sabato 9 maggio 2020

La storia di Päivi. Capitolo 31. Epilogo. Gli amici celesti. La "circulata melodia"

Botticelli, Paradiso, Canto VI

Epilogo. Gli amici celesti. La "circulata melodia"

Quando ebbi finito di scrivere queste parole, alzai dal quaderno gli occhi già sorridenti e guardai oltre lo stadio, verso l’occidente dove si vedeva ancora una striscia di colore acceso, rimasta a ricordarmi le estati felici degli anni passati, a far presagire i tempi belli degli anni futuri: su quella lista vermiglia, resistente al dilagare dell’azzurro che avanzava da oriente screziandosi già della luce brillante dei primi astri, mi apparvero i volti ridenti di tutti gli amici scomparsi eppure presenti.
Chiesi loro cosa volessero dirmi.
Risposero che non dovevo perdere la speranza, e non potevo sciupare il tesoro di umanità che ciascuno di loro mi aveva donato, ma con questo e con le mie forze dovevo continuare la lotta per la felicità, la mia e quella delle persone che il destino mi avrebbe fatto incontrare.
Questo mi dissero i compagni dei miei vent’anni. Poi, mentre l’azzurro cupo del cielo si costellava tutto, gli amici si presero per mano, formarono una corona e cominciarono a cantare un canto popolare ungherese 1 [1] girando intorno alla luce più viva; quindi il loro movimento diventò una danza gioiosa, rispondente alla circulata melodia 2[2] suonata dai violini degli tzigani, o degli angeli, che consolarono del tutto il mio pianto e lo trasformarono in un sorriso di speranza e fiducia.
Così vi ho visti riuniti per l’ultima volta, amici ventenni dei miei venti anni lontani, così voglio ricordarvi e farvi vivere in questa storia che anche voi mi avete ispirato: giovani, belli, felici, come eravamo nelle estati “debrecine”, sorridenti come eravate in mezzo alle stelle sopra lo stadio e il grande bosco di Debrecen la sera del 15 agosto del 1975, quando i nostri ventanni ricchi di pathos terminarono e cominciò la connessione dei sentimenti attraverso il logos, con una vita più responsabile, autentica e seria; meno squilibrata, superficiale, egoista.

Fine del terzo dramma della trilogia



[1] Debrecenbe kéne menni, bisogna andare a Debrecen, et cetera
[2] Dante, Paradiso XXIII, 109

1 commento:

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