di Giuseppe Moscatt
In un nostro precedente articolo sull'ateniese Cleone, nemico di Pericle ma grande eroe di una delle
fasi più delicate della guerra del Peloponneso, abbiamo accennato ad un generale spartano, Brasida,
morto in battaglia proprio contro Cleone. Tucidide, il famoso storico di quella Grande Guerra, lo loda
perché è il primo generale della storia che portò la guerra contro il nemico lontano dal tradizionale
luogo dello scontro, qui l'Attica di Atene e anzi fuori dal Peloponneso, scelta che nell'età moderna fu
la tattica vincente di Federico di Prussia, avido lettore proprio del citato Tucidide. ostui appunto
narra come Brasida sia corso in aiuto della città amica di Metone, anch'essa in Laconia come Sparta,
assalendo alle spalle gli ateniesi intenti ad assediarla e sbaragliando gli aggressori. Nondimeno, il
Governo di Sparta manderà il giovane Brasida nell'isola di Lemno con l'ordine di sbaragliare con le
poche navi in loro possesso la più agguerrita flotta d'Atene. Anche in tale occasione, Brasida si
comporta da ammiraglio di ferro, come quell'ammiraglio austriaco - il Tegetthoff - che con navi di
legno,da testa di ferro, affondò navi di ferro condotte da teste di legno, nella battaglia di Lissa lungo
l'Adriatico il 20 luglio del 1866.
A Lemno, Brasida armò rapidamente una flotta di piccolo naviglio,
ma veloce e idonea all'attacco della navi greche poche e in attesa di rifornimenti da Creta che non
arrivarono in tempo, sfruttando il vento favorevole e facendo tesoro delle precedenti sconfitte navali,
Brasida riuscì a speronare le navi alla fonda e ad affondarne parecchie.
Ancora: sull'onda della
precedente vittoria, il nostro comandante alzò le vele addirittura verso il Pireo, il grande porto di
Atene inviolato da anni. Occupò il Promontorio di Salamina e simulò un grande incendio che
spaventò molto gli ateniesi. E prima che questi prendessero il mare e rispondessero, catturò uomini,
bottino e navi e rapidamente tornò al porto sicuro di Nivia.
Da questi primi tre eventi, emerge quanto
fosse simpatico a Tucidide questo ardimentoso comandante, non solo per aver sconfitto finalmente
gli ateniesi sul mare, ma anche per avere adottato una tattica di rapidità e di attacco che qui lo
rassomiglia all'ammiraglio Nelson nelle guerre napoleoniche. In verità si era avuto una crisi della
potenza militare ateniese sia per la morte di Pericle (429), sia per il perdurare della peste (430),
intervenuta proprio nel secondo anno di guerra. L'eterna rivale Sparta era apparentemente in
vantaggio militare quando Archidamo, suo Re, si dovette ritirare in Beozia e fino all'Istmo di Corinto
a causa di una forte crisi di rifornimenti alimentari. Malgrado la morte di Pericle, fino al 427 non
mutò la situazione di guerra di attrito. Peraltro la paura degli Spartani di prendersi la peste entrata
via mare durante la guerra in attica alle porte di Atene; la disattenzione per la difesa che Lisicle nuovo
stratega rivolse alla guerra piuttosto che alle morti per la grave epidemia; fecero sì che il democratico
Cleone e il ricchissimo Nicia conservatore, si allearono loro malgrado a bloccare gli Spartani a
Corinto, mentre la flotta ateniese guidata dall'ammiraglio Formione tentava di resistere alla guerra
di corsa di Brasida, come si è anticipato.
Nel 428 un fatto nuovo riapre la guerra di movimento: la
rivolta di Mitilene, capitale della ricca isola di Lesbo, alleata storica di Atene. Passata presto dalla
parte spartana e dopo un assedio di quasi un anno, senza un concreto aiuto dei nuovi alleati, Mitilene
cadeva nelle mani di Cleone, nuovo stratega, capo di Atene. Qui Tucidide, già fine narratore di questo
complesso conflitto, inizia una narrazione favorevole al tradizionale nemico spartano e va quindi
premessa una circostanza personale che inciderà in merito. Invero, dopo una iniziale ammirazione di
Pericle, Tucidide contrasse la peste da cui si salvò a stento, poi divenne Stratega ordinario e nel 424
combatté con Cleone nella difesa di Anfipoli, città della Tracia e patria dello stesso Cleone. Città che
proprio nel 424 si trasferì nella Lega spartana. All'epoca lo storico fu accusato e condannato all'esilio
ingiustamente per avere omesso le difese della città e dunque il nostro non poteva essere imparziale.
E tuttavia, la polemica storiografica fra Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff e Eduard Schwartz
della seconda metà dell''800, di natura storicista, sui tempi di stesura della sua Guerra del
Peloponneso, conferma lo spirito che la guidava, essere una storia politica che guardasse al presente.
In particolare, è una storia determinata dalla realtà da lui percepita, tanto più perchè ne aveva fatto
parte. Ne sviscerava quindi gli avvenimenti da uomo che sa come avvennero le fonti personalmente
valutate, una sorta di adeguamento dei fatti ai valori, dove la guerra è vista come il motore politico,
dove l'etica è messa da parte a favore di precisi interessi politici. Prendiamo ora il caso di Cleone,
arrivato come stratega a generale: con mille opliti occupa Mitilene nel 428, già arresa al precedente
stratega Clippide, dopo un lungo assedio che ha stancato la popolazione.
