di forza;
e il vincitore per il resto della vita loipo;n ajmfi; bivoton-
ha una dolce serenità (Olimpica I, Strofe 4).
 
Nella nostra corsa c’era l’idea che la cultura deve farsi prassi e potenziare la persona non solo nella mente ma anche nel carattere e nel corpo.
Ifigenia assisteva, prendeva i tempi e mi incoraggiava ad ogni passaggio. Dovevamo percorrere i 400 metri della pista per 12 volte e mezzo: 5000 metri in tutto. Gli allievi sedicenni invero erano meno allenati di me e dopo un paio di giri cedettero tutti tranne Ferrari che aveva i muscoli e il fiato esercitati nella pallacanestro. Correva dietro di me. Mi seguiva come un’ombra. Ero partito veloce cercando di imporre subito un ritmo elevato poiché nella corsa, come nella vita, mi manca lo scatto e non posso vincere lottando negli ultimi metri con antagonisti che non vi siano giunti stremati. Devo arrivare in fondo meno disfatto degli antagonisti. In tutte le mie attività ho più resistenza che scatto. Staccati gli altri dunque, il giocatore di pallacanestro dalle gambe molto più lunghe delle mie mi era rimasto attaccato alla schiena incutendomi nervosismo e paura di essere superato negli ultimi metri mente il grido di vittoria si strozzava nella gola di Ifigenia. Quando mancavano cinque giri, 2000 metri, ed eravamo oltre la metà della gara, Ifigenia che conosceva le mie tattiche e le forze di cui disponevo, mi gridò che dovevo accelerare pima che fosse tardi. Allora sentìi di essere come Odisseo o Diomede sospinto da Pallade Atena o cercai di alzare il ritmo. Mentre aumentavo la frequenza dei passi con cautela e calcoli davvero odissiaci per non restare senza forze né fiato, sentivo il respiro del rivale affrettarsi, accorciarsi, farsi rauco, scomporsi.


Ne fui incoraggiato e alzai ancora il ritmo spremendo gran parte delle energie residue per provocare il crollo dell’avversario che  infatti cominciò a respirare con sibili mozzi, poi perse un metro, poi cinque, e infine non si sentì più per niente. Si era fermato. Come passai di nuovo davanti al traguardo la dea mi fece un sorriso di approvazione. Glielo contraccambiai e terminai la gara senza sfiatarmi in 20 minuti e 12 secondi. Promisi a me stesso che sarei sceso sotto i 20 minuti entro maggio e sotto i 19 nello stadio di Debrecen prima di ferragosto. Dopo la gara chiesi ai ragazzi di allenarsi per sfidarmi di nuovo e cercare di battermi.
Quindi passai una bella serata di festa e di amore con Ifigenia.
 
Ieri sera sono andato a rivedere  Paris, Texas. C’era anche Wenders, il regista del 1945 che ha parlato di questo suo film del 1984.
Ho nominato Wim Wenders come uno dei miei modelli in un capitolo precedente che racconta l’estate del 1979 quando lui e io eravamo molto più giovane. Wenders era già un maestro, un modello perme. Un uomo bello, fine, laborioso e geniale.  Ci sono riuscito? Credo di sì anche se non ho la sua rinomanza.
Il film in questione racconta la storia di un amore troppo bello, felice e intenso perché potesse durare a lungo. Una storia simile alle mie con Helena, Kaisa, Päivi, Ifigenia e qualche altra. Quando lo vidi la prima volta, la ferita dell’ultimo amore fallito non si era ancora cicatrizzata e rimasi molto colpito. Ieri mi sono commosso di nuovo anche vedendo nella bella vecchiaia del regista ben vissuto e ancora ben vivo qualche similitudine con la mia. Wenders ha ancora tanti progetti. Anche io che pure sono nato otto mesi prima di lui.

Saluti a tutti
Bologna 24 giugno 1924 Santo Giovanni

domenica 23 giugno 2024

Ifigenia CCXV La notte romana. La trasfigurazione di Raffaello. Il ritorno.


