martedì 16 dicembre 2025

Ifigenia CV. Contatto di epidermidi senza trasfusione delle anime. Allegoria e simboli: Elena nell’estate del 1971.


 

 

Il 10 luglio amoreggiammo a qualche chilometro dalla spiaggia di Pesaro.

Eravamo stesi in un moscone sul mare che scintillava. La grande luce del cielo sfavillante sopra di noi veniva  moltiplicata dai sorrisi innumerevoli  dell’acqua marina , mentre i raggi santi del primo tra tutti gli dèi  accarezzavano e perfezionavano l’incarnato dei nostri corpi più sani e snelli che mai, e due farfalle bianche ci svolazzavano intorno festose.

Ifigenia aveva un aspetto così bello che le mie parole scritte sarebbero meschine in confronto alle sue forme.  

Ma l’amore era prossimo a terminare. Era quasi trascorso il tempo concesso dal fato. Dopo nove mesi non stava nascendo un’ intesa profonda, e la stessa passione epidermica dava già segni di decadenza.

Nessuno dei due aveva mai preso in considerazione l’altro quale persona intera.

Eravamo rimasti associati soltanto nel letto. Un Eros per giunta non privo di Eris.

 .

La ragazza insicura del proprio ruolo vedeva in me l’uomo che poteva aiutarla finché ce ne sarebbe stato bisogno; io ero interessato soltanto alla bellezza delle sue membra e al piacere che potevo trarne. Del resto non ammiravo il suo stile, piuttosto lo biasimavo spesso e nemmeno il suo sguardo mi piaceva del tutto. “Si nescis, oculi sunt in amore duces " [1]

 

Insomma non c’è mai stata tra noi la reciproca trasfusione delle anime che eleva il contatto carnale alla felicità dell’amore.

 

Oggi mi chiedo per quale ragione un mese di Elena mi ha dato più gioia che gli anni passati con decine di altre sommando tutti i giorni vissuti con ciascuna di loro non senza tante ore di tristezza e di noia. La storia di Elena avvenuta quando le mie amanti  arrivavano  appena a dieci, è stata la più bella  di sempre tutti i sensi. Ora so perché.

Una persona e, anche una cosa o un paesaggio,  si riempie di significati fino a diventare opera d’arte quando la sua storia diventa allegorica: a[llo ajgoreuvei, rivela altro al di là di se stessa. Tutto l’effimero, il terrestre, è solo un simbolo.

 

  Elena non solo era bella ma incarnava l’umanesimo ancora vigente nel 1971. Quando la conobbi, le domandai che cosa significasse l’amore per lei, una domanda subdola da parte mia: volevo indagare la sua disponibilità a fare l’amore con me.

Ebbene  la bella donna rispose che il suo amore era umanistico e umano: amava tutta l’umanità e amava la vita.

Allora dentro di me ghignai di soddisfazione pensando che, se riuscivo a sembrarle umano, quella femmina della mia specie poteva allungare la lista delle mie amanti e con il volgersi delle stagioni avrei potuto almeno quintuplicare quella decina come avevo giurato quando ero un ragazzo ventenne  che scendeva sempre più in basso nella china della disgrazia e le donne potevo soltanto sognarle piangendo e singhiozzando.

  Quaranta anni dopo Elena, nel 2011,  tornai a Debrecen in bicicletta da Bologna e, recatomi di notte sotto la finestra del collegio dove l’amabile donna  mi aspettava una sera di  quell’estate remota, compresi tutto il valore di quella persona che divenne un simbolo, suvmbolon cui potevo associare-sumbavllein- tutti i significati belli che nel frattempo avevo  molto cercato e poco trovato in altre conoscenze: bellezza, finezza d’animo, intelligenza, sincerità, schiettezza, generosità e tutto quanto mi era piaciuto in sessantasette anni di vita.

Oggi ne ho ottantuno un mese e due giorni e non sono pentito di niente.

 

Bologna 16 dicembre  2025 - ore 9, 19 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Properzio, II, 15, 12.


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