sabato 10 maggio 2025

Omero, Odissea, XVI parte. Secondo canto. Connessione organica del capo con la sua terra e con il popolo.

Il popolo retto da un re buono prospera, traviato da  uno tiranno empio crepa.

La cura che viene dall’osservazione del cielo.

 

 

Procedo con un riassunto meno particolareggiato fino ai prossimi versi che leggeremo in greco.

All'inizio del secondo canto viene bandita l'assemblea dagli araldi e Telemaco, reso più bello da Atena, vi si reca a prendere il posto del padre. Codino definisce l'assemblea omerica "l'unico istituto sovrano (...) responsabile in blocco di ogni azione da essa approvata "[1].

 Ma vediamo, in breve come si svolge. Prende la parola un anziano, Egizio che era curvo per la vecchiezza e sapeva innumerevoli cose ("kai; muriva h/[dh", v. 16). E' un uomo come Ulisse che dall'esperienza ha imparato; infatti approva e benedice Telemaco che per la prima volta dopo la partenza di Ulisse ha convocato il popolo. Il giovane ne è incoraggiato e, ricevuto lo scettro dall'araldo Pisenore che conosceva saggi pensieri ("pepnumevna mhvdea eijdwv"", v. 38), prese a parlare.

Si può notare che i partigiani di Odisseo e dei suoi cari sono mentalmente più dotati degli oppositori: quindi si delinea un conflitto tra intelligenti e stupidi.

 

L'esito non potrà che essere favorevole ai primi. Tutta l'Odissea infatti è un grande campo di battaglia dell'intelligenza sviluppata, raffinata, contro la brutalità primordiale, oppure contro la stupidità civilizzata

Quindi parla Telemaco e denuncia lo sperpero perpetrato dai proci della roba non loro: un'ingiustizia che provocherà l'ira degli dèi contro tutti gli Itacesi se essi non interverranno a fermare lo scempio. Infatti Odisseo non ha meritato un danneggiamento del genere: era un sovrano buono come un padre.

 

Un re buono, dirà lo stesso Ulisse nel XIX canto parlando con Penelope, porta il popolo alla prosperità:"Raggiunge l'ampio cielo la tua fama,/ come quella di un re irreprensibile che pio,/ regnando su molti uomini forti,/tenga alta la giustizia; allora la nera terra produce/ grano e orzo, gli alberi si appesantiscono di frutti,/figliano continuamente le greggi e il mare offre i pesci,/per il suo buon governo, insomma prosperano le genti sotto di lui"(vv. 108-114).

Il ribaltamento di questa situazione è il re negativo, cattivo e malato, che contamina la sua terra, rendendola sterile e sconciandola quale mivasma. Si scopre essere tale il protagonista dell'Edipo re di Sofocle che decade da re a farmakov~ e deve allontanarsi dalla terra che lui stesso ha reso malata.  

Del resto questa idea che il benessere di un popolo dipenda dalla giustizia e pietà religiosa del re non è limitata ai soli autori greci:"Nella nozione omerica della regalità sopravvivono rappresentazioni che si ritrovano più o meno in altre società indoeuropee. Si tratta soprattutto dell'idea che il re è l'autore e il garante della prosperità del suo popolo, se segue le regole della giustizia e i comandi divini. Si legge nell'Odissea  (XIX 110 sgg.) questo elogio del buon re (...) Questo passo ha avuto nella letteratura classica una lunga discendenza; gli autori si sono compiaciuti nell’ opporre la felicità dei popoli governati secondo la giustizia alle calamità che nascono dalla menzogna e dal crimine. Ma non si tratta in questo caso di un luogo comune morale. In realtà il poeta esalta la virtù mistica e produttiva del re la cui funzione è quella di incrementare la fecondità intorno a sé, negli esseri e nella natura. Questa concezione si ritrova, molto più tardi, è vero, nella società germanica, attestata quasi negli stessi termini. Presso gli Scandinavi, il re assicura la prosperità per terra e per mare; il suo regno è caratterizzato dall'abbondanza dei prodotti naturali, dalla fecondità delle donne. Gli si chiede, secondo una formula consacrata, ar ok fridr ' l'abbondanza della pace', come a Atena, durante le Bufonie, si sacrificava 'per la pace e la ricchezza'. Non si tratta di formule vane. Ammiano Marcellino ci dice che i Burgundi, dopo una disfatta o una calamità, mettevano a morte ritualmente il loro re, perché non aveva saputo far prosperare né dare successo al suo popolo"[2]. Benveniste non cita le parole dello storiografo né indica il libro e il capitolo dove si trovano. Se avessi più tempo andrei a cercarle ma devo procedere.

Torno dunque a proporre parole documentate con precisione.

Anche i ragazzi sanno che il rex deve agire recte: infatti, quando giocano, dicono:  sarai re se farai bene:  "at pueri ludentes  'Rex eris ' aiunt/ 'si recte facies" [3].

 Insomma il rex deve dirigere sulla retta via. Quindi non può essere contorto.

Rex deriva da una radice indoeuropea *reg- che ha dato come esito in greco ojreg- con protesi oj- da cui ojrevgw, tendo;  in latino reg- da cui rex,  rego, regnum

Anche la virtù deve essere dritta: “et haec recta est, flexuram non recipit” (Seneca, Ep. 71, 20), anche questa è diritta, non ammette piegatura.

 

Guardare il cielo quale modello e come terapia.

Leggiamo alcuni versi dell’esodo delle Baccanti di Euripide quando Cadmo consiglia a  sua figlia Agave impazzita di osservare il cielo. La donna lo fa e rientra in sé dall’estasi

 

Cadmo.

Per prima cosa permetti ai tuoi occhi di guardare il cielo. 1264

 

Agave

 Ecco: perché mi hai ordinato di guardarlo?