 

Dopo la cena con l’onesto collega e amico Giovanni, noi due ci separammo dagli altri e andammo a casa di Antonella, l’amica romana dell’estate di Päivi, vissuta quasi sei anni prima. Nella vita alcune cose e persone ritornano. Ricordammo in particolare il bagno nel Danubio del 25 agosto 1974 e le parole che le scrissi in settembre quando rimasi solo nel collegio universitario da dove la mia compagna era partita per andare lontano, oltre il circolo polare ad abortire la figlia nostra.

Il  romano marito dell’amica mi sembrò un crapulone: mangiava e beveva con gusto, senza porsi problemi di linea né di salute. Quindi fumava dei lunghi sigari sempre con l’aria di chi nella vita è arrivato dove voleva.

Infatti a un certo punto mi fece: “Vedi? Didici esse felix. E tu?”

Dedidici non esse infelix. Mi basta”.

Quando fummo soli, Ifigenia disse che quell’uomo le aveva fatto venire in mente il “globo di continenti peccaminosi” incarnato da Falstaff . La citazione mi piacque. Ifigenia quando ricordava le frasi belle mi eccitava, sicché godemmo con voluttà raffinata, erudito luxu, nel talamo offertoci dagli ospiti 

Dovemmo del resto alzarci assai presto per arrivare nell’alberghetto vicino alla fontana di Trevi dove eravamo alloggiati prima che si notasse la nostra assenza durante la colazione. L’ottimo Giovanni ci avrebbe coperto ma non poteva farlo oltre le nove.

Dopo la colazione non priva di sorrisi, Ifigenia portò alcuni studenti a vedere Cinecittà, me ntre io accompagnai la mia classe ai Musei Vaticani dove volli commentare La trasfigurazione di Raffaello Urbinate avvandomi dell’intepretazione datane da Nietzsche.

Il fanciullo ossesso nella parte bassa del quadro raffigura il terrore del caos con la distruttiva sapienza silenica, Cristo ascendente  è Apollo che con la bellezza giustifica la vita.

La nascita della tragedia aveva inaugurato il   mio stile di insegnante filologo e filosofo e da allora avevo continuato a dare grande importanza al maestro tedesco. Anche nel lavoro c’è un ritorno periodico di certi eventi significativi e capitali.

Durante il viaggio di ritorno in treno le due belle supplenti erano sedute davanti a me. Le osservavo con attenzione e le confrontavo. Ifigenia era più grande, più mora, più bella di corpo; Lucia era più fine e più luminosa nel volto. Aveva gli occhi più grandi: e capaci di luce. In quel momento mi piaceva di più. Mi sembrava più simile a me e alla mia stirpe. Ifigenia se ne accorse con sofferenza e cominciò ad agitarsi: scalpitava con le caviglie snelle e i polpacci torniti. Pensai che Ifigenia mi aveva dato comunque molto di più e doveva ricevere molto più di quell’altra.

 Come la sera di Helena e Josiane quasi nove anni prima, nell’agosto del 1971. Le stesse situazioni ritornano. Helena non poteva essere la donna da amare a lungo, però il mese passato felicemente con lei mi aveva aperto la via ad altri amori e altre esperienze buone; probabilmente anche l’ amore con Ifigenia non sarebbe durato degli anni, tuttavia noi due avevamo ancora qualcosa da infonderci a vicenda: altro amore carnale e spirituale per progredire ciascuno verso la propria meta.

 

Bologna 23 giugno 2024 ore 19, 14 giovanni ghiselli  

 

p. s.

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L’ invenzione della scrittura alfabetica.


 

Il mito nella tragedia

Nel Prometeo incatenato du Eschilo il protagonista eponimo  rivendica, tra le altre  invenzioni sue, quelle dei numeri e delle lettere “kai;  me;n  ajriqmovn, e{xocon sofismavtwn,-   jexeuvron aujtoi`~, grammavtwn te sunqevsei~-, mnhvmhn ajpavntwn, mousomhvtor j ejrgavthn- (459- 461)

E ho trovato per loro il numero, egregia tra le scoperte, e le combinazioni delle lettere, memoria di ogni cosa, operosa madre delle muse.

