venerdì 8 maggio 2020

La storia di Päivi. Capitolo 30. Preghiera alle amiche e agli amici

Munch, Malinconia
Preghiera alle amiche e agli amici


Non volli che la tristezza prevalesse con voluttà depravata.
Mi venne in mente di nuovo Tacito: “Feminis lugere honestum est, viris meminisse "[1]
Mentre i fumi dell’alcol esalati svanivano a poco a poco, rivolsi una preghiera alle persone care le cui immagini aleggiavano lievi nel cielo sopra di me. Ora so che erano diventati gli exemplaria aeterna di amici, amiche e amanti che avrei incontrato nel seguito della mia vita e forse nelle prossime esistenze terrene. Elena l’ oujsiva[2] dell’amore, l’ijdeva di Afrodite, Danilo quella di Dioniso, Fulvio l’exemplar dell’amico e così via.
Mi sentivo plenus his figuris quas Plato ideas appellat immortales, immutabiles, infaticabiles[3].
“Il ricordo di voi, la memoria del tempo felice passato insieme, rimarrà un bene prezioso, un tesoro conservato per costruire la felicità futura, la mia e quella delle persone cui vorrò bene nei prossimi anni.
Voi, donne della mia vita, mi avete nobilitato e potenziato rendendomi sempre meno debole e meno incapace di amare; poi, quando siete dileguate, mi avete comunque lasciato una forza che non è andata via. Avevi ragione tu Päivi: io rimango ottimista in ogni caso, amantissimo e curioso assai della vita.
E non smetterò di cercare la felicità, come quella che ho provato nell’amore con te.
E tu Bruno, non eri un amico, anzi, eri un rivale nell’agone meglio premiato, comunque un antagonista degno di me. Ci siamo battuti in maniera cavalleresca per ottenere il favore delle femmine umane più belle. Devo ammettere che da vivo mi eri antipatico soprattutto perché anche tu piacevi alle donne. Proprio per questo te la sei goduta la breve vita che hai avuto in sorte, troppo breve ma per niente triste. A Roma vivevi in un appartamento con vista sul Pantheon. Una sera ci siamo fatti una bevuta lì dentro, con Ezio e Alfredo. Ricordi?
Siete ombre oramai, amici del tempo migliore, ma non sono un vecchio stanco delle ombre che vivono dentro di me, un lassatus senex in me viventibus umbris, non lo sarò mai. Continuerò a ricordarvi sempre con affetto e con la gioia della nostra gioventù.
Non lamentarti, povero Bruno, non lamentarti.
Non lamentarti neanche tu gianni ghiselli, e soprattutto, non disperare: tu adesso sei Odisseo o Ulisse che dire si voglia, non sei più Ettore, l’eroe perdente con il quale ti identificavi quando eri bambino, né l’infelice Leopardi dalla vita annegata nel dolore. Nel frattempo hai imparato a non affogare nel mare in tempesta. A tratti sei stato sommerso dai flutti, ma sei riaffiorato sempre, come l’uomo maturo di Omero.
L’eroe della pazienza, dell’intelligenza e della conoscenza.
Presto tornerà il tempo bello e meritamente potrai gioire della luce del sole.
Non avvilirti: hai sofferto dolori più grandi di questo, e da poluvtla~[4] li hai sopportati, da poluvmhti~[5] e polumhvcano~[6], li hai superati, anzi, ne hai tratto sempre motivi di crescita. Quando in casa, o in parrocchia, tra gli scout, o in caserma, perfino a scuola, volevano mangiarti il cervello per assimilarti al conformismo di ognuno di quegli ambienti, hai sempre saputo difenderti con la tua sensibilità, il tuo amor proprio, la tua intelligenza, la tua volontà di ferro.
E ce l’hai fatta. Non sei diventato un morto vivente come volevano loro, i conformisti.
Luoghi comuni incarnati, cumulo di fetide banalità.
Ce l’hai fatta perché non hai mai disperato: sei sempre rimasto deciso a trovare la felicità che ti spetta, magari con l’aiuto di Atena che pur senza essersi manifestata del tutto, ti ha dato una mano ogni volta, perché ti assomiglia e un giorno si lascerà incontrare da te”.





[1] "Per le donne è onorevole piangere, per gli uomini ricordare". Tacito, Germania (27, 1)
[2] Cfr. Fedro 247 C “oujsiva o[ntw" ou\sa, l’essenza che essenzialmente è.
[3] Vfr. Seneca Ep. 65, 7.
[4] Odissea, 5, 354, paziente, che molto sopporta
[5] Iliade I, v. 311 e v. 440, molto intelligente
[6] Iliade II, v. 173, ricco di risorse

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