"Ci sono dei vestiti femminili così belli, che si vorrebbe lacerarli"[1].
Gran virtù della donna secondo Iscomaco il ricco proprietario terriero dell' Economico[2] di Senofonte[3] è la capacità dell'ordine ("tavxi"", VIII, 3) che per gli uomini è la cosa più utile e bella.
Non è invece apprezzato il trucco poiché per gli umani il corpo umano al naturale è la cosa più gradevole:"oiJ a[nqrwpoi ajnqrwvpou sw'ma kaqaro;n oi[ontai h{diston ei\nai"(X, 7).
I mezzi della cosmetica dunque sono inganni ("ajpavtai", X, 8) che oltretutto non reggono alla prova della convivenza.
L'ordine della donna, i suoi tavxi" e kovsmo" secondo molti autori consistono nello stare in casa e nel tenere la bocca chiusa[4].
La mancanza di ordine è caratteristica anche della cattiva costituzione: secondo Platone in quella democratica l'uomo corrotto dall'anarchia che egli chiama libertà vive una vita senza ordine né necessità:"kai; ou[te tavxi" ou[te ajnavgkh e[pestin aujtou' tw'/ bivw/" (Repubblica, 561d)
Il maggior discepolo di Socrate considera la cosmesi non un'arte, ma una prassi irrazionale, la forma di adulazione che sta sotto (uJpovkeitai), si sostituisce, alla ginnastica, per quanto riguarda la cura del corpo, come la culinaria è subordinata alla medicina. La cosmesi ("hJ kommwtikhv") dunque è "kakou'rgov" te kai; ajpathlh; kai; ajgennh;" kai; ajneleuvqero""(Gorgia[5], 465b), malvagia e fallace, ignobile e servile, poiché inganna attraverso l'apparenza, i colori, la levigatezza e i vestiti, in modo da indurre a trascurare la bellezza naturale che si ottiene con la ginnastica, mentre con i cosmetici ci appiccichiamo una speciosità esterna.
Sicché Iscomaco, personaggio dell’altro discepolo di Socrate, consiglia alla moglie di tenersi in esercizio affaccendandosi nei lavori domestici. Infatti le donne che stanno sempre sedute con solennità si espongono ai giudizi in modo conforme a quelle agghindate e ingannatrici (pro;" ta;" kekosmhmevna" kai; ejxapatwvsa"", Senofonte, Economico , X, 13).
Le due donne sul bivio dove arriva Eracle. Il bivio impone una scelta.
Nei Memorabili[6] (II, 1, 21-34) Senofonte riferisce, attraverso Socrate, la favola esemplare di Eracle al bivio attribuita a uno scritto (Stagioni ) del sofista Prodico di Ceo[7].
Intanto il bivio stesso ha un significato e addirittura un'anima:" un ambiente fisico reale-sorgente, primavera, albero, crocicchio- è animato…Le nostre anime sulla terra accolgono la terra nelle nostre anime…La vita ecologica è anche vita psicologica. E se l'ecologia è anche psicologia, allora il "Conosci te stesso" diviene impossibile senza il "Conosci il tuo mondo "[8].
Si può pensare al trivio fatale dell' Edipo re (vv. 733-734) o a quello risolutivo del Gorgia platonico (524a) dove giudicano Minosse, Eaco e Radamanto, oppure al locus cruciale dell'Eneide ( VI, 540:"hic locus est, partis ubi se via findit in ambas ", questo è un luogo dove la via si scinde in due parti: da una parte, a destra, si va all'Eliso, a sinistra nel Tartaro.
Ovvero anche al bivio del primo capitolo de I promessi sposi:" Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d'un ipsilon…due uomini stavano, l'uno dirimpetto all'altro, al confluente, per così dire, delle due viottole". Erano i bravi che impongono a Don Abbondio:"questo matrimonio non s'ha da fare".
Sul bivio di Eracle ci sono due femmine umane con aspetti e con anime diverse. Anche l'aspetto e l'abbigliamento sono psicologie. Tutto infatti è mentale.