 

La storia

Erodoto scrive che i Fenici venuti con Cadmo  ad abitare la Beozia polla; ejshvgagon didaskavlia ej~ tou;~  {Ellhna~ kai;  de; kai; gravmmata (V, 58, 1), introdussero molte cognizioni e in particolare  l’alfabeto.

 

 

La fenicia Tiro era antica, fondata da Agenore, e la sua gente fu la prima ad insegnare o imparare l’alfabeto ( haec gens litteras prima aut docuit aut didicit , Curzio Rufo, IV, 4, 19).

 Colonie di origine fenicia: Tebe in Beozia, Cartagine e Cadice.

 

 

Tacito  ricorda che gli Egizi attribuiscono a se stessi l’invenzione dell’alfabeto successivo ai geroglifici, ma poi furono i Fenici potenti sul mare a rivendicare questa invenzione (Annales, XI, 14)

 

Bologna 23 giugno 2024 ore 16, 40 giovanni ghiselli.

 

Sono altrettanti sacrilegi i sacrifici umani perpetrati nelle guerre, sul lavoro, sulle strade, nelle case.


 

Sacrilegium verius quam sacrum” (Curzio Rufo, IV, 3, 23)

 

Credo che gli innumerevoli massacri  di militari e civili-bambine, bambini, donne e uomini- praticati soprattutto ma non solo durante le guerre, sempre più spesso dopo la seconda mondiale, non siano sacrifici ma sacrilegi-sacrilegia verius quam sacra.

Curzio Rufo  commenta scrivendo: “ quod equidem dis minime cordi esse crediderim”.

  Anche io non posso credere che agli dèi siano graditi tali crimini, eppure le propagande imposte dai massacratori gistificano siffatte empità come se fossero opere buone, opere di bene..

 

Bologna 23 giugno 2024 ore 10, 54 giovanni ghiselli

 

p. s.

Sabato prossimo sarò al Festival dei filosofi lungo l’Oglio  per tenere una lectio magistralis sul Desiderio di umanesimo di cui soffriamo la mancanza in molti.

 Le mie lezioni precedenti tenute in questo festival nel 2012 la prima,  poi dal 2020 ogni anno si trovano filmate in You-Tube.

 

 

sabato 22 giugno 2024

Ifigenia CCXIV La gita scolastica. L’indomito Titano.


 

Il mese di marzo fu vario. Ifigenia venne chiamata per un’altra supplenza dopo la pausa invernale. Nell’ultima settimana c’era la gita scolastica a Roma e le nostre classi vennero abbinate forse per significare che dovevamo metterci in grazia di Dio in quanto già di fatto accoppiati. I vescovi mandati nella Bologna rossa all’epoca erano reazionari.

C’erano anche altri colleghi: Giovanni Botta di Filosofia e Lucia con i loro allievi.

Il giorno prima della partenza andai nella segreteria per firmare dei fogli. Mentre entravo, udìi una collega anziana che gridava: “Nel nostro liceo succede l’inaudito! Davvero quel pestifero professore andrà in gita scolastica con due colleghe giovani e belle, come se non gliene bastasse una?”

Poi si voltò e mi vide. Quindi abbassata la voce ripetè la domanda  un poco edulcorata: “davvero professore andrà a Roma con quelle due signorine belle?”

“Sì e con tante signorine studentesse carine, diversi studenti maschi carini anche loro, e il professor Botta, un amico”.

Allora assunse il tono della celia e fece: “ Si dice che lei abbia venduto l’anima al diavolo, ma io non ci credo”.

“Fa bene, cara collega: non posso vedere l’anima perché non ce l’ho!”

Rimase un attimo perplessa poi rincarò lo scherzo volgendolo al demenziale: “Vado a Roma, cuccurucù, vieni anche tu!”

“Facciamo finta di niente”, pensai, e dissi:

“Ma sì venga anche lei, squisita collega: a Roma c’è da divertirsi un bel po’”.

Ricordo una visione che mi ha impressionato. Ero seduto con Ifigenia sul bordo di una fontana poco prima dell’ora di cena. S’era fatta una passeggiata per suscitare l’appetito e meritarci un secondo di pesce, senza patate né pane. Eravamo entrambi molto attenti alla linea, contenti e fieri di essere snelli.

