domenica 11 maggio 2025

Sopravvivenze di latino e pure di greco nell’inglese di Joyce. Nona parte


Per queste etimologie  cfr. W. Skeat, A conse etymological dictionary of English language, Oxford At The Clarendon Press.

 

 

Dal sesto episodio Ade il funerale

 

Over 77, sopra cfr. greco  uJpevr.

 

The same 78 lo stesso cfr. greco oJmov~-

 

Son  78 figlio cfr, greco uJiov~

 

Heir 78 erede, latino heres herēdis

 

Wheel 79 ruota, greco kuvklo~

 

Name, nome latino nomen, greco  o{noma.

 

Stink 79 puzzo,  greco taggov~ rancido, tagghv puzzo di rancido.

 

Moustache 79 baffo greco muvstax, labbro superiore

 

 

He is right,79, ha ragione, right latino rectus.

 

Independent , indipendente, latino dependeo, dipendo (da a) 

 

Woman donna a phonetic alteration of wifman  (wife man) applied to both sex

In Greco abbiamo  a[nqrwpo~ uomo, essere unano,  preceduto dall’articolo femminile: Erodoto I, 60, 5  - th;n a[nqrwpon.

 

He sayd  81 egli disse cfr. latino arcaico insece . Livio Andronico (III a. C.) traduce il  primo verso dell’Odissea di Omero in questo  modo:"Virum mihi, Camena, insece versutum " (Odusia  fr. 1 Morel)

Cfr. greco e{nnepe da *ejn-sepe-

 

Turned  81 fece girare cfr. latino tornare lavorare al tornio, arrotondare.

 

Stiff 81 irrigidito, cfr. latino stipare, ammucchiare.+

 

Is airing 82 sta dando aria cfr. latino āēr –āĕris, greco ajhvr.

 

The flesh falls off 82  la carne cede. Cfr. Latino fallo-fefelli-falsum fallere ingannare; greco sfavllw, faccio inciampare. A proposito di Molly, la moglie che lo tradisce

Ci consoliamo così quando le donne ci maltrattano.

 

Cfr. Properzio:"At te celatis aetas gravis urgeat annis,/et veniat formae ruga sinistra tuae./Vellere tum cupias albos a stirpe capillos/ah speculo rugas increpitante tibi,/ exclusa inque vicem fastus patiare superbos,/ et quae fecisti facta queraris anus./ Has tibi fatalis cecinit mea pagina diras./Eventum formae disce timere tuae " (III, 25, 11-18), ma l'età greve incomba sugli anni dissimulati e vengano rughe sinistre sulla tua  immagine bella.  Che allora tu voglia strappare dalla radice i capelli bianchi, quando lo specchio ti rinfaccerà le rughe, e a tua volta respinta possa tu sopportare la sprezzante alterigia, e lamentarti ormai vecchia del male che hai fatto. Questi cattivi presagi ti ha cantato la mia pagina fatale, impara a temere la fine della tua bellezza.

 

Del resto la forma di Molly c’è ancora: spalle, anche, rotondità. 128- Shoulders. Hips. Plump 82

 la sera del ballo si vestiva. Camicia infilata tra le guance posteriori, deretane. Ancora callipigia

Night of the dance dressing. Shift stuck between the cheeks behind A Bloom la moglie piace sempre.

 

Bologna 11 maggio 2025 otre 18, 52 giovanni ghiselli

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Ifigenia XCVIII. Le due carissime amiche di Carmignano di Brenta.


 

Il 29 giugno  andai a Carmignano di Brenta senza curarmi dei santi  del giorno: il Pescatore e  Polo [1], dato che venero l’onesto Giovanni non quale immagine già impressa nel fiorino di Firenza, città di cui era ed è tuttora patrono, bensì quale profeta  che malediceva il potere tanto che fu tratto al martirio.

Tornavo nel paese della scuola media dove avevo insegnato per cinque anni: dal 1969 al 1974. Anni contrassegnati dai termini estremi  del male: la strage di Milano e di quella di Brescia.

Per me tuttavia non fu un periodo di regresso.

A Carmignano di Brenta conobbi due belle persone Luciana e Antonia, una figlia spirituale e una mamma vicaria. Con entrambe c’è stato un rapporto di affetto, di intelligenza, di bontà durato decenni. Insomma ci siamo voluti  bene e aiutati  a vicenda.

Quando iniziai a insegnare quasi  10 anni prima della giornata che sto per raccontare io avevo 25 anni ancora da compiere, Luciana era una scolara di prima media, la più intelligente della classe, una bambina di 11 anni già capace di pensare in modo originale. In novembre compresi il suo genio quando scrisse non banalmente un tema dal titolo banale: “Tue impressioni sull’autunno”. La piccola allieva seppe trovare mito e poesia nella stagione che per me è sempre stata la più dolente. Descriveva la caduta di alcuni chicchi di uva nel fango di una pozzanghera dove imputridivano, come ogni cosa se non viene impiegata per il bene dell’uomo. Non ricordo le sue parole una per una, ma formavano un quadro che raffigurava una visione, un’ ijdeva. Provai ammirazione per l’alunna geniale. Ora la vedo con gli altri bambini di quella mia classe più antica e cara in una fotografia del giugno 1970: era l’ultimo giorno di scuola e noi siamo allineati davanti al grande tempio cristiano nella lunga piazza assolata. Luciana è una biondina chiara di pelle come molti da quelle parti, tanto che mi chiamavano affettuosamente “ marochin” per il mio essere niger tamquam corvus nei capelli, nei baffi e nella pelle molto abbronzata. L’allieva molto dotata di mente si trova accanto a me alla mia sinistra per chi guarda la foto. Io sono vestito di lino bianco, snello, in ottima forma. L’estate mi potenzia e in questa stagione, la meno dolente, sono me stesso più che nelle altre. Guardo la macchina fotografica, sorrido cosa che faccio di rado davanti al fotografo, e sono piacente se non proprio bello, un lepido moretto mi piace definire il mio aspetto prima dell’incanutimento del resto iniziato dopo il traguardo dei Settanta anni  e non ancora compiuto grazie all’eredità genetica della stirpe etrusca del nonno Carlino Martelli da Borgo Sansepolcro.