 

Cadmo

Ti sembra ancora lo stesso o che mostri dei cambiamenti?

 

Agave

Più luminoso e traslucido di prima.

 

Cadmo

Questo smarrimento è ancora presente nella tua anima? 1268

 

Agave

Non intendo questa parola. Ma in qualche modo rientro

in me,  sottratta ai pensieri di prima. 1270

 

Cadmo

Potresti dunque ascoltare in qualche modo e rispondere con chiarezza?

 

Agave

Come ho dimenticato quello che ho detto prima, padre! 1272

 

Cadmo

In quale casa entrasti con i canti nuziali?

 

Agave

Mi hai data, a quanto dicono, al Seminato Echìone.

 

Cadmo

Quale figlio quindi nacque nella casa al tuo sposo? 1275

 

Agave

Penteo, dall'unione mia e del padre.

 

Cadmo

Allora di chi porti il viso tra le braccia?

 

Agave

Di un leone, come affermavano almeno, le cacciatrici. 1278

 

Cadmo

Ora osservalo bene: breve fatica è guardare. 1279

 

Agave

Oh, che vedo? Che cosa è questo che porto nelle mani?

 

Cadmo

Osservalo con attenzione e riconoscilo con maggiore chiarezza.

 

Agave

Vedo un dolore grandissimo ahi me infelice!

 

Cadmo

Ti sembra che assomigli a un leone?

 

Agave

No, ma la testa di Penteo ho in mano disgraziata me 1284

 

Sentiamo anche Shakespeare: “Princes are/a model which heaven makes like to itself[4], i principi sono ielo un modello fatto dal cielo a sua somiglianza.

Anche il cielo dà esempi di rettitudine pur con le sue circolazioni

La deduzione della bontà del creato dalla bontà del creatore si trova, com’è noto, nel Timeo  di Platone : se il cosmo è bello (eij me;n dh;  kalovς ejstin o{de oJ kovsmoς) l’artefice è buono (o Jdhmiourgo;ς ajgaqovς). 

 Il demiurgo, il migliore degli autori  (a[ristoς tw'n aijtivwn), ha guardato al modello eterno (pro;ς to; ajivdion e[blepen). Sicché il cosmo è la più bella tra le cose nate (kavllistoς tw'n gegonovtwn 29a).

Il demiurgo dunque era buono e chi è buono non prova invidia. Egli ridusse il disordine all’ordine (29d)

Ci ha donato la vista affinché osservando nel cielo i movimenti ciclici della mente ce ne servissimo per le circolazioni del pensiero (Timeo 47 b-c)

Dobbiamo quindi correggere i giri  guasti della nostra testa- dei`  ejn th`/ kefalh`/ diefqarmevna~  hjmw`n periovdou~ ejxorqou`nta- attraverso l’apprendimento dell’armonia dell’universo e delle sue circolazioni  (Timeo, 90 D).

Cncludiamo il discorso del re  buono dunque

“La crisi della regalità, che aveva sconvolto l’Iliade, prende fine: Ulisse-re non assomiglia ad Agamennone, che nel comando alternava l’eccesso, l’arroganza e la debolezza, e non conosceva il dono rarissimo che è la serenità del potere. Ulisse è il re “unico”, come egli stesso aveva teorizzato nell’Iliade: il re giusto “che teme gli dèi”. Se il sovrano obbedisce a questa immagine, la terra produce frumento e orzo, gli alberi sono colmi di frutti, le greggi figliano, il mare dà pesci, i popoli prosperano. Quando il re è un  giardiniere, come Laerte ha insegnato ad Ulisse, la terra diventa un giardino. Questi pensieri erano consueti nell’antichità greca e nel mondo iranico.

Quando è diffusa Giustizia-diceva Esiodo[5]-, la città fiorisce, il popolo risplende, c’è pace e prosperità, le querce sui monti sono piene di ghiande e di miele, e le greggi appesantite dal vello.

Lo sguardo del sovrano iranico giunge tra le nuvole che ci danno la pioggia, nelle valli che si coprono di messi e di fiori, tra gli animali che vivono in pace e sicurezza, come nella perduta età d’oro di Yima. Durante il regno di Cosroe I-scriveva Firdusi[6]- “si sarebbe detto che le lacrime delle nubi fossero acqua di rosa, e che non ci fosse più sofferenza né bisogno di medico. L’acqua cadeva sui fiori al momento propizio, il coltivatore non soffriva mai per la mancanza di pioggia: le valli e le pianure erano coperte di fiori, di case e di palazzi; il mondo era pieno di verdure e di bestiame, i ruscelli assomigliavano a fiumi e i fiori dei frutteti alle Pleiadi”.[7] 

Torniamo al secondo canto dell’Odissea.
 
 Telemaco conclude il dscorso ricordando al popolo le proprie pene non senza rinfacciargli una qualche complicità.

Quindi gettò a terra lo scettro e scoppiò a piangere, come chiedendo compassione, ed ebbe successo poiché la pietà prese tutto il popolo:"oi\kto" d  j  e[le lao;n a{panta", v. 81.

Bologna 10 maggio 2025 ore 18, 46 giovanni ghiselli

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[1] Introduzione a Omero , p. 89.

[2]Emile Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee , pp. 304-305.

[3] Orazio, Epistulae  I, 1, 59-60.

[4] Shakrspeare, Pericle, principe di Tiro, II, 2,

[5] Opere, vv. 240-244. Cfr. n. al v. 177. Ndr.

[6] Poeta epico neopersiano (940-1020 ca). Il suo poema Shāhnāmah, libro dei Re, narra mu'qoi e lovgoi dell’Iran dalla creazione del mondo alla conquista islamica. Ndr.

[7] P.Citati, La mente colorata, p. 283.

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