Guardavamo le ultime luci del giorno languide ma ancora tiepide. L’aria era piena di voli e di suoni. La primavera in quel tempo arrivava.

 A un tratto vedemmo il collega di filosofia che avanzava verso di noi. Questo era un uomo ancora giovane il quale camminava con passi di danza, non per vezzo o per posa ma per una menomazione congenita. Era un ottimo professore e gli volevamo bene. Giovanni dunque ogni tre metri si piegava a sinistra, come se fosse stato colpito da un plotone  di esecuzione, ma poi si raddrizzava di scatto con un’energia da titano, quindi procedeva nel suo travaglioso cammino. Fino alla successiva fucilazione. Era a modo suo ballerino.

Prima che lui mi sentisse, dissi a Ifigenia che mi sembrava un eroe tragico in lotta con un destino implacabile eppure incapace di averla vita su tale indomita tempra.

Inoltre pensai che in quel momento poteva simboleggiare il nostro rapporto che vacillava scosso da venti, da onde, da terremoti intermittenti e pure frequenti.

Quando Giovanni fu giunto gli chiedemmo di andare a cena insieme e di sedere a tavola con noi.

 

Bologna 22 giugno 20224 otre 18, 12 giovanni ghiselli

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Le parole invece delle armi.


 

Vorrei sottoporre questo racconto di Plutarco ai presunti grandi della Terra che fanno o preparano le guerre.

Propongo che  gareggino tra loro o si bastonino a vicenda invece di mandare i giovani militari a morire e di bombardare i civili: donne, infanti e uomini.

 

Pirro, il re dell’Epiro bramava l’azione e rispose alla chiamata dei Tarantini contro i Romani (280 a. C.)

Alla sua corte viveva Cinea che era stato allievo di Demostene ed era molto stimato dal re stesso per la sua eloquenza.

 Questo saggio  nei suoi discorsi confermava quanto dice Polinice a Giocasta a proposito del fratello Eteocle  nelle Fenicie di Euripide: “non doveva cercare di risolvere il contrasto con le armi, la parola può annientare ogni ostacolo: pa`n ga;r ejxairei` lovgo~- (515-516).

 L’oratore dunque domandò al re quali piani avesse, e Pirro rispose che voleva conquistare prima l’Italia, poi la Sicilia, poi la Libia e Cartagine. “E quando avrai conquistato tutto il mondo?-domandò Cinea- che cosa faremo?”

 Pirro si mise a   ridere e rispose che si sarebbero riposati, e se la sarebbero spassata ubriacandosi e parlando tra loro.

Allora Cinea obiettò: “ perché non lo facciamo subito? Che cosa ci manca?”

Ma questa replica infastidì Pirro (Plutarco, Vita di Pirro, 14).

Spero che i pacifisti ricordino queste parole e qualche volte le utilizzino aggupiungendole a slogan già  consunti.

Bologna 22 giugno 2024 ore 11, 38 giovanni ghiselli

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Ifigenia CCXIII. Il sorriso dopo le lacrime. Ifigenia dopo Helena

a.

 

Feci un rapido calcolo dei vantaggi e delle perdite di entrambi, poi dissi: “No, non lasciarmi: io ho aspettato te per tanti anni e ti amo. Tutto quanto faccio di buono è fatto per te: quando studio cerco argomenti da sviluppare parlando con te, quando corro, penso che il fisico mio deve essere al suo meglio per non essere del tutto indegno del tuo; nell’espormi al sole tento di raccogliere luce sul volto e colore nel corpo per impedire che il divario tra i nostri aspetti diventi stridente e faccia scalpore. Per venire alla scena del film che ti ha fatto piangere, certamente mi adopero parecchio per piacere anche ad altre persone: gli allievi e pure acuni colleghi: voglio mantenere alta la mia reputazione di ottimo professore poiché devo tornare a insegnare letteratura al triennio. Se rimarrò troppo a lungo nel ginnasio, una palestra di grammatica,  più che altro, perderò le competenze e le capacità acquisite in tre anni di studio appassionato e indefesso che ho intrapreso per tradurre con precisione e commentare con intelligenza sapiente i testi degli autori ottimi, i più eleganti e più educativi. Il lavoro che ha attirato tante persone, te compresa, mentre ha creato invidia in altre. Non vorrei che la pena subentrasse all’invidia. Devo tornare intanto al liceo, poi magari passare con qualche incarico all’Università. Anche lì quando ero studente ho incontrato docenti che valevano poco e davano poco o niente ai discenti. Con la forza e la passione che metto nello studio posso educare tanti giovani desiderosi e capaci di imparare. E vorrei anche arrivare a scrivere dopo avere studiato altri testi buoni e acquisito uno stile mio. Tu potrai aiutarmi in questo, se vorrai seguitare a essere la mia Musa”.

