Botticelli, Paradiso, Canto VI |
Epilogo. Gli amici celesti. La "circulata melodia"
Quando ebbi
finito di scrivere queste parole, alzai dal quaderno gli occhi già sorridenti e
guardai oltre lo stadio, verso l’occidente dove si vedeva ancora una striscia
di colore acceso, rimasta a ricordarmi le estati felici degli anni passati, a
far presagire i tempi belli degli anni futuri: su quella lista vermiglia,
resistente al dilagare dell’azzurro che avanzava da oriente screziandosi già
della luce brillante dei primi astri, mi apparvero i volti ridenti di tutti gli
amici scomparsi eppure presenti.
Chiesi loro
cosa volessero dirmi.
Risposero
che non dovevo perdere la speranza, e non potevo sciupare il tesoro di umanità
che ciascuno di loro mi aveva donato, ma con questo e con le mie forze dovevo
continuare la lotta per la felicità, la mia e quella delle persone che il
destino mi avrebbe fatto incontrare.
Questo mi
dissero i compagni dei miei vent’anni. Poi, mentre l’azzurro cupo del cielo si
costellava tutto, gli amici si presero per mano, formarono una corona e
cominciarono a cantare un canto popolare ungherese 1 [1]
girando intorno alla luce più viva; quindi il loro movimento diventò una danza
gioiosa, rispondente alla circulata melodia 2[2] suonata
dai violini degli tzigani, o degli angeli, che consolarono del tutto il mio
pianto e lo trasformarono in un sorriso di speranza e fiducia.
Così vi ho
visti riuniti per l’ultima volta, amici ventenni dei miei venti anni lontani,
così voglio ricordarvi e farvi vivere in questa storia che anche voi mi avete
ispirato: giovani, belli, felici, come eravamo nelle estati “debrecine”,
sorridenti come eravate in mezzo alle stelle sopra lo stadio e il grande bosco
di Debrecen la sera del 15 agosto del 1975, quando i nostri ventanni ricchi di
pathos terminarono e cominciò la connessione dei sentimenti attraverso il
logos, con una vita più responsabile, autentica e seria; meno squilibrata,
superficiale, egoista.
Fine del
terzo dramma della trilogia
interessante!
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