giovedì 4 giugno 2020

Certi morti non contano: continuano a essere le “teste svigorite” di sempre

Anche oggi diamo un’occhiata, da kritikoiv ossia capaci di giudicare,  al solito quotidiano che ci  tiene informati.
La frontiera degli ospizi. Operatori di nuovo positivi. Ancora sette morti a Bologna, 643 dall’inizio dell’emergenza Covid. Le vittime sono tra i 72 e i 99 anni” (“la Repubblica”, 4 giugno 2020, p. 2 di Bologna).
La precisazione dell’età vuole suggerirci che le vittime non sono importanti. Del resto sappiamo che gli operatori  sono lavoratori malpagati e di poco conto.
D’altro canto si celebrano retoricamente gli eroi, e la televisione continua a gorgheggiare: “tutto va ben, madama la marchesa”.
Questi i fatti riferiti e criticati.
Ora aggiungo il nesso con i miei autori con le citazioni che i lettori si aspettano, giustamente, da me, e io mi sento in dovere di accontentarli.
 I morti per virus, saliti a 33600 e rotti, sono come i defunti descritti da Omero nella Nevkuia, l’XI canto dell’Odisseateste svigorite  (" ajmenhna; kavrhna", v. 29).
L’Ade dell’Odissea “è il più tremendo luogo della morte che l’Occidente abbia mai rappresentato. Solo sterilità, spettralità, tenebra, pietrificazione: nemmeno la minima traccia di memoria, o di speranza; nemmeno il minimo segno che, anche qui, siamo coinvolti nel processo della morte e resurrezione (…) Le anime che volteggiano, dopo il rogo, sono secche, asciutte. Non posseggono né umore né liquido (…) Le anime sono come immagini riflesse allo specchio: identiche alle persone che furono in vita, ma indebolite, vacue, inafferrabili; fuggono via appena le vogliamo abbracciare”[1].
Diversamente da Virgilio, “Omero non fa scendere il suo eroe in un mondo sotterraneo bello e pronto; ma Odisseo stesso scava una fossa, in cui versa il sangue dell'ariete che ha ucciso, poi invoca le ombre che sono costrette ad affollarsi intorno a lui ed egli chiama le une a bere il sangue vivificante, perché gli parlino e gli possano dare notizie, mentre scaccia con la spada le altre che si affollano intorno a lui assetate di vita. Tutto accade qui in modo vivo ad opera dell'eroe stesso, che non si comporta umilmente come Enea o Dante. In Virgilio invece Enea discende ordinatamente agli Inferi, e le scale, Cerbero, Tantalo e tutto il resto acquistano l'aspetto di una casa ben tenuta, come in un freddo manuale di mitologia"[2].
I caduti a Troia non hanno nemmeno  una tomba mentre Agamennone tornato a Micene è stato monumentalmente sepolto.
Le ceneri di Patroclo, di Achille, di Antiloco, di Aiace, riposano in terra straniera (Od ., 3, 109 sgg.; 24, 76 sgg.). Non c'è dunque il proposito di portare con sé in patria i resti del cadavere. E allora? Il vero scopo dell'arsione dei cadaveri non si deve cercare così lontano. Se si pensa che la distruzione del corpo per mezzo del fuoco ha per effetto il completo distacco dell'anima dalla terra dei vivi[3], si deve ammettere che i sopravvissuti che provocano questo atto, lo provocano appunto perché lo vogliono, e che dunque la relegazione dell'anima nell'Ade fu lo scopo, e l'intento di raggiungere questo scopo fu la ragione del sorgere della cremazione (...) l'unico fine che si perseguiva in tal modo era quello di produrre una pronta e completa separazione dell'anima dal corpo". Insomma si trattava di evitare la paura dei morti in "questo mondo omerico fatto naturalmente solo per i forti, gli accorti ed i potenti"[4].

La confindustra, e gli affamati che affollano la greppia rifornita dai padroni delle ferriere, o saltano a gara per afferrare con il ceffo l'offa lanciata in aria da altri padroni, insistono a dire che il virus non c’è più o addirittura non c’è stato mai: quindi: “torniamo, ossia tornate, pure ad affollare le spiagge, i supermercati i negozi, per il bene dell’economia che è la nostra vera patria”. Questo vogliono darci da intendere.
 Una volta, non secoli fa, si mandavano i giovani qualunque, quelli non protetti dal denaro o dal nome , a morire in querra con tali menzogne.
Oggi, cambiata la patria, i lor signori e i funzionari di questi fanno lo stesso.
Io rispondo che le mie patrie sono la cultura, la bellezza e l’amore. Eppure nemmeno per queste nobili madri sono disposto a morire poiché la madre di tutte le patrie è la vita. E tutte le vite hanno valore per me.

giovanni ghiselli

p.s. questo blog è arrivato a 975513 letture, più di 355 al giorno da quando l’ho aperto 7 anni e 4 mesi fa. Da qualche settimana supera il numero di  mille al giorno. Non credo che abbiano tanti lettori quanti si mettono in lista per farsi presentare  con i propri scritti in televisione. Ringrazio ancora una volta il pubblico che mi motiva.


[1] P. Citati, La mente colorata, p. 191.
[2]G. W. F. Hegel, Estetica  , pp. 1422-1423.
[3]V. specialmente Il . 23, 75, 76; Od . , 11, 218-222.
[4]E. Rohde, Psiche , p. 2.

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