Si fanno tante chiacchiere inconcludenti sulle abissali sperequazioni economiche tra i pochissimi cittadini faraonici e i molti poveri. Difficilmente si analizzano i mali e mai si pone mano a un qualche rimedio. Si fanno tanti incontri cosiddetti culturali dove non mancano relatori che parlano di autori padri e accrescitori della cultura europea senza averli letti. Quando il pubblico è ignorante i conferenzieri più graditi sono quelli che parlano genericamente senza fare un esempio, senza citare una parola.
Si sente nominare Platone, per esempio, anche da chi lo conosce sì e no da un manuale.
C’è chi si oppone al modestissimo reddito di cittadinanza e chi invece vorrebbe che venisse imposta una tassa patrimoniale a chi è straricco come Trimalchione nel Satyricon :"ipse nescit quid habeat, adeo saplutus est (37, 6), lui nemmeno sa quanto possieda tanto è straricco.
Ebbene Platone nella sua Politeiva, titolo solitamente tradotto con Repubblica, prende una posizione che merita di essere conosciuta su Ricchezza e Povertà, un argomento oggi attuale.
Il filosofo fa dire queste parole a Socrate che parla con Adimanto: “ i guardiani dovranno in ogni modo guardare panti; trovpw/ fulaktevon (421 e) che nella città non si insinuino ricchezza e povertà poiché la ricchezza plou`to~ genera - trufhvn- lusso con mollezza, kai; ajrgivan e ozio, kai; newterismovn e rivolgimenti politici; la povertà peniva a sua volta produce ajneleuqerivan servilismo, kai; kakoergivan e cattiva lavorazione oltre al rivolgimento politico pro;~ tw`/ newterismw`/ (422).
Credo che queste parole potrebbero diventare profetiche di quanto accadrà se i ricchi diventeranno sempre più ricchi e meno numerosi, mentre i poveri saranno sempre più poveri e numerosi e affamati. Ci sarà l’assalto ai forni.
Bologna 17 dicembre 2025 ore 18, 50 giovanni ghiselli
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