Ifigenia  sentì e capì che parlavo sul serio: sorrise, mi prese la mano destra e disse: “gianni: io adesso sono molto felice”.

“Anche io, grazie a te”.

Mi venne in mente l’alba di un agosto lontano, quando mi scusai con Helena dopo avere capito che le stavo facendo del male, e pure lei tornò a sorridermi dopo le lacrime.

p. s.

Ieri sera sono andato al cinema in piazza Maggiore a rivedere Amadeus dalle 10 a venti all’una di notte, digiuno.

Mi sono commosso fino alle lacrime nel vedere la vita di un genio, nel sentire la musica che ho sempre ritenuto una voce di Dio.

Ho voluto rivederlo per confermare la mia volontà di scrivere e da educatore di persone che mi ascoltano diventare il maestro di un popolo, anzi di popoli. Sono già su questa strada.

 

Bologna 22 giugno 2024 giovanni ghiselli ore 10, 44

 

p. s.

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venerdì 21 giugno 2024

Ifigenia CCXII. Tess: film e romanzo presenti nelle nostre vite

Qualche giorno più avanti nel corso di questa fuga del tempo andammo a vedere Tess, un bel film di Polanski tratto dal bel romanzo di Thomas Hardy.

A un certo punto il ragazzo studioso Angel aiuta quattro ragazze a superare una pozzanghera ma è evidente che innamorato di  Tess.

 Quando è la volta di prendere in braccio l’amata, mormora: “Tre Lie per ottenere una Rachele”Three Lehas to get one Rachel” (cap. XXIII).

Io, quasi senza volerlo, sussurrai: “ Fa tutto soltanto per Tess”.

Ifigenia, non a torto, prese queste parole come una confessione del mio interesse preponderante per Lucia e si mise a piangere.

Poi disse: “ la nostra storia finisce oggi  com’è cominciata: citando Tess. Uno dei primi giorni mi mi prendesti una mano e mi accarezzasti le dita, poi mi domandasti: “quali sono le mie e quali le tue?”. Ti risposi: “sono tutte tue, they are all yours”.

Confesso che era una scena del mio repertorio amoroso imparata dal romanzo di Hardy, impiegata con almeno una delle finlandesi e insegnata a Ifigenia. Faceva effetto sulle donne migliori

“Tu allora mi dicesti che io ero la tua borsa di studio più bella e la più preziosa di tutte”.

“Sei ancora la mia borsa di studio più bella”, le risposi in fretta. Volevo vedere il film in pace e rimandai le spiegazioni all’uscita dal cinema. Finito il film, decisi che era necessario un chiarimento e la invitai a casa mia. Non ci stendemmo nel grande letto però, nè  sul divano dello studio come si faceva quando ci amavamo e volevamo fare l’amore, e non c’era bisogno di spiegazioni.

Ifigenia aveva il viso ancora segnato da pianto e mi piaceva di nuovo: come se si fosse tolta la maschera inespressiva che si metteva in faccia per non farmi vedere i suoi sentimenti  e le sue intenzioni occulte.

Come fummo seduti, disse che dovevo dirle se la amavo ancora, se credevo di poter ricevere altri stimoli buoni da lei, o se avessi bisogno di un’altra donna per fare le cose egregie che dovevo a me stesso. Le sembrava che avessi voluto significarle questo secondo corno del suo doloroso dilemma durante il film.