Le due donne parlano all'eroe giovinetto incerto sulla via da prendere indicandogli ciascuna una strada. La prima vuole adescare l' adolescente con la promessa di una vita facile e piacevole. Questa femmina è, prosperosa, quasi opima[9], e morbida teqrammevnh me;n eij" polusarkivan te kai; aJpalovthta), nutrita fino alla corpulenza e alla morbidezza, truccata nel colorito sì da avere l'aria di apparire più bianca e più rossa del naturale (kekallwpismevnhn de; to; me;n crw'ma w{ste leukotevran te kai; ejruqrotevran tou' o[nto" dokei'n faivnesqai, II, 1, 22) impettita più del conveniente, con gli occhi aperti, e con una veste dalle quali lampeggiava a tutto spiano la sua opulenta bellezza (" ejsqh'ta de; ejx h|" mavlista hJ w[ra dialavmpoi", II, 1, 22); inoltre si osservava spesso con compiacimento: guardava se qualcun altro la guardasse e spesso si volgeva alla sua ombra. Costei dagli amici viene chiamata Eujdaimoniva, Felicità, ma dai detrattori, Kakiva, Vizio (II, 1, 27).
L'essere variopinto è un difetto anche per le costituzioni: Platone biasima la mancanza di serietà della democrazia, una politeiva piacevole, anarchica e variopinta (hJdei'a kai; a[narco" kai; poikivlh, Repubblica 558c) che non si dà pensiero delle abitudini morali da cui proviene chi entra politica ma lo onora purché dica di essere amico del popolo.
Viceversa la donna virtuosa, la Virtù personificata, avvisa Eracle che gli dèi niente di buono concedono agli uomini senza fatica e impegno:"tw'n ga;r o[ntwn ajgaqw'n kai; kalw'n oujde;n a[neu povnou kai; ejpimeleiva" qeoiv didovasin ajnqrwvpoi"" (II, 1, 28).
Questa è un'affermazione topica: Esiodo dice che davanti al valore gli dei hanno posto il sudore:"th'" d j ajreth'" iJdrw'ta qeoi; propavroiqen e[qhkan"(Opere, 289). nell'Elettra di Sofocle la protagonista dice alla sorella Crisotemi:"o{ra, povnou toi cwri;" oujde;n eujtucei'' '" (v. 945), bada, senza fatica niente ha successo. E, in tutt'altro contesto, il garrulus che attenta alla vita di Orazio gli fa:"nihil sine magno/vita labore dedit mortalibus"[10], niente senza grande fatica la vita diede ai mortali.
La donna che Eracle fa bene a scegliere era di natura nobile, ossia pudica e modesta. L'ornamento del suo incarnato era la purezza (kekosmhmevnh to; me;n crw'ma kaqareiovthti), quello degli occhi il pudore (ta; de; o[mmata aijdoi' ), quello dello stile la modestia (to; de; sch'ma[11] swfrosuvnh). Inoltre era vestita di bianco[12] (ejsqh'ti de; leukh'/' , II, 1, 22).
Il colore bianco è presente in entrambe: il biancore innaturale è una brutta biacca, ma quello naturale è un segno positivo, luminoso: infatti leukov" è imparentato etimologicamente con il latino lux, lucis ; con l'inglese light e il tedesco Licht che significano appunto "luce".
Leukov" e lux sono dunque connessi a tavxi" e kovsmo".
In Anime morte[13] di Gogol troviamo di nuovo la donna biancovestita, snella e semplice, una che manda luce sull'ambiente circostante:" da quello sfondo brumoso…si stagliavano chiari e compiuti soltanto i delicati lineamenti dell'incantevole biondina: il suo visetto ovale e morbido, la sua figura sottile sottile…il suo abitino bianco, quasi semplice, che in tutti i punti fasciava con leggerezza ed eleganza il suo giovane corpo ben fatto, rivelandone le linee purissime…soltanto lei spiccava bianca, diafana e luminosa, dalla folla torbida e opaca"[14].
All'inizio delle Metamorfosi, Ovidio mette in rilievo che durante l'epoca del Caos l'aria mancava di luce e le cose non avevano aspetto stabile:"lucis egens aër : nulli sua forma manebat " (I, v. 17).
"La luce è la più rallegrante delle cose: è divenuta simbolo di tutto ciò ch'è buono e salutare. In tutte le religioni indica la eterna salvezza, mentre l'oscurità indica dannazione"[15].
Ecco dunque una tipica disposizione maschile, o maschilista, avversa al trucco delle donne. Sarebbe segno di scarso pudore.
