La bellezza è una potenza che non ha bisogno dell'arte:"Formosae non artis opem praeceptaque quaerunt;/
est illis sua dos, forma sine arte potens " (Ars, III, 257-258), le belle non cercano l'aiuto e i precetti dell'arte; hanno la loro dote, la bellezza è una potenza senza l'arte.
Le veramente belle e senza difetti però sono pochissime e gli accorgimenti possono attenuare i difetti. Perfino alla mancanza di gioventù si può trovare rimedio.
Munditiae, usus, cura, prudentia operum, l’eleganza, la conoscenza della pratica amorosa possono compensare la freschezza perduta:" Adde quod est illis operum prudentia maior,/solus et artifices qui facit usus adest/ Illae munditiis annorum damna rependunt/ et faciunt cura, ne videantur anus/ utque velis, Venerem iungunt per mille figuras:/invenit plures nulla tabella modos " (Ars amatoria , II, vv. 675-680), aggiungi che quelle[1] hanno maggiore esperienza dell'attività amorosa, e c'è la pratica che sola fa gli artisti. e vincono la lotta contro il tempo inesorabile. Quelle con l'eleganza compensano i danni del tempo e con i trattamenti di bellezza fanno in modo di non sembrare vecchie. e, purché tu lo voglia, fanno l'amore componendo mille figure; nessun quadro ha trovato più posizioni.
Certamente si potrebbe contrapporre all' anus, navigata e restaurata, quasi desiderabile, la vecchia signora di Pirandello la quale "coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili" fa ridere con l'avvertimento "che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere"[2].
Questo dell'anziano spennellato e miserevole è un vero e proprio tovpo" pirandelliano: si trova pure nella signora Popònica delle pagine iniziali de L'esclusa[3] e nella poesia Dal fanale a proposito di un vecchio che "nero-rossi, qual pel di faina,/si ritinge i capelli" come fanno quelli che danno la tinta "al canuto, imbecillito affetto/della vita". Del resto l'eroe è l'uomo che non vuole cedere[4] , e, quindi, non cedere alla vecchiaia può essere considerata una forma di eroismo.
La forma è dei munus (Ars, III, 103) un dono di Dio ma:"pars vestrum tali munere magna caret" v. 104), una gran parte di voi (donne) manca di questo dono. Allora:"Cura dabit faciem" (v. 105), la cura darà un bell'aspetto, mentre, viceversa, "facies neglecta peribit ", un bell'aspetto trascurato sfiorirà, anche se fosse simile a quello di Venere.
L’importanza dell’aspetto in altri autori
Nel terzo canto dell'Iliade Ettore rinfaccia a Paride (v. 39) di essere un donnaiolo (gunaimanev") e seduttore (hjperopeutav) di aspetto splendido (ei'jdo" a[riste) ma senza valore né forza nel cuore (45), capace di portare via donne di uomini bellicosi ma non di affrontarli. Allora Paride gli risponde di non biasimarlo e non rinfacciargli i doni amabili dell'aurea Afrodite (mhv moi dw'r j ejrata; provfere crusevh" jAfrodivth"", 64): nemmeno per te sono spregevoli i magnifici doni degli dèi (qew'n ejrikudeva dw'ra, 65) che del resto nessuno può scegliersi.
La povera Saffo di Leopardi prima di ammazzarsi dice:"Alle sembianze il Padre,/alle amene sembianze eterno regno/diè nelle genti; e per virili imprese,/per dotta lira o canto,/virtù non luce in disadorno ammanto"[5].
Nell'Idiota di Dostoevskij troviamo alcune parole sulla bellezza femminile, quella di Aglaja Ivanovna :"E' difficile giudicare la bellezza..La bellezza è un enigma (…) Una bellezza simile è una forza...con una simile bellezza si può rovesciare il mondo"[6].
L'usus e la peritia sono anche pregi della poesia amorosa: questa di Ovidio è resa credibile e degna della protezione di Venere proprio dall’esperienza dell’autore:"usus opus movet hoc: vati parete perito;/vera canam. Coeptis, mater Amoris ades " (I, 29-30), l'esperienza fa nascere quest'opera: obbedite al poeta esperto; canterò fatti veri. Madre di Amore, assisti l'impresa.
Ovidio quando scrive l'Ars Amatoria è ancora in fase eroica.
"La trattazione del libro dedicato alle donne", il terzo, "incomincia, dopo il lungo proemio, con una specie di inno al cultus (Ars III 101-128). Il passo è celebre...Senza cultus non avremmo i frutti della terra, il vino e le messi. La forma , la bellezza, è dono divino; è il cultus che dà la bellezza anche a chi non l'ha. Si obietta che le donne dei tempi antichissimi non ricorsero al cultus: è perché i mariti, duri soldati, erano rozzi, senza gusto. La rudis simplicitas caratterizzò la Roma arcaica; ma nunc aurea Roma est (v. 113), e alla splendida Roma di oggi, coi suoi superbi edifici, corrisponde meglio il cultus. Si colloca qui la più esplicita professione di modernità lanciata da Ovidio (121 sg.) : Prisca iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis " [7], le anticaglie piacciano agli altri, io mi compiaccio di essere nato solo ora: questa è l'età adatta ai miei gusti. Ovidio è il primo scrittore latino che osa negare apertamente il mito del buon tempo antico per affermare la superiorità della Roma moderna.
E' un ribaltamento del mito dell'età dell'oro: il presunto "paese guasto" è più piacevole e gradito del "mondo casto"[8].
"Insomma, l'oro si è scambiato di posto nello schema delle età, ma senza portare con sé una rivalutazione morale…Si è notato a ragione che la soddisfatta dichiarazione "mi rallegro di essere nato al giorno d'oggi" suona come una forte rettifica di un classico motto esiodeo, "Fosse piaciuto al cielo ch'io non avessi a vivere in mezzo agli uomini della quinta generazione, e che fossi morto prima o nato più tardi " (Op. 174-175)"[9].
Anche all'inizio dei Medicamina faciei Ovidio proclama:"culta placent " (v. 7), piace ciò che è curato: i palazzi, la terra, la lana, le donne.
Pesaro 15 luglio 2023 ore 16, 48 giovanni ghiselli
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[1] Le non più giovanissime.
[2]L'umorismo , Garzanti, Milano, 1995, p. 173. Il saggio risale al 1908.
[3] Ed ecco la signora Popònica, coi capelli color tabacco di Spagna, unti non si sa di qual manteca…L'esclusa , p. 7.
[4] Achille , cedere nescius (Orazio, Odi , I, 6, 5- 6:" gravem /Pelidae stomachum cedere nescii ", la funesta ira di Achille incapace di cedere) non si lascia bloccare dalla profezia di sventura del cavallo fatato Xanto, e gli risponde:"ouj lhvxw" (Iliade , XIX, v. 423), non cederò. Della definizione oraziana dell'eroe si ricorda Leopardi nel Bruto Minore :" Guerra mortale, eterna, o fato indegno,/teco il prode guerreggia,/ di cedere inesperto"(vv. 38-40).
[5] Ultimo canto di Saffo (vv.50-54).
[6]F. Dostoevskij, L'idiota (del 1869), p. 96 e p. 101.
[7]La Penna, op. cit., p. 188.
[8]Cfr. Dante, Inferno , XIV, 94 e 96.
[9] A. Barchiesi, Il poeta e il principe. Ovidio e il discorso augusteo, Laterza, Bari, 1993, p. 223.
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