I suoi occhi avevano un’espressione infelice ed era autentica come non la vedevo da tempo: deposta l’aria da mima che la rendeva falsa, volgare e poco attraente, Ifigenia appariva bellissima.

 Mi venne in mente che avremmo potuto ancora aiutarci a vicenda.

Lo dovevo a lei e anche a me stesso. Se l’avessi perduta, avrei subito una degradazione della mia identità, una regressione a tempi lontani e brutti assai. Sicché iniziai a parlarle umanamente e amorosamente, come non facevo da tempo.

Bologna 21 giugno 2022 ore 17, 46 giovanni ghiselli

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Oggi è l’ultimo giorno di luce crescente. Domani inizierà l’autunno quanto a luce. Una volta me ne rattristavo. Ora non più. Sono contento perché sono in grado di fare cose buone in tutte le stagioni. Buone significa che fanno bene a me e sono di aiuto a tante persone.

 

Ecco i miei programmi per i prossimi mesi.

Il 29 giugno sarò a Brescia con Desiderio di umanesimo.

In luglio, se Dio vorrà, come spero, farò un giro ciclistico nel Peloponneso per non cedere ai decenni che passano e renderli non irreparabili.

In agosto sarò a Pesaro pe riprendere a studiare, scrivere, pedalare, nuotare, correre. Non mancherò alle Opere di Rossini.

Il 6 settembre sarò nell’Hotel Alexander  di Pesaro per presentare un percorso su Il mito

Da ottobre a dicembre terrò conferenze nella biblioteca Ginzburg di Bologna.

Da gennaio ad aprile terrò un corso nell’Università Primo Levi di Bologna.

 Cercherò di finire questa favola bella di Ifigenia, quindi la presenterò a qualche editore.

Poi si vedrà. Se l’autunno è vicino la primavera non può essere tanto lontana

Saluti gianni

 

Ifigenia CCXI L’attore famoso.


 

In marzo arrivò al Duse l’attore famoso che un anno e tre mesi più tardi mi avrebbe cambiato la vita.

Non ne rivelerò mai il nome perché non lo merita.

 Di lui, tempo prima, Ifigenia aveva detto che, se fosse venuto a recitare a Bologna, sarebbe andata a cercarlo nel suo camerino o nel suo albergo per chiedergli di fare l’amore.

Poi si era corretta aggiungendo che l’avrebbe fatto se fosse stata libera. “Sei libera” replicai, però era stato ferito e umiliato da tanta improntitudine. Sapevo che era tipa da farlo davvero. Ho sempre presofferto tutto al punto di farci il callo. Anche pregoduto e pregioito a dire il vero. Avrei  constatato che le perdite prima o poi vengono compensate dall’ acquisto di beni migliori.

Andammo dunque a vedere il grande gradasso che con il solito stile da histrio gloriosus  tuonava dal palcoscenico e si sbracciava come un gigante centimane. Recitava sempre se stesso.

Assistevamo muti alla girandola dei gesti titanici e delle grida stentorèe tipiche di questo guitto già parecchio attempato ma ben tenuto insieme e sempre voglioso di fare colpo sul pubblico. Bombardava e affascinava il teatro gremito. Era un pessimo attore monocorde, ma comunque  un bel vecchio e un uomo di successo.

 Ifigenia si scioglieva dalla commozione e alla fine dello spettacolo volle rimanere nel corro degli osannatori finché si spensero tutte le voci e le luci.

Tale attenzione ovviamente non mi sfuggì e non potei non pensare che se non fossi stato presente sarebbe andata a cercarlo. Non era un pensiero assurdo. Etiam male sentire de aliqua haud absurdum est.

La domenica successiva ero a Pesaro dalle pie donne di casa, e Ifigenia tornò al Duse per vedere un’altra volta lo strepitoso strepitante. Dopo lo spettacolo andò a omaggiarlo dieto le quinte, poi mi raccontò di averlo trovato avvolto in un nembo satanico mentre beveva vino e sfotteva pesantemente alcune sue ammiratrici che  gli scodinzolavano intorno.