Il pudore è un valore forte: già Esiodo lo considera uno dei pilastri del vivere umano e civile: nelle Opere il poeta afferma che nell'ultima fase dell' empia età ferrea gli uomini nasceranno con le tempie bianche[16] (poliokrovtafoi, v. 181) oltraggeranno i genitori che invecchiano, useranno il diritto del più forte, non ci sarà più gratitudine (cavri" , 190) la giustizia starà nelle mani (divkh d j ejn cersiv , v. 192), Aijdwv" , il Pudore, non ci sarà più 192-193); esso se ne andrà sull'Olimpo con Nevmesi" (v. 200) lo Sdegno; quindi non vi sarà più scampo dal male "kakou' d j oujk e[ssetai ajlkhv" (v. 201).
Altrettanta forza, se non anche di più, ha il Pudore nella cultura latina:"Pudor è il senso morale per cui si prova scrupolo e ripugnanza davanti a tutto ciò che nega i valori morali e religiosi. E' affine all' aijdwv" dei Greci, ma ha vitalità molto maggiore: la Pudicitia era una divinità oggetto di un culto importante; al culto della Pudicitia patricia la plebe aveva affiancato e contrapposto un culto della Pudicitia plebeia "[17].
Altrettanto contrario agli orpelli e favorevole al pudore si professa Encolpio nel Satyricon a proposito dello stile oratorio:" grandis et, ut ita dicam, pudica oratio non est maculosa nec turgida, sed naturali pulchritudine exsurgit " (2, 6), l'orazione grande e, per così dire, pura, non è chiazzata né enfatica ma si eleva per bellezza naturale.
L'orazione insomma deve essere non truccata e non artefatta, come non deve esserlo la donna.
Il trucco costituisce un indizio di grilli per la testa: il buon Eufileto, il marito cornuto di Lisia, ebbe l'impressione che il volto della moglie adultera fosse truccato (" e[doxe dev moi, w| a[ndre" , to; provswpon ejyimuqiw'sqai, ossia fosse coperto di yimuvqion, una specie di biacca), sebbene il fratello le fosse morto da nemmeno trenta giorni, ma non disse niente lo stesso (In difesa di Eufileto , 14).
Si parva licet componere magnis [18], una bella adultera di mia conoscenza si metteva le calze a rete per dare un segnale di disponibilità al corteggiatore di turno.
C'è del resto un punto di vista favorevole al trucco , ed è quello di Ovidio.
il poeta peligno legittima i cosmetici per le donne con un poemetto ad essi dedicato poiché "culta placent "( Medicamina faciei femineae[19], v. 7) , ciò che è curato piace.
Nell'Ars Amatoria[20] Ovidio afferma che è proprio l'eleganza a fargli preferire l'età moderna all'antica, presunta aurea:"prisca iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis" (III, 121-122), i tempi antichi piacciano ad altri, io mi rallegro di essere nato ora, dopo tutto: questa è l'età adatta ai miei gusti, non perché, continua il Sulmonese, terre mari e monti sono stati domati dall'uomo,"sed quia cultus adest nec nostros mansit in annos/rusticitas priscis illa superstes avis " Ars, III, 127-128), ma perché c'è eleganza e non è rimasta fino ai nostri anni quella rozzezza sopravvissuta agli avi antichi.
Un cultus che include la coltura del corpo e dello spirito.
I mores di Ovidio d'altra parte, al di là della propaganda del regime augusteo sono maggioritari. "Benché venisse da Sulmona, infatti, nessun altro poeta della generazione augustea ha rappresentato meglio di lui lo spirito della città. Da tempo a Roma la società ricca aveva sviluppato il gusto per la cultura elegante, per l'ironia, per la raffinata trasgressione- in una parola, per quel complesso di atteggiamenti che in latino venivano indicati proprio con il nome di urbanitas, parola che designa il "carattere cittadino" e la "raffinatezza ironica" nello stesso tempo"[21].
"Ordior a cultu[22]. Così Ovidio inizia, dopo il lungo proemio, la precettistica riservata alle donne nel terzo libro dell'Ars .
Cultus , riferito come qui alla vita della donna, indica più o meno la "cura della persona" e quindi la "raffinatezza"[23].
Il cultus rende le donne più attraenti e seduttive ed è una di quelle parole che possono prendere significati differenti dando luogo a comportamenti contrastanti.
