lunedì 26 maggio 2025

L’uomo che, trasformato in maiale, non vuole tornare uomo. Machiavelli preceduto da Plutarco


 


 

 

Capitolo ottavo:  l’ultimo dell’Asino d’oro di Machiavelli

E’ un poema satirico incompiuto ( 1517).

 

Parla un porcellotto grasso” che non vuole tornare a essere uomo

 

“Alzò quel porco al giunger nostro il grifo

Tutto vergato di meta e di loto

Tal che mi venne nel guardarlo schifo”.

Mi conosceva e si mosse verso me mostrandomi i denti

Io fui cortese e dissi “Dio ti mantenga se tu ti contenti”.

Poi gli dissi che la donna poteva farlo ritornare uomo

“e fe’ questa risposta-tutto turbato il fangoso animale”: “vanne a tua posta”, per i fatti tuoi. Dunque rifiuta l’offerta.

Vi sbagliate per amore di voi stessi credendo  che non ci sia niente di meglio della vita umana

Noi animali giriamo e andiamo dove stiamo meglio,

  

“Voi, infelici assai più che non dico,

gite cercando quel paese e questo,

non aere per trovar freddo od aprico

ma perché l’appetito disonesto

de l’aver non vi tien l’animo fermo

nel viver parco, civile e modesto;

e spesso in aere putrefatto e infermo,

lasciando l’aere buon, vi trasferite;

non che facciate al viver vostro schermo.

Noi l’aere sol, voi povertà fuggite,

cercando con pericoli ricchezza,

che v’ha del bene oprar le vie impedite”.

 

Siete più deboli di tanti animali: un toro, un fer leone, un leofante.e ‘nfiniti di noi sono coraggiosi e generosi. Molti sono temperanti

“In Vener noi spendiamo e breve e poco-tempo; ma voi, senza alcuna misura, -seguite quella in ogni tempo e loco-

Mangiamo cose naturali mentre voi

“volete quel che non può far natura”.

Per soddisfare voglie ingorde  andate fino in oriente

“Non basta quel che ’n terra si ricoglie,

ché voi entrate a l’Oceano in seno

per potervi saziar de le sue spoglie” (L’Asino, VIII, vv. 100 ss.).

La nostra incontentabilità ci condanna all’inquietudine

 

Cacciari:”. Questa colpa è iscritta tragicamente nella costituzione del nostro esserci, fino a farci apparire gli infelicissimi tra tutti i viventi. Dirà l’amarissimo porco incontrato dall’Asino machiavellico (Asino d’oro, che attraverso la sofferenza viene iniziato al duro sapere, non afflitto dalla ‘asinità’ bruniana): “Non basta quel che ’n terra si ricoglie, /ché voi entrate a l’Oceano in seno/ per potervi saziar de le sue spoglie” (L’Asino, VIII, vv. 100-102).

La nostra natura degenerata da quella naturale è la vera matrigna, la sua ontologica stultitia che mai ti rende di alcuna natura contento né sazio”. Questa colpa è iscritta tragicamente nella costituzione del nostro esserci, fino a farci apparire gli infelicissimi tra tutti i viventi” (Massimo Cacciari, La mente inquieta Saggio su l’Umanesimo, capitolo  quarto, p. 58)

 

Ogni animal tra noi nasce vestito…”sol nasce l’uom d’ogni difesa ignudo-e non ha cuoio, spine o piume o vello,-setole o scaglie, che li faccian scudo (121-123)

Nasce piangendo, poi la sua vita è poca”al paragon di quella-che vive un cervo, una cornacchia, un’oca.

La natura vi ha dato la mano e la favella ma l’ambizione e l’avarizia cancellano quel bene. L’avarizia genera scabbia-rogna

“Nessun altro animal si trova ch’abbia

più fragil vita e di viver più voglia,

più confuso timore o maggior rabbia.

Non dà un porco a l’altro porco doglia,

l’un cervo a l’altro; solamente l’uomo

l’altr’uomo ammazza, crocifigge e spoglia

Pens’or come tu vuoi ch’io ritorni uomo,

sendo di tutte le miserie privo,

ch’io sopportava mentre che fui uomo

E s’alcuno infra gli uomin ti par divo

Felice e lieto, non gli creder molto.

