giovedì 25 giugno 2020

Consigli per l'esame di maturità. Parte 23. Altri gesti di donne

 John Collier, Clytemnestra

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Il seno mostrato al proprio figliolo. Ecuba a Ettore nell’Iliade. Clitennestra a Oreste nelle Coefore. L’accusa di Tindaro nell’Oreste di Euripide

Ecuba nell'Iliade mostra il proprio petto a Ettore per indurlo a non affrontare Achille: la vecchia regina, aperta la veste, con una mano solleva il seno, e prega il figlio di ricordare che gli aveva dato la mammella che fa scordare le pene: "ei[ potev toi laqikhdeva[1] mazo;n ejpevscon - tw'n mnh'sai" (XXII, vv. 83 - 84)[2].

Il denudamento del seno viene poi attribuito da Eschilo al personaggio di Clitennestra che mostra le mammelle a Oreste per indurlo a compassione: "ejpivsce", w\ pai', tovnde d j ai[desai, tevknon, - mastovn" (Coefore , vv. 896 - 897), fermati, figlio, abbi rispetto di questo seno, creatura.

Nell’Oreste di Euripide, Tindaro, il padre di Clitennestra, accusa il nipote matricida con queste parole che pure non approvano la figlia. Si rivolge prima a Menelao, poi a Oreste.

“E per prima mia figlia che ha ammazzato lo sposo,
ed Elena, tua moglie, non la approverò mai 520
né le rivolgerei la parola; né invidio te che sei andato
nella piana di Troia per una donna cattiva.
Ma difenderò la legge, per quanto ne sono capace,
cercando di porre fine a questa brutalità
anche assassina, che sempre manda in rovina la terra e le città 525
Perché quale anima avevi, sciagurato, allora
Quando tirò fuori il seno supplicandoti
 La madre? - o{t j ejxevballe masto;n iJketeuvousa se - mhvthr
io che non ho visto quella malvagità,
sciolgo in lacrime il vecchio occhio, disgraziato che sono.
Un fatto di certo concorda con le parole mie: 530
Tu sei odiato dagli dèi e paghi il fio della madre
Vagando tra la follie e paure. Che bisogno ho
Di ascoltare da altri testimoni quello che posso vedere?
Perché tu lo sappia bene , Menelao, non compiere azioni 535
Contrarie agli dèi volendo aiutare costui,
lascia che venga ammazzato a colpi di pietra dai cittadini
oppure non mettere piede nella terra spartana.
Mia figlia morendo ha subito la sorte giusta
Ma non per questo individuo era naturale che lei morisse.
Io per altri aspetti sono un uomo fortunato,
tranne riguardo le figlie: in questo non sono felice - (vv. 519 - 540)


Il bacio al letto di morte (Alcesti, Deianira e Didone) e a quello della stanza della vergine (Medea nelle Argonautiche)

Un altro topos gestuale, tra l’erotico e il disperato, è il bacio della donna al letto[3], anzi al letto della propria morte per amore. Alcesti poco prima di morire vi si getta sopra, lo bacia e lo riempie tutto del torrente di lacrime che le sgorga dagli occhi (kunei' de; prospivtnousapa'n de; devmnion - ofqalmotevgktw/ deuvetai plhmmurivdiAlcesti, vv. 183 - 184.).
Un gesto ripetuto da Didone la quale muore imprimendo la bocca sul letto (os impressa toroEneide , IV, 659,).
“La donna che si getta sul letto coniugale, che invoca le dulces exuviae e bacia il letto, è la donna innamorata che non può liberarsi dal ricordo delle dolcezze del suo amore (sono note le ascendenze sofoclee, cioè i vividi riflessi di Deianira)”[4].
Nelle Trachinie di Sofocle le ultime parole di Deianira sono rivolte al letto: “w\ levch te kai; numfei' j ejmav, - to; loipo;n h[dh caivreq j wJ~ e[m j ou[pote –devxesq j e[t j ejn koivtaisi tai'sd j eujnhvtrian” (vv. 920 - 922), o letto mio e stanza nuziale, addio per sempre oramai, poiché non mi accoglierete più come sposa nel vostro giaciglio.

 La Medea di Apollonio Rodio invece bacia il letto della sua camera di ragazza nell’abbandonarla: “Kuvsse d j eJovn te levco~” (Argonautiche, 4, 26), quindi baciò anche i battenti, accarezzò le pareti, e dopo essersi strappata un ricciolo lo lasciò nella stanza della madre, ricordo della sua vita di vergine. 

giovanni ghiselli





[1] Alceo attribuisce al vino (oi\nonlaqikavdea, fr. 96 D. , v. 3) questo aggettivo formato da lanqavnw e kh̃do~.
[2] “ Sulla terra sono molte buone invenzioni, le une utili, le altre gradevoli: per esse la terra è amabile. E certe cose vi sono così bene inventate, da essere come il seno della donna: utili e al tempo stesso gradevoli” F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 252. 
[3] "Nella casa di Alcesti e di Admeto, come nel loro dramma, è il letto il mobile più importante", J. Kott, Mangiare Dio , p. 120.
[4] A. La Penna, Prima lezione di letteratura latina, p. 155.

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