Bologna 9 luglio 2023 ore 19, 10 giovanni ghiselli
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[1] C. Pavese, Il mestiere di vivere, 22 maggio 1941.
[2] Operetta in forma di dialogo composta dopo il 401 a. C.
[3] 430 ca. a. C-355 ca.
[4] Cfr. il mio La donna abbandonata, pp. 154-159.
[5] Fa parte del gruppo dei dialoghi socratici, composti fra il 396 e il 388 circa.
[6] Scritto socratico in quattro libri che presenta il maestro come un uomo probo e onesto, rispettoso della religione e delle leggi, valida guida morale nella vita pratica
[7] Nato poco prima di Socrate.
[8] J. Hillman, Variazioni su Edipo , p. 96.
[9] Di questo genere è l'aspetto di Gruscenka dei Fratelli Karamazov :"C'era in lei anche qualche altra cosa, di cui Alioscia non poteva rendersi conto, ma che non mancò di sentire, sebbene inconsciamente; ed era, forse, quella mollezza, quella dolcezza dei movimenti del corpo, la silenziosità quasi felina di quei movimenti. Eppure ella aveva un corpo forte e opulento. Sotto lo scialle si disegnavano un largo paio di spalle, un seno prominente e giovanile. Quel corpo prometteva le forme di una Venere di Milo, sia pure in proporzione già fin d'ora un tantino esagerata: lo si presentiva. I conoscitori della bellezza femminile russa potevano predire senza punto sbagliarsi, guardando Gruscenka, che la sua fresca bellezza, ancora perfettamente giovanile, avrebbe perduto verso i trent'anni l'armonia delle linee, si sarebbe sformata, che il viso si sarebbe afflosciato…insomma, per dir tutto in due parole, era la bellezza fugace e passeggera che s'incontra così spesso tra le donne russe" (pp. 207-208). I corpi delle persone sono "correlativi oggettivi": incarnano e fanno vedere nella carne uno stato mentale.
Cfr. Anna Karenina che appare a Vrònskij “ nell’espressione del viso attraente c’ea qualcosa di particolarmente carezzevole e tenero (…) come se ci fosse in lei qualcosa che sovrabbondava” I, 18.
Cfr anche la Diotima di Musil vista da Ulrich: ““Portava una veste da camera in cui la maestà delle sue forme, per una positura momentanea, poteva sembrare gravidanza, il che dava al corpo superbo, che non aveva mai partorito, qualcosa della talora amabile impudicizia della maternità. Intorno alla fronte aveva una benda contro il mal di capo, lasciata lì perché le stava come un’infula greca” (L’uomo senza qualità, p. 785)
[10] Sermones, I, 9, 59-60-
[11] Questo e i due precedenti sono accusativi di relazione retti da kekosmhmevnh , part. perfetto m. p. di kosmevw.
[12] Cfr. Dante, Vita Nuova (III):"avvenne che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo". Si tratta di Beatrice diciottenne. Per quanto riguarda lo stile della modestia si può ricordare, sempre di Dante, il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare :"Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d'umiltà vestuta" (vv. 6-7).
Ovviamente la trasmissione del topos non è diretta.
[13] Del 1842.
[14] N. V. Gogol' Anime morte, p. 180.
[15]A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione , p. 274.
[16] Si può pensare alla pecora Dolly.
[17] A. La Penna, C. Grassi, Virgilio, Le Opere, Antologia ., p. 373 .
[18] Virgilio, Georgica IV , v. 176, se il piccolo può confrontarsi con il grande. Similmente in Ovidio:"quodsi componere magnis/parva mihi fas est " (Metamorfosi , V, 416-417).
[19] Uscito verso l'1 d. C,
[20] L'Ars amatoria (in distici elegiaci) costituisce una precettistica erotica in tre libri: nei primi due il poeta fa il maestro d'amore agli uomini, nel terzo alle donne. Questa raccolta a sfondo didascalico fu completata nell'1 o nel 2 d. C, come i Remedia amoris e i Medicamina faciei femineae. Ovidio, nato a Sulmona, e morto in esilio a Tomi sul Mar Nero, visse tra il 43 a. C. e il 17/18 d. C.
[21] M. Bettini (introduzione a) Poesia classica Latina, p. 11.
[22] Ars amatoria , III, 101.
[23]Conte-Pianezzola, Il libro della letteratura latina, Edizione Modulare, 8 , p. 513.
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