martedì 7 gennaio 2020

Riflessioni sulla democrazia di vario tipo


Democrazia imperialistica  e prepotente (Tucidide)
Pericle, nell’ultimo discorso che Tucidide gli attribuisce, dice agli Ateniesi: “turannivda ga;r h[dh e[cete aujth;nh}n labei'n me;n a[dikon dokei' ei\nai, ajfei'nai ejpikivndunon” (II, 63, 2) avete un potere che è oramai una tirannide che può sembrare ingiusto prendere ma pericoloso abbandonarla   
Tucidide quindi fa dire a Cleone "turannivda e[cete th;n ajrchvn", (III 37, 2), avete un impero che è una tirannide la quale per reggersi deve usare la forza e bandire la compassione.
La logica del tiranno non può permettergli alcuna “opra pietosa”[1]. Lo dichiara Agamennone nell’Aiace di Sofocle: “tov toi tuvrannon eujsebei'n ouj rJa/dion” (v. 1350), non è facile che un tiranno sia anche una persona pia. Insomma tirannide e pietà sono incompatibili.
Lo stesso vale per la tirannide collettiva di una città. 

Democrazia aristocratica un ossimoro sul tipo del comunismo aristocratico (Platone)
La democrazia ateniese del tempo di Pericle, nel discorso epitafico di Aspasia riferito da Socrate nel Menesseno  di Platone è invece un’aristocrazia con il consenso della massa: “met j eujdoxiva~ plhvqou~ ajristokrativa” (238d)  ed è un regime educativo (trofh; ajnqrwvpwn), tale che non esclude nessuno per debolezza sociale, né per povertà, né per oscurità dei padri; e neppure preferisce alcuno per i motivi contrari.
I medesimi pregi vengono attribuiti alla “sua” democrazia  dallo stesso Pericle nel logos epitafios che gli fa pronunciare Tucidide in Storie II 35 sgg. quando lo stratego celebra con un  elogio i caduti nel primo anno di guerra e  Atene, la scuola dell’Ellade (II, 41).


[1] Cfr. Alfieri, Antigone, V, 2, v. 76.

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