lunedì 15 giugno 2020

Consigli per l'esame di maturità. Parte 5. La lettura dei classici

Machiavelli
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Così del resto faceva Machiavelli leggendo. Lo racconta nella Lettera a Francesco Vettori: "Venuta la sera, mi ritorno in casa et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e, rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni. E quelli per loro umanità mi rispondono; e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi tranferisco in loro... Die 10 Decembris 1513 ".
La lettura dei classici dunque per il segretario fiorentino aveva un valore catartico. Lo stesso significato positivo ha per Plutarco lo scrivere biografie: nella medesima prefazione infatti l'autore afferma anche: il mio lavoro mi appare proprio come un conversare, un vivere quotidianamente in intimità con costoro, quando, per narrarne le vicende, io li ricevo quasi e li accolgo a turno come ospiti uno per uno, e considero quanto grande e quale sia (" o{sso" e[hn oi|ov" te"[41]), scegliendo fra le loro azioni quelle che furono le più importanti e le belle per la conoscenza:"ta; kuriwvtata kai; kavllista pro;" gnw'sin ajpo; tw'n pravxewn lambavnonte"". Insomma "il biografo si rimira nello specchio della storia per accordare la propria esistenza ai grandi paradigmi di virtù fornitigli dai suoi personaggi, vive anzi con loro (come poi Montaigne), desideroso di preservare nell'animo la memoria fragrante di ciò che varrà poi ad espellere l'ignobile sentore della quotidianità. Gli exempla virtutis costituiscono il più sicuro esercizio di virtù per l'autore"[42].
Quindi Plutarco cita un frammento di Sofocle[43]:"feu' feu', tiv touvtou cavrma mei'zon a]n lavboi"", ah, ah, quale gioia potresti prendere maggiore di questa, e, aggiunge, kai; pro;~ ejpanovrqwsin hjqw'n ejnergovteron (I, 4) quale più efficace per il raddrizzamento dei costumi? Lo studio della Storia allora infonde gioia in chi lo coltiva, come la poesia: Erodoto narra che in attesa del canto di Arione, nel cuore dei pur spietati marinai corinzi che lo avevano condannato a morte per derubarlo, si insinuò il piacere [44]. 

 "Che profitto trarrà dalla lettura delle Vite del nostro Plutarco? La mia guida si ricordi a che cosa mira il suo compito; e imprima nella mente del suo discepolo non tanto la data della distruzione di Cartagine, quanto piuttosto i costumi di Annibale e di Scipione"[45].

“Per l'uomo moderno, Plutarco significa Shakespeare"[46], e viceversa. E allora diciamo subito che alcune tragedie di Shakespeare (il Giulio Cesare, l'Antonio e Cleopatra, il Coriolano ) dipendono da Plutarco che il drammaturgo inglese leggeva nella traduzione (del 1579) di Thomas North fatta su quella francese (del 1559) del vescovo Amyot che tradusse pure i Moralia (1572)[47]. Nonostante la doppia traduzione ci sono, soprattutto nel Coriolano , situazioni e frasi che riproducono gli originali di Plutarco, tanto che Elias Canetti in un passo[48] de La provincia dell'uomo , afferma che " Plutarco non è affatto schizzinoso. Nelle sue pagine accadono cose terribili, come nelle pagine del suo seguace Shakespeare".

Plutarco, biografo di eroi, fu oggetto di culto da parte di Vittorio Alfieri :"Ma il libro dei libri per me, e che in quell' inverno mi fece veramente trascorrere dell'ore di rapimento e beate, fu Plutarco, le vite dei veri Grandi. Ed alcune di quelle, come Timoleone, Cesare, Bruto, Pelopida, Catone, ed altre, sino a quattro e cinque volte le rilessi con un tale trasporto di grida, di pianti, e di furori pur anche, che chi fosse stato a sentirmi nella camera vicina mi avrebbe certamente tenuto per impazzato. All'udire certi gran tratti di quei sommi uomini, spessissimo io balzava in piedi agitatissimo, e fuori di me, e lagrime di dolore e di rabbia mi scaturivano al vedermi nato in Piemonte e in tempi e governi ove niuna alta cosa non si poteva né fare né dire, ed inutilmente appena forse ella si poteva sentire e pensare"[49].
“ Aspettando i cavalli in Savona, gli capitò un Plutarco. Qui sentì qualche cosa di più che il racconto, gli batté il cuore: quelle immagini colossali non lo sbigottivano, anzi suscitavano la sua emulazione: - Non potrei essere anch’io come loro? - E il potere c’era, perché le sue forze non erano da meno”[50].
Foscolo nelle Ultime lettere di Iacopo Ortis scrive:"Col divino Plutarco potrò consolarmi de' delitti e delle sciagure della umanità volgendo gli occhi ai pochi illustri che quasi primati dell'umano genere sovrastano a tanti secoli e a tante genti"[51].