Ebbene, la posizione di
Cleone è nota: per avere definitivamente dalla sua parte tutto il popolo di Atene, ancora freddo per
quel tradizionale nemico di Pericle - Aristofane lo chiama il conciatore di pelli per segnalare la sua
bassa origine di mero commerciante arricchito e ignorante - il nuovo generale è del parere di fare
strage di tutti i viventi traditori, vecchi e bambini e donne comprese, come ordinò Herbert Kappler
per rappresaglia riguardo ai prigionieri politici nell'eccidio delle Fosse Ardeatine il 24.3.1944. Di più:
Cleone voleva anche assegnare il territorio urbano e provinciale ai proprietari terrieri ateniesi, forse
il vero motivo dell'annunziata strage, al fine di consolidare la spinta espansiva di Atene al di là
dell'Attica fino in Tracia.
Tucidide racconta di una provvidenziale Metanoia, cioè di un ravvedimento
dell'assemblea ateniese che invece scelse una via più morbida, dissuasiva di una resa così assoluta. Il
rappresentante Diodoto dell'Areopago ateniese, in un centralissimo dialogo proposto da Tucidide,
limitava la repressione all'abbattimento della Mura, al sequestro della flotta e ad una più blanda
assegnazione forzosa di pochi territori. E se questa non fosse stata la soluzione adottata, Tucidide non
si distinguerebbe da un comune cronista, legato ai fatti. Piuttosto, la predetta critica di marca storicista
fece notare che dietro le parole di compromesso di Diodato stava proprio il parere dello stesso storico,
che sulla scia dell'esperienza politica di Pericle non voleva umiliare tutti gli abitanti non traditori,
ignari dei maneggi politici del governo in carica. Valutazione storica non secondaria, specialmente se
pensiamo alle scelte del Trattato di Versailles del 1918, quando l'umiliazione economica e morale
della Germania fu la più probabile causa del Secondo Conflitto Mondiale.
Ma torniamo a Brasida e
alla seconda fase della guerra con Sparta. Si è detto che nel 426 la lega Pelopennesiaca - leggi Sparta
- si è fermata all'istmo di Corinto e non è più discesa in Attica, vuoi per terremoti, vuoi per la peste,
vuoi per la stanchezza, divenendo quella guerra un esempio classico di guerra di posizione.
Nell'Aeropago, la discussione del che fare? continua. Come oggi si parla di nuova offensiva dopo
l'inverno nell'attuale guerra di invasione dell'Ucraina; così Cleone blocca le trattative di pace che un
altro generale, il Cavaliere Nicia, propone per rinforzare il popolo stremato. Cleone insiste per un
attacco alla città di Pilo, a suo parere pronta a cadere. L'assemblea cedette e Pilo, nonché le isole
Sfacteria e Citera, che ad una passo dalla Laconia spartana, vengono rapidamente conquistate. E gli
Spartani? Il loro nuovo comandante generale è il citato Brasida. Ha imparato la lezione di Cleone,
buon commerciante che da civile ha conquistato il mercato sbaragliando i nemici e invertendo la
politica economica monopolista. Perché Cleone fra onori altissimi, è ora titolare di pasti a vita nel
Pritaneo e un posto d'onore al Teatro? Anche Brasida, già eforo di Sparta nel 431 a.c., Lacedemone
per eccellenza - ovvero spartano doc per razza ed etica morale ben più coerente e all'antica - realizza
il progetto militare di Cleone: come aveva questi ipotizzato con le isole di Sfacteria e di Citera
aggredite ben lontano dall'Attica; così Brasida attacca Atene non nel suo territorio, ma colpisce la
Tracia con un esercito di terra, aggirando le triremi ateniesi.
Con pochi uomini e fidando negli alleati
del Nord, a tappe forzate - erano gli eredi delle Termopili! - Brasida attraversa la Beozia e poi
raggiunge la Tracia e si allea con Perdicca re di Macedonia. E malgrado Tucidide resista nella fortezza
di Eione alle forze ben armate di invasione peleponnesiache - resistenza ritenuta tanto debole da far
meritare a Tucidide l'esilio come anticipammo - Anfipoli, porto centrale del commercio dei metalli e
perciò ambita da Cleone, cadde con rapidità. Del resto, il breve governo straniero di Brasida non fu
affatto molto duro, tanto che quei cittadini - dove erano presenti non pochi imprenditori marittimi
immigrati dal Pireo - gli costruirono un monumento funebre e un funerale da eroe, circostanze che
proprio Tucidide rileva, onorando da storico la grandezza della politica di questo generale di ferro
che Federico II di Prussia ricordava nei suoi colloqui militari di storia col Voltaire, lungo le
passeggiate al parco reale di Berlino - Sanssouci nel 1740, quando sull'esempio dello spartano iniziò
una rapida invasione dei paesi confinanti - per esempio la Sassonia di Augusto III di Sassonia - al
fine di acquisire preventivamente il possesso della Slesia in in contesa con Maria Teresa di Austria.
Forse se non fosse morto sotto le mura di Anfipoli, appena caduta, Brasida avrebbe anticipato le
imprese di Alessandro Magno, senza essere come quello un comandante sensibile al fascino
femminile che lo portò a sposare la figlia del Re di Persia solo per avvenenza e per politica spicciola.
E questa però è un'altra storia: la guerra del Peloponneso continuerà con altri personaggi non
secondari, come Nicia il pacifista e Alciabiade l'opportunista.
Giuseppe Moscatt
Giuseppe Moscatt
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