lunedì 15 giugno 2020

Consigli per l'esame di maturità. Parte 8. I grandi autori sono imparentati tra loro. Il latino e il greco come corrente sanguigna della letteratura europea

Nelle pagine di un autore moderno si possono leggere in filigrana altri auctores della tradizione europea. Eliot, Shakespeare e Seneca. La difesa dell’identità e il “darsi animo”. La tematica senecana dell’orrore ripresa dal teatro elisabettiano. L’Ecerinis (del 1314) di Albertino Mussato. Ferruccio Bertini e George Uscatescu.

Eliot trova precise analogie tra i personaggi di Seneca e quelli del teatro elisabettiano:"Nell'Inghilterra elisabettiana si hanno condizioni in apparenza affatto diverse da quelle di Roma imperiale. Ma era un'epoca di dissoluzione e di caos; e in tale epoca, qualsiasi attitudine emotiva che sembri dare all'uomo alcunché di stabile, anche se è soltanto l'attitudine di "io sono solo me stesso", è avidamente assunta. Ho appena bisogno di segnalare...quanto prontamente, in un'epoca come l'elisabettiana, l'attitudine senechiana dell'orgoglio, l'attitudine montaigniana dello scetticismo, e l'attitudine machiavellica del cinismo giunsero a una specie di fusione nell'individualismo elisabettiano. Questo individualismo, questo vizio d'orgoglio, fu, necessariamente, sfruttato molto a causa delle sue possibilità drammatiche...Antonio dice "Sono ancora Antonio [1]" e la Duchessa "Sono ancora Duchessa di Amalfi "[2]; avrebbe sia l'uno che l'altro detto questo se Medea non avesse detto Medea superest ?"[3].
La Duchessa di Amalfi dice anche:"sappiate che condannata ch'io sia a vivere o a morire, posso comportarmi in entrambi i casi da principessa" (III, 2).
"E questa crisi socio - politica, ideologica e cosmica, dell'identità dell'io non produce soltanto la rinuncia, l'isolamento, e, in sostanza, il non - io, bensì due altre soluzioni egualmente importanti: e cioè, da un lato un paranoico amore di sé, con conseguente narcisistica interiorizzazione del mondo esterno, dall'altro la formazione mostruosa di un super - io che cerca di opporre pari possanza innanzi alle travolgenti forze nemiche, una esasperazione della volontà e una smaniosa ricerca di gloria. Sta in questi esiti della crisi dell'identità tutto l'animo barocco, e a questi offriva modelli tragici in abbondanza , ed un linguaggio già confezionato, sia il teatro di Seneca che il suo pensiero"[4].

Questo aggrapparsi alla propria identità fa parte dell’atteggiamento che Eliot definisce del “ darsi animo”. Lo individua nello stoicismo romano di cui Seneca è il rappresentante letterario, in Shakespeare e in Nietzsche:"Nietzsche è il più cospicuo esempio moderno del darsi animo. L'attitudine stoica è il rovescio dell'umiltà cristiana"[5]. Ed ecco l’Edipo di Seneca che si dà animo: l'accusa di paura non lo riguarda poiché ha la grande benemerenza di avere affrontato e confutato la Sfinge :"Nec Sphinga coecis verba nectentem modis/fugi " (Oedipus, v. 92) io non sono fuggito davanti alla Sfinge che intricava le parole in ciechi stilemi.
Non solo: “Shakespeare, "simile al mondo ed alla vita", secondo Kott, riprende la tematica senecana dell'orrore, e l' atrocità shakespeariana non stupisce, non ci è mai lontana. Titus Andronicus, Riccardo III , si ritrovano in Medea e Thyestes. Da Titus Andronicus fino ad Amleto, fino alla crudeltà senza nome della morte di Cordelia. In Shakespeare, il teatro di sangue che porta l'insegna senecana, raggiunge il suo punto culminante"[6].
 George Uscatescu ricorda fu Albertino Mussato (1261 - 1329) "il primo scrittore moderno che volle imitare le tragedie di Seneca. Mussato, scopritore di un "Seneca tragicus" (Ecerinis [7]) sotto la descrizione dei crimini di Ezzelino[8], rappresenta i crimini del suo contemporaneo Cangrande della Scala, il tiranno di Verona e cerca il suo modello nei temi di orrore e di sangue delle tragedie di Seneca…Si inizia la traiettoria moderna di un Seneca tragicus…che culmina nella esposizione che ci offre Shakespeare in Titus Andronicus, opera degna del più specifico Tieste o di Medea. Esposizione tematica del teatro della crudeltà così formulata:"I must talk of murders, rapes and massacres/Acts of black night, abominable deeds,/ Complots of mischief, treason, villainies/ Ruthful to hear, yet piteously performed " (V, 1, 63 - 66)"[9], io devo parlare di assassinii, stupri e massacri, atti della nera notte, azioni abominevoli, complotti del demonio, tradimenti, malvagità, penosi a udirsi, eppure eseguiti in modo da fare pietà. Sono parole di Aaron il moro amato da Tamora[10].

