venerdì 10 gennaio 2020

Umano e disumano. Parte 1


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Due disumani: il ciclope Polifemo di Omero e il pescatore di Pinocchio

Anticipo alcune parti della conferenza che terrò nel Liceo classico M. Tondi di San Severo durante la notte di Licei (17 gennaio 2020)

Seguirà il percorso intero

Che cosa è umano
Umano è imparare dal dolore
Impara il vedovo di Alcesti, Admeto che ha chiesto alla moglie di sostituirlo nella morte. Ma, ottenuta la sopravvivenza, soffre la desolazione nella quale è rimasto e dice:"lupro;n diavxw bivoton: a[rti manqavnw", condurrò una vita penosa: ora comprendo (v.940). In seguito, come si sa, gli verrà restituita la compagna dalla possa di Eracle.
Anche Il lunatic king [1] di Shakespeare, re Lear, impara, attraverso le proprie sofferenze, ad ascoltare vedere e compatire le sofferenze degli altri.
 Lear nel dolore scopre i poveri e diviene capace di carità: “Poor naked wretches (…) O, I have ta’en/ too litle care of this! take physic, pomp;/ expose yourself to feel what wretches feel,/ that thou may’st shake the superflux to them”, poveri disgraziati (…) O, io mi sono preso troppa poca cura di voi! pompa regale prendi la medicina, rimani allo scoperto e senti quello che sentono i poveri, perché tu possa scuoterti di dosso il superfluo e darlo loro ( Re Lear, III, 4, 28 - 36).

Umano è il padre che non confonde il suo ruolo con quello di padrone.
E’ interessante quello che dice la giovane sposa Panfile al padre Smicrine negli Epitrepontes di Menandro:
"se non riesci a persuadermi mentre mi vuoi salvare
puoi essere giudicato un padrone invece che un padre (oukevti path;r krivnoi j ajlla; despovth")"(510 - 511).

Un'affermazione moderna che ha avuto un seguito fino ai nostri giorni (penso al libro di G. Ledda, e al film derivatone, Padre padrone ) ed ha un riscontro puntuale in Terenzio che negli Adelphoe fa dire al buon educatore Micione:
"Hoc patriumst, potiu' consuefacere filium
sua sponte recte facere quam alieno metu:
hoc pater ac dominus interest. Hoc qui nequit
fateatur nescire imperare liberis "(74 - 77), questo è dovere del padre, abituare il figlio a comportarsi bene per volontà sua piuttosto che per paura degli altri: in questo il padre differisce dal padrone. Chi non sa fare questo, ammetta di non saper guidare i figlioli.

Umane sono le buone maniere, la cortesia, il garbo, l’urbanitas. Umano è essere ajstei'o"urbanus, non a[groiko" o rusticus, tanto meno ferus come la vecchia canaglia che scatena i droni portatori di morte.
Disumano è il maleducato il rozzo, come pure lo snob[2] il quale cerca di ostentare titoli denaro e posizioni di vertice che non ha.
Disumano è il bestiale Polifemo che mangia gli ospiti.
 I Ciclopi sono ingiusti e violenti, non piantano, non arano, ma là tutto nasce inseminato e inarato
 "non hanno assemblee deliberative, nè leggi
ma abitano sulle cime di alti monti
in caverne profonde, e ciascuno dà leggi
ai figli e alle mogli, né si curano l'uno dell'altro"(Odissea , IX, 112 - 115).
Quando andavo a scuola i presidi e i professori fascisti dicevano: “a scuola non si fa politica”. Fascisti e ciclopici.
Quello del Ciclope è il primo ritratto dell'uomo impolitico e del tutto asociale che la grecità, almeno quella ateniese fino a Menandro, biasima: Tucidide (II, 40, 2) fa dire a Pericle:"Siamo i soli infatti a considerare non tranquillo ma inutile (oujk ajpravgmona, ajll ; ajcrei'on) chi non si interessa degli affari pubblici".

Il tipo di Polifemo si trova anche nel pescatore del capitolo 28 di Le avventure di Pinocchio di Collodi.
 Pinocchio dunque “nel tempo stesso vide uscire dalla grotta un pescatore così brutto, ma tanto brutto tanto brutto, che pareva un mostro marino. Invece di capelli aveva sulla testa un cespuglio foltissimo di erba verde; verde era la pelle del suo corpo, verdi gli occhi, verde la barba lunghissima, che gli scendeva fin quaggiù. Pareva un grosso ramarro ritto su i piedi di dietro”.
 Con la rete tira su dal mare Pinocchio che nuotava vicino alla sua grotta e lo trova in mezzo a tanti pesci. Prima lo scambia per un granchio, poi, smentito, gli dice: “siccome vedo che sei un pesce, che hai la fortuna di parlare e di ragionare, come me, così voglio usarti anch’io i dovuti riguardi”
 - E questi riguardi sarebbero? - domanda il burattino.
 - In segno di amicizia e di stima particolare, lascerò a te la scelta del come vuoi essere cucinato. Desideri essere fritto in padella, oppure preferisci di essere cotto nel tegame colla salsa di pomidoro?” Così risponde il mostro.

Ricorderete sicuramente il dono promesso da Polifemo a Odisseo che gli ha detto di chiamasi Nessuno (Ou\ti", Odissea, IX,366) e gli ha offerto un vino squisito e terribilmene (aijnw'") gradito: “Ou\tin ejgw; puvmaton e[domai meta, oi|" ejtavroisi - tou;" d j‘ a[llou" provsqen: to; d j toi xeinhvïon e[stai (369 - 370), Nessuno mangerò per ultimo dopo i compagni, - gli altri prima: questo sarà il dono ospitale.
Il mio dono ospitale ai visitatori del blog sono invece queste brevi note
Baci
gianni



[1] Il re matto (Re Lear, III, 7)
[2] Lo snobismo è connotato dalla affettazione, del posare dovuto a mancanza di gusto e a cattiva. Lo snobismo è connotato dalla affettazione, del posare dovuto a mancanza di gusto e a cattiva educazione: nella Ricerca di Proust il personaggio sine nobilitate è Bloch : “ciò che si chiama la mala educazione era il suo difetto capitale, e quindi il difetto di cui non si accorgeva…Bloch era maleducato, nevrastenico, snob” (All’ombra delle fanciulle in fiore, p. 344).
Viceversa Saint Loup aveva “un modo di concepire le cose per il quale non si fa più conto di sé, e moltissimo del “popolo”; insomma, tutto l’opposto dell’orgoglio plebeo…Lui, in ogni circostanza, faceva quel che gli riusciva più gradevole, più comodo, ma immediatamente gli snob lo imitavano” (p. 351).

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