La diversità dell’eroe dell’epica dall’uomo comune
La relazione con la morte costituisce il più profondo
tratto distintivo dell’eroe. Achille non si lascia bloccare dalla
profezia di sventura del cavallo Xanto.
Questo inclinò il capo e tutta la chioma pa`sa de; caivth giunse a terra: quindi disse : “ toi
ejgguvqen h\mar ojlevqrion”, ti è
vicino il dì della morte (Iliade,
XIX, 405 e 409). Achille non si lascia spaventare dalle parole male ominose del
cavallo fatato e risponde: “Xanto, perché mi predici la morte? Non ce n’è
bisogno da parte tua. Lo so anche io che il mio destino è morire qui. Ma non
cederò"ouj lhvxw" prima di avere incalzato a
sazietà i Troiani in battaglia.
Il film Rush.
I piloti
di formula uno calcolano che ad ogni gara hanno venti possibilità su cento di
morire. Ma non si tirano indietro. Hunt che è più simile ad Achille, non lo fa
mai, Lauda più confrontabile con Odisseo, si ritira da una gara flagellata
dalla pioggia, dopo un’altra competizione infernale durante la quale aveva
patito un incidente dove aveva rischiato la vita ed era rimasto sfigurato.
Per
tornare a gareggiare e non cedere il titolo al rivale Hunt senza combattere, si
era fatto curare precipitosamente con terapie dolorosissime.
Come
Odisseo, Lauda è meno prestante dell’altro eroe.
Recente è
il film Ferrari con due piloti che
corrono il rischio fino a morire. Il secondo porta con sé negli inferi una
decina di persone, compresi dei bambini. Accadde nel 1957. In seguito a questa
strage le Mille Miglia vennero annullate. Non vengono invece mai annullate le
guerre che annichiliscono uomini donne e bambini a centinaia di migliaia.
“Ulisse è uno di quei personaggi che dalle
profondità del tempo giungono fino a noi, perché è un personaggio chiave…E’ un tipo incredibilmente furbo. Possiede
una qualità che i Greci chiamano métis, astuzia-mh`ti~-. Un’astuzia che gli consente di
cavarsela tutte le volte che sembra ormai perduto. Ulisse ha tutto contro,
combatte con forze più grandi di lui, eppure trova il modo, con astuzia,
scaltrezza, bugie-dissimulando il proprio pensiero-di inventarsi qualcosa e
avere, infine, la meglio”.
La
parentela etimologica di mh`tiς con il latino metior rende
l’idea di come sia misuratore e
calcolatore l’uomo poluvmhtiς.
Nel I
canto dell'Iliade Odisseo è già l'uomo che, molto dotato di intelligenza, riceve l'incarico di ricondurre
Criseide al padre per ristabilire la pace tra il sacerdote di Apollo e
Agamennone.
Nel
secondo canto del poema più antico, Odisseo, simile a Zeus per intelligenza, quindi diverso dagli altri uomini, riceve da Atena
il compito di trattenere la fuga dell'esercito acheo da Troia con blande parole.
La dea per
rivolgersi all'eroe utilizza un altro epiteto formulare, il quale lo caratterizza come uomo intelligente e capace. Capace di
che cosa? Intanto notiamo questa capacità di ristabilire una situazione
compromessa; infatti, nel II canto dell’Iliade, Odisseo riesce a fermare l'esercito in fuga alternando le blande
parole con ingiurie e facendo cadere lo
scettro-bastone sul petto e le spalle dell'uomo deforme, l’odiosissimo Tersite dalla lingua confusa “Qevrsit j ajkritovmuqe”, Tersite che
parla senza giudizio.
“Egli lo
spoglierà completamente e lo scaccerà a forza di bastonate dal posto in cui è
riunito l’esercito (ajgorh'qen).
Non vi
viene subito in mente il pharmakós o capro
espiatorio, l’uomo più brutto della comunità, che veniva trasformato in vittima
espiatoria e scacciato dalla città?”.
Per il farmakovς cfr. Edipo re
di Sofocle e Oedipus di Seneca.
Odisseo
dunque è un uomo stabilizzante e ristabilizzante.
Dice: “
non è bene il comando di molti: ci sia un solo capo” oujk ajgaqo;n polukoiranivh:
ei\~ koivrano~ e[stw”
(II, 204)
Quindi
egli parla all'esercito, non senza essere stato adornato con altri epiteti;
infine l’Itacese viene designato con una qualificazione più
specificamente odissiaca.
Agli
epiteti esornativi non bisogna dare troppa importanza poichè spesso sono
stereotipati, e la loro presenza è imposta dalla necessità metrica che
"nella poesia omerica è fattore determinante anche per la scelta delle
espressioni e degli epiteti".
Invece
sono caratterizzanti le parole che Odisseo rivolge all'assemblea dopo averla
ricompattata. Egli accusa i soldati di
essere come bambini piccoli o come donne vedove mettendo in luce una distinzione tra l' uomo compiuto, egli stesso, capace di
riflettere, parlare, agire, e l'uomo
bambino o l'uomo-comare querula, creature dalla ragione meno sviluppata.
Nel I canto dell’Odissea, i compagni di ritorno di O
disseo, tutti morti, vengono ricordati come:"stolti (nhvpioi) che divoravano i buoi del Sole/Iperione: ma quello
tolse loro il dì del ritorno" (vv. 8-9)
-nhvpioi: è formato dal prefisso negativo nh-(simile ad aj-privativo)+ la radice ejp- sulla quale si forma e[po", "parola" e
dunque corrisponde al latino infans (formato dal prefisso negativo in- +fans di fari =parlare). La
manifestazione più evidente della stoltezza è dunque l'incapacità di parlare
poiché chi non possiede la parola non ha neppure le idee e non controlla la
mente.
Esiodo concede allo stolto una
possibilità di ravvedimento attraverso la sofferenza:"paqw;n
dev te nhvpio" e[gnw"(Opere , v. 218).
Cfr. Gli uomini bambini di H. Hesse
in Siddharta : “La maggior parte degli uomini, Kamala, sono come una foglia secca,
che si libra e si rigira nell'aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi,
sono come stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c'è vento
che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino...Io sono
come te. Anche tu non ami, altrimenti come potresti fare dell'amore un'arte?
Forse le persone come noi non possono amare. Lo possono gli uomini-bambini: questo è il loro segreto".
La
maturità riflessiva e intelligente, indipendente dall'istinto del gregge è un aspetto distintivo dell'uomo
Odisseo.
E' proprio
questa sua indipendenza a renderlo ajnhvr,
latinamente vir , capace
appunto di virtù la quale, afferma
Nietzsche, "è il vero e proprio vetĭtum entro ogni legislatura di gregge".
Di tale
virtù fa parte la capacità di opporre resistenza ai mali e alle minacce di cui
è piena la vita, di sopportarle. Un' esortazione che Ulisse rivolge più volte a se stesso e ai suoi
compagni di avventura a cominciare da questo discorso dell'Iliade dove esorta i soldati
dicendo:" tenete duro cari e aspettate del tempo”.
Continua
Bologna 29 dicembre
2023 0re 19, 04
giovanni ghiselli