 “La storia occorre innanzitutto all’attivo e al potente, a colui che combatte una grande battaglia, che ha bisogno di modelli, maestri e consolatori, e che non può trovarli fra i suoi compagni e nel presente…Che i grandi momenti nella lotta degli individui formino una catena, che attraverso essi si formi lungo i millenni la cresta montuosa dell’umanità, che per me le vette di tali momenti da lungo tempo trascorsi siano ancora vive, chiare e grandi - è questo il pensiero fondamentale di una fede nell’umanità che si esprime nell’esigenza di una storia monumentale[52].
"Nella mancanza di dominio su se stessi, in ciò che i romani chiamano impotentia , si rivela la debolezza della personalità moderna"[53].
Un ajntifavrmako" , un ottimo contravveleno di questa impotenza, può essere Plutarco:"Se invece rivivrete in voi la storia dei grandi uomini, imparerete da essa il supremo comandamento di diventare maturi e di sfuggire al fascino paralizzante dell'educazione del tempo, che vede la sua utilità nel non lasciarvi maturare per dominare e sfruttare voi, gli immaturi. E se desiderate biografie, allora che non siano quelle col ritornello "Il signor Taldeitali e il suo tempo". Saziate le vostre anime con Plutarco ed osate credere in voi stessi, credendo ai suoi eroi. Con un centinaio di uomini educati in tal modo non moderno, ossia divenuti maturi e abituati all'eroico, si può oggi ridurre all'eterno silenzio tutta la chiassosa pseudocultura di questo tempo"[54].
Seneca sconsiglia di proporre contromodelli: nella Praefatio al III libro delle Naturales quaestiones afferma che è molto meglio spengere i propri vizi piuttosto che raccontare ai posteri quelli degli altri: "quanto satius est sua mala extinguere quam aliena posteris tradere! " ( 5), quanto meglio è spengere i propri vizi che tramandare ai posteri quelli degli altri! Seguono gli esempi di Filippo e di Alessandro e di tutti gli altri che furono pestes mortalium non meno rovinose di inondazioni e incendi. A questo proposito si rifletta sul caso della docente del liceo classico romano messa sotto accusa per avere fatto leggere degli scritti di Hitler con altri di altri autori.

Machiavelli dà questo consiglio: “debbe uno uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi e quelli che sono stati eccellentissimi imitare” (Il Principe, VI).

 Anche Guicciardini ricava insegnamenti dalla storia e dagli storiografi: “Insegna molto bene Cornelio Tacito a chi vive sotto a’ tiranni el modo di vivere e governarsi prudentemente, così come insegna a’ tiranni e modi di fondare la tirannide”[55]. Tuttavia in un altro dei Ricordi (110) scrive: “Quanto si ingannano coloro che a ogni parola allegano e Romani! Bisognerebbe avere una città condizionata come era la loro, e poi governarsi secondo quello essemplo: el quale a chi ha le qualità disproporzionate è tanto disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facessi il corso di uno cavallo”.
Il criterio deve essere quello della discrezione: “E’ grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente e, per dire così, per regola: perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione per la varietà delle circostanze, le quali non si possono fermare con una medesima misura: e queste distinzione e eccezione non si truovano scritte in su’ libri, ma bisogna le insegni la discrezione”[56] .Questi giudizi contrastanti possono indurre il giovane a pensare criticamente e a giudicare (krivnein) secondo il proprio orientamento psicologico. 

Molte vite del resto sono composite e variopinte. Nel secondo volume della Recherche di Proust il pittore Elstir dice a Marcel:"Le vite che ammirate, le attitudini che giudicate nobili, non sono state predisposte dal padre di famiglia o dal precettore; sono state precedute da esordi ben diversi, hanno subito l'influsso del male o della banalità che regnavano intorno a loro. Rappresentano una lotta e una vittoria"[57].

In effetti le parti sostenute durante una pur breve esistenza di un uomo possono mutare o alternarsi.

Plutarco nota questa alternanza dell’umana sorte nella prefazione alle Vite di Demetrio e Antonio. Personaggi, entrambi compositi, comunque adatti piuttosto a fare da paradigmi negativi che positivi: le loro grandi nature portavano grandi virtù, come grandi vizi: entrambi furono dediti alle passioni dell’amore e del vino, furono uomini di guerra, munifici, sontuosi, insomma uJbristaiv , eccessivi. Ebbero grandi successi alternati a grandi cadute e chiusero in modo simile la loro vicenda terrena.(Prefazione alle Vite di Demetrio e Antonio, 1, 8). Più avanti, raccontando la Vita del Poliorcete, Plutarco aggiunge:”Sembra che non ci sia stato altro re cui la Fortuna abbia imposto rivolgimenti così grandi e improvvisi come a Demetrio, e che essa in altre vicende, non divenne altrettante volte piccola e di nuovo grande, né umile da splendida , e poi di nuovo forte da misera . Perciò dicono pure che Demetrio nei più gravi sconvolgimenti apostrofasse la Fortuna con il verso di Eschilo: "Tu davvero mi rendi tronfio, tu sembri bruciarmi[58]" ( Vita di Demetrio, 35, 3 - 4).
Di Antonio si può mettere in evidenza la teatralità[59].
Luciano[60] paragona la nostra vita a una processione in costume guidata dalla Fortuna che attribuisce le parti agli umani e spesso cambia maschere e ruoli di alcuni durante il corteo: " Pollavki" de; kai; dia; mevsh" th'" pomph'" metevbale ta; ejnivwn schvmata"[61]
Si può pensare alle alterne vicende di Mussolini[62]: fu un maestro di scuola, un vagabondo, un demagogo, un dittatore e finì davanti al plotone di esecuzione, come certi personaggi di Márquez. Sentiamo l’incipit di Cent’anni di solitudine: “ Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio”[63].