Ché in questo fango più felice vivo,

dove senza pensier mi bagno e volto 

(139-151- Fine)

 

Plutarco (46-125)  aveva già trattato questo argomento nel dialogo  Bruta animalia ratione uti, in greco Περ το τ λογα λόγ χρσθαι. Non possiedo quest’opera e devo ricorrere a Internet con tutti i dubbi dovuti. Cercherò di procurarmela e di tornare sull’argomento ripresentandolo come si deve. Questo che segue è copiato senza verifiche. Quando l’avrò trovato lo presenterò di nuovo. Per lo meno con qualche citazione testuale che commenterò.

 

ULISSE E IL MAIALE

Il terzo scritto, Bruta animalia ratione uti (L’intelligenza degli animali), è sicuramente il più godibile da leggere. La storia si svolge a Eea, dopo che la maga Circe ha liberato i marinai di Ulisse trasformati in maiali. Oltre ai suoi marinai, la maga ha tramutato in bestie altri greci e Ulisse, che non può sopportarne la vista, chiede anche la loro liberazione. Qui Plutarco inizia la demolizione di Odisseo poiché l’eroe greco non chiede la liberazione dei suoi compatrioti per spirito di carità ma, come confessa candidamente a Circe, per tornare in Grecia da eroe. La maga rimane disgustata. Lo accusa di voler trascinare nelle sue sciagurate avventure anche quei poveri animali solo per la sete di successo, ma alla fine gli propone un patto: potrà riavere i greci se riuscirà a convincerli a tornare alla forma umana. Ulisse stupito accetta, quale creatura rinuncerebbe a riprendere la sua forma umana? Circe se ne va e lo lascia con Grillo, un simpatico maiale a cui ha dato facoltà di parola. Così Ulisse si avvicina a Grillo e lo compiange per la sua condizione di uomo trasformato in maiale. Ma Grillo subito lo interrompe e passa all’attacco: accusa Ulisse di essere un pavido e di temere il cambiamento di forma senza saperne valutare i vantaggi e si dichiara pronto a dimostrargli che la sua vita da bestia è di gran lunga migliore di quella di uomo. Inizia col parlare delle virtù degli animali, della loro schiettezza e del loro coraggio. E continua a punzecchiare Ulisse. A lui, che con l’inganno ha conquistato una città, contrappone la spontaneità degli animali che senza sotterfugi, senza che nessuno glielo ordini, agiscono e lottano con valore. Animali che non prendono per schiave le bestie vinte e non si sottomettono facilmente agli umani. Plutarco ne esalta inoltre la purezza perché essi non sono corrotti dalla cupidigia, al contrario degli uomini disposti a tutto per una manciata d’argento.

Ulisse è piuttosto irritato. Convincere Grillo doveva essere una passeggiata e invece il maiale sofista lo travolge con innumerevoli esempi di bestie che sorpassano in virtù il più probo degli uomini. A questo punto Odisseo si gioca l’ultima carta: ”Fai attenzione Grillo, che non sia una cosa orribile e feroce voler accordare intelligenza a una creatura che non ha in sé l’idea di Dio”. Ma Grillo gli obietta che anche a lui non era stata instillata l’idea di Dio, visto che era figlio di Sisifo, l’uomo che si era fatto beffa degli dei. Il racconto termina qui, con la sconfitta dialettica di Ulisse. L’aspetto più interessante de L’intelligenza degli animali, oltre al godibile confronto dialettico tra il savio maiale e Ulisse, sta nell’individuare gli uomini come i corruttori della natura. Sebbene nel bacino del Mediterraneo al tempo di Plutarco vivessero meno di 40 milioni di abitanti, contro i 520 milioni di oggi, e la terra fosse fertile e ricoperta di foreste e non vi fossero segnali della catastrofe ecologica dei nostri giorni, Plutarco individuò nella cupidigia umana, contrapposta alla temperanza degli animali, la causa che avrebbe portato il mondo della natura alla rovina. Duemila anni dopo non possiamo che dargli ragione.

 

Bologna 26 maggio 2025 ore 18, 18 giovanni ghiselli

p. s.

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