“Una gran delusione!”, concluse. Pensai che l’illusione caduta fosse quella di potere contattarlo da sola e ottenere il massimo di tutto da lui. Non dico altro. Già ognuno lo sa.

 Io sapevo che le cose più temute avvengono sempre.

 

Bologna 21 giugno 2024 ore 10, 14 giovanni ghiselli.

 

  p. s.

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giovedì 20 giugno 2024

Ifigenia CCX. Il lago di Garda. L’insufficienza.


 

Poco prima delle 17 ero di nuovo alla stazione di Trento. La attendevo, posto che fosse arrivata, con un sorriso non privo di spregio.

Questa volta arrivò, bella e guardata dagli uomini, come al solito. “Però, non è il mio tipo pensai”. Bella assai ma poco fine. Helena, Kaisa e Päivi erano altre persone, altri gevnh, razze spirituali diverse: studiose,  educate, capaci di amare, di parlare e di stare zitte:  amorem amoenitatemque  exercentes [1].

Si scusò dell’errore grossolano: il treno per venire da me partiva dalla stazione occidentale mentre lei lo aspettava in quella centrale.

 

Avevo imparato da Freud che gli atti mancati non sono mai casuali. Ne ero convinto perché l’avevo verificato vivendo. Probabilmente colei voleva andare da tutt’altra parte. Incosciamente si dice, e di fatto il suo Io veniva spesso invaso dall’Es. Né era propensa a bonificare il pantano dell’inconscio, a estendervi la parte cosciente poiché era convinta che l’attore bravo deve assecondare l’istinto.

 

Di questo però non facemmo parola quel giorno. Dissi invece che avevo impiegato benissimo il tempo dell’attesa andando a fare un’altra sciata a Fai della Paganella dove iniziano piste meravigliose che giungono fino ad Andalo. Ifigenia raccontò che aveva parlato con Lucia denominata “la fedelissima”, non sapevo a chi né glielo domandai. Provai comunque un’allegrezza scellerata pensando che quelle due, una già avvelenata dalla voglia di successo, l’altra ancora da scoprire, solidarizzavano sotto l’immagine della mia persona, celebrata in qualche modo da entrambe.

Di fatto nessuna delle due studiava sul serio e volevano fruire dei miei lavori sudati sui libri, fino a quando sarebbe servito.

 Ifigenia poi disse che a Verona era salito sul treno un uomo distinto e l’aveva corteggiata fino a chiederle l’indirizzo: invano. Non feci alcun commento e pensai: “Troppo tardi, ojyev, come dice Dioniso a Cadmo[2], quando occorreva non volevi sapere di riservatezza e rispetto”.

Ci fermammo sul lago di Garda. Non c’era un filo di vento e il Benaco non sorgeva con flutti e fremito marino come favoleggia Virgilio[3].

Non era tempo di favole: fremevo di sdegno e disgusto piuttosto.

La sua faccia era ottusa e inespressiva.

Tornammo a Bologna per tentare un contatto carnale. Come fummo nel letto però, non riuscivo nemmeno a desiderarla con forza. Quella sera lontana, nel talamo grande dove avevamo gridato di piacere e di gioia, nel giaciglio martire cui una volta si era spezzata una gamba incapace di reggeri nostri tripudi sacri e festosi, la sera del primo marzo, dopo una settimana di astinenza, facemmo l’amore una volta sola senza fatica, mentre la seconda avvenne con stento e con sforzo. Dovetti pensare ad altro. Non eravamo arrivati nemmeno alla sufficienza. Spensi la luce. Mi girai verso il muro. Poi lo toccai con un dito. Ifigenia  piangeva.

 

Bologna 20 giugno 2024 ore 10, 54 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Cfr. Plauto, Miles gloriosus, 656, in grado di praticare l’amore e la piacevolezza.

[2] Cfr. Eurioide, Baccanti, 1345

[3] Cfr. Virgilio, Georgica II, 160

Ancora su Santo Giovanni, l’onesto Giovanni.

  Il giorno dell’onesto Giovanni,   il Precursore di Cristo   che di lui disse: “ non surrexit inter natos mulierum maior Ioanne Bapti...