venerdì 12 giugno 2020

Senza i rapporti umani si estingue la specie umana

La solitudine come bene e come male


La scelta della solitudine , condannata come disumana da Omero (nell’episodio del Ciclope) a Menandro, più avanti, con la degenerazione brutale dei rapporti umani, con la trasformazione delle persone in "turba ", folla fastidiosa e fuorviante, diventerà non solo dignitosa ma necessaria.

Prendiamo Seneca  che tornato dal Circo dove ha assistito a mera homicidia  omicidi veri e propri, commenta:" avarior redeo, ambitiosior, luxuriosior? immo vero crudelior et inhumanior, quia inter homines fui ", torno a casa più avido, ambizioso, amante del lusso? anzi più crudele e più disumano proprio perché sono stato in mezzo agli uomini (Ep. 7, 3). Il consiglio allora è:"recede in te ipse quantum potes ", rientra in te stesso quanto puoi (7, 8).

La posizione si radicalizza nell'incipit di  un'altra lettera: “ Seneca Lucilio suo salutem. Sic est, non muto sententiam: fuge multitudinem, fuge paucitatem, fuge etiam unum” (Ep. 10, 1), Seneca saluta il suo Lucilio. E' così, non cambio parere, evita la folla, evita i pochi, evita anche uno solo.

 

 

 “C’è da dir male anche di chi soffre per la solitudine-io ho sempre e soltanto sofferto per la moltitudine[1].

C. Pavese scrive :"Maturità è l'isolamento che basta a se stesso" (Il mestiere di vivere , 8 dicembre 1938). E più avanti (15 ottobre, 1940):"Ci sono servi e padroni, non ci sono uguali. La sola regola eroica: essere soli soli soli". E infine (25 aprile 1946):"Ogni sera, finito l'ufficio, finita l'osteria, andate le compagnie-torna la feroce gioia, il refrigerio di essere solo. E' l'unico vero bene quotidiano".

 E' pur vero che questo nostro autore si uccise il 18 agosto del 1950.

Dopo quattro mesi di Pandemia, personalmente sento la solitudine come isolamento, ossia come un male. Essere solo, si è detto, non dignifica sentirsi solo, e in effetti ci sono tante attività che mi riescono meglio da solo. Se non altre, la preparazione delle mie conferenze. Poi però, una volta che le ho preparate bene, mi piace tenerle a un pubblico possibilmente anche numeroso. Ora metto qui nel blog quello che scrivo e in tanti mi leggete, e ne sono contento. Però mi mancano i volti, i visi, le espressioni di chi mi ascolta, le osservazioni, le domande, le critiche e gli elogi che ricevo.  Mi manca il teatro: quello dove vado come spettatore, a Siracusa, a Epidauro per le tragedie greche, a Bologna e a Pesaro i melodrammi moderni, e sento altresì la mancanza delle recite fatte da me quando racconto quello che ho studiato e imparato. Cerco di farlo in forma viva, bella, elegante.

Asor Rosa in una pagina del quotidiano “la Repubblica” di oggi, 12  giugno 2020,  scrive: “la forma, il modo di porgere, il modo di ricevere, rendono effettivamente operante e trasmissibile il sapere (…) la mia impressione è che se la comunicazione informatica ha impedito il disastro, per altri versi lo ha sistematizzato e perciò reso ancora più permanente (…) Non è perciò difficile capire che la solitudine, come l’abbiamo intesa finora, può mettere in crisi l’intero sistema” (pagine 38-39).

 Seneca scrive che tornava dal circo più disumano dopo essere stato tra gli uomini, noi sappiamo che se ci accostiamo ad altri esserei umani, torniamo a casa infettati. D’altra parte se seguitiamo a evitare i contatti ravvicinati rischiamo lo zitellaggio del corpo e della mente. Senza i rapporti umani si estingue la specie umana

giovanni ghiselli



[1] Ecce homo, Perché sono così accorto, p. 37.

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