Sentiamo Ferruccio Bertini a proposito dell’influenza di Seneca sulla rinascita preumanistica del genere tragico : “uno dei punti di svolta decisivi nella storia della rinascita del genere tragico di matrice classica è senz’altro costituito dalla stimolante scoperta, forse nell’abbazia di Pomposa, d’un nuovo manoscritto contenente le tragedie di Seneca (eccettuata l’Octavia), l’Etruscus, che risale alla fine dell’XI secolo, ma la cui famiglia deve avere avuto origine nel secolo IX. Tale ritrovamento condusse Lovato Lovati, il promotore del cosiddetto preumanesimo padovano, e l’ambiente culturale raccolto attorno al suo magistero, a una nuova riflessione sul genere tragico, tanto critica ed esegetica, quanto, di lì a poco, operativa sul duplice piano della ricezione e della scrittura emulativa. Proprio in questo milieu si colloca e si giustifica l’opera di Albertino Mussato, allievo di Lovati, che fu “in grado di identificare alcuni elementi costitutivi delle tragedie senecane, come il tema della volubilità della fortuna, l’importanza della varietà metrica, le finalità pedagogiche, e il concetto - sia pure non perfettamente assimilato - di catarsi aristotelica”[11]. Se i grandi tragici antichi si ispiravano agli eroi del mito, il Mussato riscrive e attualizza in chiave moderna l’Octavia e il Thyestes, contaminandoli, mentre trae ispirazione per l’argumentum e per il truculento intreccio della sua tragedia dalla recente storia narrata nei Cronica Marchie Trivixiane ( composti fra il 1260 e il 1262) del conterraneo Rolandino da Padova. Nell’Ecerinis egli ripercorre, infatti, la vita e i criminosi misfatti del tiranno locale, Ezzelino da Romano, novello Nerone e, al contempo, novello Atreo per l’empietà sanguinaria delle nefandezze compiute, dalla leggendaria nascita per opera diabolica nel 1194 sino alla terribile morte (1259) sua e di suo fratello Alberico (1260). L’intento evidente era quello di riattizzare nei Padovani la fiamma sopita dell’orgoglio campanilistico, ricordando, con un terribile monito di avvertimento, le atrocità commesse dagli atroci despoti del secolo passato, nel momento dell’inquietante ascesa politica di Cangrande della Scala. Per far questo, egli decide di comporre non un pamplhet politico dagli intenti parenetici, ma una tragedia a tinte cupe basata sul modello dell’antico Cordovano, aprendo in tal modo, con lo spirito del precursore, la grande stagione della tragedia rinascimentale di imitazione senecana. Del frutto prematuro l’Ecerinis ha tutti i limiti e i difetti, ma si può convenire con Gustavo Vinay che essa costituisce “il punto di arrivo di una complessa corrente spirituale, durata otto secoli, dominata dal gusto per il pauroso e per il macabro, ma sorretta anche da un profondo desiderio di liberazione e di pace: di quella pace che il Mussato e tanti altri come lui cercavano in Boezio e, perché no, nel più antico consolatore romano, Seneca[12][13].
  
