martedì 28 gennaio 2020

Paraetimologie

Ο Σωτήρ, "il Salvatore", icona ortodossa

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Matteo Salvini, Matteo Renzi, Euripide e Sofocle
Il potere non è potenza
La prepotenza è ancora meno del potere; è addirittura debolezza e malattia

Il cognome di Matteo Salvini inizia con le stesse lettere del nome “salvezza”. Molti Italiani, confusi dalla comunanza delle prime lettere, lo hanno votato a lungo. I meno incolti lo soprannominavano addirittura Sotér - Salvatore - come quel Tolomeo, amico e collaboratore di Alessandro Magno, che dalle conquiste del Macedone tenne l’Egitto tramandato e rimasto ai suoi discendenti fino a Cleopatra.
A un certo punto però questo Matteo, ha infirmato la propria testa montandosela a dismisura, come fece tempo fa quell’altro Matteo.
Quindi sulla presunzione di salvezza è prevalsa l’impressione della mattana con la supremazia del nome sul cognome. Sicché sono passati entrambi dal clangore delle buccine trionfali che li esaltava al constans rumor che non ne esclude più la caduta, anzi ne precorre l'evento.
Questo ovviamente è solo uno scherzo. Ne ho tratto spunto dal detto nomen omen e ancora più dai vv.989 - 990 delle Troiane di Euripide, quando Ecuba dice a Elena, che cercava di giustificarsi incolpando Afrodite: “in realtà il movente dell’adulterio è stata la tua follia erotica (ajfrosuvnh)”
Non per niente le due parole cominciano con le medesime lettere:
infatti tutte le stoltezze sono Afrodite per gli uomini; e il nome della dea comincia giustamente come quello di follia: “ta; mw'ra ga;r pavnt' ejsti;n jAfrodivth brotoi'" - kai; tou[nom' ojrqw'" ajfrosuvnh" a[rcei brotoi'")”.
Dunque ho scherzato. Non scherzo invece attribuendo le sconfitte dei due politici ricordati sopra all’hybris cui sono giunti entrambi pur in modo diverso.
Traduco e cito seriamente la prima antistrofe (vv.873 - 882) del secondo stasimo dell’Edipo re di Sofocle. Prima la parafraso in corsivo
E' un anatema dell'u{bri" madre del tiranno, la prepotenza che, si colma di vani orpelli e sale sui fastigi sdrucciolevoli del potere ma poi, priva com’è di una base solida , precipita in un abisso scosceso da dove il piede gonfio della sua tracotanza non può risollevarla. Il coro chiede al dio di mantenere viva la nobile gara democratica e ginnica, benefica per la città.
Quindi traduco letteralmente
:"La prepotenza fa crescere il tiranno - u{bri~ futeuvei tuvrannon - , la prepotenza/se si è riempita invano di molti orpelli/che non sono opportuni e non convengono/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede./La gara benefica per la città,/prego dio di non/interromperla mai;/dio non cesserò mai di averlo patrono".
La conclusione riprende, ad anello, la premessa.
Il potere non è potenza. La prepotenza è addirittura debolezza e malattia.
giovanni ghiselli


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