Mi rivedo in mezzo agli allievi, grato a quei bambini di avermi fatto imparare più di quanto avevo insegnato. Disco dum doceo. Nella piazza piena di sole a mezzo il giorno dalle ombre minime, sono contento. Ho la coscienza giovanilmente fiera di avere insegnato la dignità dell’uomo, la bellezza della letteratura e della vita, il dovere della nobile lealtà, della chiara onestà, della cara gratitudine, del generoso impegno in favore del prossimo, il rispetto dovuto a ogni creatura, e di avere imparato da loro che l’amicizia affettuosa è il valore supremo della nostra esistenza, che l’ignoranza e l’egoismo sono nemici dell’umanità.

 Un giorno pensavo quel 10 giugno, un giorno non lontano, una donna geniale mi amerà ricambiata e insieme faremo qualcosa di bello, di nobile e grande per il genere umano. Allora avevo già conosciuto una ragazza ventenne di buon formato,  un’Elena  studentessa di Praga dove ero andato nel maggio meraviglioso del 1968 grazie uno scambio di collegi universitari.

Noi giovani in quella primavera fatata avevamo fiducia nel futuro.

Avevo dunque già amato un’Elena . Ma il tempo e la distanza me la tolsero. Altre donne del mio stampo però contavo di incontrare. Tale presentimento non era vano. Infatti due anni più tardi incontrai un’altra Helena, finnica questa e più matura. Eravamo coetanei: tra i 26 e i 27 anni. Il tempo e la distanza mi avrebbero tolto anche questa Helena Augusta. Poi altre due finlandesi, Kaisa e Päivi, come sa chi mi legge. Poi diverse altre. Italiane queste.

 Luciana con il tempo sarebbe diventato un’amica benvoluta e stimata.

 Nel giugno del 1969 dunque - aveva 21 anni- andai a trovarla e le parlai della mia relazione problematica, instabile, spesso angosciosa con la bella collega di Bologna. Disse che non sarebbe durata. “Perché?” domandai. Non era  una domanda retorica. “Perché non ha l’intelligenza né la sensibilità, né l’educazione che tu cerchi, hai sempre cercato nella tua donna, anzi in ogni femmina umana”.

“E tu come stai?” le chiesi. Sapevo che studiava architettura a Venezia ed era brava. Mi disse che faceva di tutto per conseguire la bellezza e la bontà che proponevo alla  classe quando era bambina.

“Anche io non dimenticherò mai quanto ho imparato da te” promisi.

Siamo sempre rimasti in  un contatto di vera amicizia  da allora. La bella copertina del mio libro Tre amori a Debrecen è sua, di Luciana.

 

Quindi andai a trovare un’altra carissima amica: Antonia.

Era ancora la vicepreside della scuola media dove mi aveva aiutato e protetto dalla malevolenza del preside. Per fortuna il factotum della scuola era lei. Ma non fu solo per questo che diventammo amici. Sebbene fosse una donna di una generazione precedente la mia, e fosse sempre vissuta in quella Vandea che era allora il Veneto profondo, e nonostante discordasse dalle mie idèe  politiche, aveva un’intelligenza e una sensibilità tali che le consentivano di  capire e apprezzare le mie qualità ancora solo abbozzate, quindi  mi aiutò a svilupparle, mentre  con i suoi consigli appropriati poneva un freno al mio esibizionismo alle mie intemperanze giovanili. Nei primi tempi mi ribellavo, poi la ascoltai. Questa amica mi ha fatto del bene più di tante amanti.

Su Ifigenia però quel giorno fece un errore. Disse che non dovevo sciupare quell’amore pur difficile con un’avventura estiva di poche settimane a Debrecen perché l’inverno a Bologna sarebbe stato triste e desolato  senza il luminoso calore della ragazza che aveva potenziato il mio tono vitale e migliorato il mio aspetto. Dico che Antonia questa volta sbagliava perché la mia fedeltà mantenuta a Debrecen nel mese di agosto in qualche modo non venne contraccambiata, e l’inverno successivo a Bologna sarebbe stato cupo e desolato proprio per l’assidua presenza al mio fianco di quella giovane donna non più radiosa e ridente come era stata nei momenti migliori, bensì triste, spenta, noiosa e deprimente. Tanto che mi sarei innamorato di un’altra

 


 

Bologna 11 maggio 2025 ore 10, 37 giovanni ghiselli.

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[1] Io ho fermo il disio/ sì a colui che volle viver solo/ e che per salti fu tratto al martiro/ ch’io non conosco  il pescator né Polo” Dante, Paradiso, XVIII, 133-136