giovanni ghiselli





[42]G. Camassa, Lo Spazio Letterario Della Grecia Antica , Vol. I, Tomo III, p. 329.
[43]Fr. 579 Nauck, v. 1.
[44] I, 24:"kai; toi'si ejselqei'n ga;r hjdonh;n eij mevvlloien ajkouvsesqai tou' ajrivstou ajnqrwvpou ajoidou'".
[45] Montaigne , Saggi, (del 1588), p. 206.
[46]Mazzarino, op. cit., p. 138. L'autore continua così:"significa Robespierre e Verginaud e Danton; solo uno storico di razza (sia pure uno storico moralista, storico dell' ethos di grandi individui) poteva trasmetterci l'eredità classica, in quanto eredità di tradizione storica, in maniera così rilevante e decisiva.
[47]Traduzioni approvate, da Montaigne che, qualche anno più tardi, scrive nei Saggi :" Io do giustamente, mi sembra, la palma a Jacques Amyot su tutti i nostri scrittori francesi, non solo per la semplicità e la purezza del linguaggio, nella quale supera tutti gli altri, né per la costanza di un così lungo lavoro, né per la profondità del suo sapere, poiché ha potuto volgarizzare così felicemente un autore tanto spinoso...ma soprattutto gli sono grato di aver saputo discernere e scegliere un libro tanto degno e tanto appropriato per farne dono al suo paese. Noialtri ignoranti saremmo stati perduti se questo libro non ci avesse sollevato dal pantano; grazie a lui, osiamo ora e parlare e scrivere; le signore ne dànno lezione ai maestri di scuola; è il nostro breviario"(II, 4, pp. 467 - 468).
[48]In Opere 1932 - 1973 , trad. it. Bompiani, Milano, 1990, p. 1812.
[49]Vita , Epoca terza, cap. VII. Siamo nel 1769; Alfieri è “ripatriato per un mezz’anno” .
[50] F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, 2, p. 371. 
[51]18 ottobre 1797.
[52] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita (del 1874), in Considerazioni inattuali, II, p. 92 e p. 93.
[53] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali, II, p. 116.
[54] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali, II, p. 125.
[55] Ricordi, 18. La redazione definitiva dei Ricordi è del 1530.
[56] Ricordi, 6.
[57] M. Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, p. 468.
[58] (fr. 259 N. 2)
[59] Nella Vita di Antonio, accoppiata con quella di Demetrio, Plutarco cita due versi dell’Edipo re (il quarto leggermente modificato e il quinto senza ritocchi poli~ …) per significare la dissolutezza pestifera di Antonio: quando il triumviro si recò in Oriente, l’Asia intera, come quella famosa città di Sofocle (Tebe) era piena di fumi di incenso, e insieme di peani e di gemiti (24, 3).
Subito dopo Plutarco racconta che Antonio entrò in Efeso preceduto da donne vestite come le Baccanti e da uomini e fanciulli abbigliati da Satiri e da Pan; la città era piena di edera, tirsi, zampogne e flauti e la gente acclamava Antonio come Dioniso che dà gioia e amabile. Per alcuni sarà stato tale, ma per i più era
j Wmhsth;~ kai; jAgriwvnio~ (24, 4 - 5), Dioniso Crudivoro e Selvaggio.
Quando Cleopatra si recò da lui risalendo il fiume Cidno, con teatralità ancora più vistosa, si diffuse dappertutto la voce che Afrodite con il suo corteo andava da Dioniso per il bene dell’Asia (wJ~ hJ jAfrodivth kwmavzoi pro;~ to;n Diovnuson ejp j ajgaqw`/ th`~ jAsiva~, 26, 5)Quindi Plutarco racconta alcune buffonate che i due amanti compivano divertendo gli Alessandrini i quali dicevano che Antonio con i
Romani usava la maschera tragica e con loro quella comica ( levgonte~ wJ~ tw`/ tragikw`/ pro;~ tou;~ JRomaivou~ crh`tai proswvpw/, tw`/ de; kwmikw/` pro;~ aujtouv~, 29, 4). 
[60] 120 ca. d. C. 180 ca.
[61] Mevnippo" h] nekuomanteiva, 16.
[62] Più avanti (16, 5) ricorderemo anche Saddam Hussein barbaramente impiccato da poco.
[63] García Márquez, Cent’anni di solitudine, p. 9

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