C’è chi per Natale augura la morte al nemico. Un esempio di debolezza e una caduta di stile
I rapporti tra gli uomini vengono determinati dal potere.
Nel torneo oratorio con i Meli, gli Ateniesi affermano il principio che il giusto nel linguaggio umano si giudica partendo da una pari necessità ("divkaia me;n ejn tw'/ ajnqrwpeivw/ lovgw/ ajpo; th'" i[sh" ajnavgkh" krivnetai"), altrimenti i più forti fanno quanto possono, e i deboli cedono ("oiJ ajsqenei'" xugcwrou'sin", Tucidide, V, 89).
Nietzsche ribadisce questo concetto con altre parole:
"Laddove domina il diritto, è mantenuto in piedi un certo stato e grado di potenza, e sono impediti una diminuzione e un accrescimento.
Il diritto di altri è la concessione che il nostro sentimento di potenza fa al sentimento di potenza di questi altri. Se il nostro potere si mostra profondamente scosso e infranto, cessano i nostri diritti: al contrario, se noi siamo divenuti molto più potenti, cessano i diritti degli altri nei nostri riguardi, come glieli avevamo riconosciuti fino a questo momento".[1]
Questo è vero: perciò è necessario acquisire almento quel tanto di potere che ci consenta di vivere, pensare e parlare come riteniamo giusto.
Per questo l'Adriano della Yourcenar ha conquistato il potere sul mondo:"Volevo il potere. Lo volevo per imporre i miei piani, per tentare i miei rimedi, per instaurare la pace. Lo volevo soprattutto per essere interamente me stesso, prima di morire…Ho compreso che ben pochi realizzano se stessi prima di morire: e ho giudicato con maggior pietà le loro opere interrotte. Quell'ossessione di una vita mancata concentrava i miei pensieri su di un punto, li fissava come un ascesso"[2].
Pure Spinoza (1632-1677) che punta sulla libertà e sulla democrazia nota la coincidenza del diritto con la potenza: “unusquisque tantum habet juris quantum habet potentiae.” (Tractatus politicus, pubblicato dopo la sua morte).
Due messaggi male ominosi.
Ieri, dies natali dell’anno 2025 un perdente, un vinto, ha augurato la morte a chi l’ha sconfitto. Il malaugurio della disperazione, di pessimo gusto oltretutto.
Nel mio piccolo, nella mia insignificanza e totale mancanza di potere, ho risposto con un “Buon Natale!” e nient’altro a un tale che mi ha scritto ordinandomi di vergognarmi per le mie parole.
Il potere necessario è quello che ci vuole per essere se stesso. A me è servito lo studio della letteratura e non dover pagare l’affitto cioè non andare a dormire sotto i portici di strada Maggiore.
Giuliano Imperatore dice
nella commedia di Ibsen: “E che cos’è la felicità se non il vivere in conformità a se stesso? L’aquila chiede forse delle penne d’oro? Il leone ambisce avere artigli d’argento? O forse il melograno desidera che i suoi chicchi siano altrettante pietre preziose?”[3].
Bologna 26 dicembre 2025 ore 10, 45 giovanni ghiselli
p. s.
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[1]Aurora, libro secondo, 112.
[2] M. Yourcenar, Memorie di Adriano, p. 84.
[3] L’imperatore Giuliano, Atto III, quadro primo.
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