9. 1. Il latino e il greco come corrente sanguigna della letteratura europea. Bodei: gli assi di riferimento.
Per chiarire la necessità delle basi classiche, senza le quali c'è l'abisso del vuoto, posso citare un'altra "verità" di un saggio successivo[14] di T. S. Eliot: "Il latino e il greco[15] costituiscono la corrente sanguigna della letteratura europea: e come un solo, non già due distinti sistemi di circolazione; giacché è attraverso Roma che possiamo ritrovare la nostra parentela con la Grecia"[16].
E Leopardi: “Qualunque stile moderno ha proprietà, forza, semplicità, ha sempre sapore di antico, e non par moderno, e forse anche perciò si riprende, e volgarmente non piace” (Zibaldone, 1988). 
Naturalmente il greco e il latino sono le fondamenta del lavoro comparativo inteso a dare ai giovani un'educazione nello stesso tempo classica ed europea. Il greco e il latino sono i nostri “assi di riferimento”: “Siamo sicuri che sia possibile pensare o scrivere una storia priva di assi di riferimento?...In fondo non siamo affatto tenuti a scegliere fra storie asettiche, depurate da ogni presupposto, e filosofie e utopie a disegno, quanto, semmai, a rendere esplicite le premesse nascoste e le conseguenze ipotizzabili di ogni narrazione con pretese di comprensione degli eventi, così da poterle sottoporre a un ragionevole esame critico e comparativo”[17].

giovanni ghiselli






[1] "I am Antony yet ", Antonio e Cleopatra (del 1606 - 1607) , III, 13.
[2]Da La duchessa di Amalfi (del 1614) , di J. Webster (1580 - 1625).
[3]Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, (del 1927) in T. S. Eliot Opere , p. 800.
[4] M. Pagnini, Seneca e il teatro elisabettiano, in "Dioniso" LII, 1981, p. 412,
[5] Shakespeare e lo stoicismo di Seneca, in T. S. Eliot, Opere, p. 799.
[6] George Uscatescu, Seneca e la tradizione del teatro di sangue, "Dioniso" 1981, p. 387.
[7] Del 1314 .
[8] Crudelis ut Nero (ndr)
[9] George Uscatescu, op. cit,. p. 374
[10]Tante, troppe parole che fanno pensare a questo giudizio di Nietzsche:" Shakespeare… paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro anche lavorato nel modo più nobile, tale da far quasi dimenticare il suo valore come metallo" Umano, troppo umano II vol. , p. 57. 
[11] S. Pittalunga, Modelli classici e filologia nell’Ecerinis di Albertino Mussato, in La scena interdetta Napoli 2002, pp. 245 - 246, in part. p. 246…Sulla riscoperta di Seneca tragico nel Medioevo cfr. inoltre, del medesimo studioso, Mestissima mortis imago (note su Seneca tragico nel Medioevo e nell’Umanesimo), in La scena interdetta cit. pp. 257 - 265.
[12] G. Vinay, Studi sul Mussato, “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, 126 (1949), p. 159.
[13] F. Bertini, XXVI Convegno Internazionale, Tragedie dell’onore nell’Europa Barocca, Roma, 12 - 15 settembre 2002., pp.37 - 39.
[14] Che cos'è un classico? , 1944.
[15] Io metterei prima il greco.
[16] In T. S. Eliot, Opere, p. 975.
[17] R. Bodei, La speranza dopo il tramonto delle speranze”, in “Il Mulino”, 333, 1991.

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