mercoledì 6 maggio 2020

Le Argonautiche di Apollonio Rodio. XII Quarto libro delle "Argonautiche"

lunetta con Achille immerso da Teti nel fiume Lete
(Villa medicea di Poggio a Caiano)

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Peleo consigliò di partire subito e così fecero.
Navigarono fino all’isola di Elettride nel golfo di Fiume. Quando i Colchi si misero all’inseguimento venivano ritardati dai fulmini di Era
Allora alcuni di questi si fermarono sul mare illirico presso Pola dov’è la tomba di Cadmo e Armonia trasformati in serpenti, altri sulle montagne tra l’Illiria e l’Epiro. I Greci navigarono fino al paese degli Illei, presso Zara.
Il re Illo figlio di Eracle e Melite (non quello figlio di Deianira) era morto.
Il re Nausitoo (padre di Alcinoo) lo aveva mandato a combattere i Mentori ladri di mandrie.
Siamo dunque nell’Adriatico, ma poi i Greci passarono nel Tirreno.
Il poeta chiede alla Musa perché Zeus decretò che gli assassini di Assirto dovevano essere purificati per mano di Circe. Ma prima arrivarono a Corcira dove la figlia del fiume Asòpo, Corcira, venne collocata da Poseidone che l’aveva rapita. Poi costeggiarono Melite e Ninfea dove viveva Calipso (Ogigia in Omero). Era suscitò una tempesta che li riportò all’isola di Elettride e qui la nave parlò con il legno che Atena aveva ricavato da una quercia vocale e profetica di Dodona (583). Disse che dovevano andare da Circe a purificarsi dell’assassinio di Assirto. Allora entrarono nel fiume Eridano, il Po di solito (o il Rodano). Erodoto dubita che esista (III, 115)
E’ il fiume dove cadde Fetonte. Il luogo è una palude che emana un vapore tremendo, infuocato che uccide gli uccelli. Intorno le Eliadi, figlie del sole piangono versando al suolo gocce di ambra. I Celti dicono invece che sono le lacrime di Apollo versate quando giunse al popolo degli iperborei, esiliato per avere ucciso i Ciclopi i cui fulmini avevano ammazzato Asclepio, figlio del dio pitico e di Coronide.
Poi gli Argonauti entrarono nel Rodano, un affluente dell’Eridano. Quindi navigarono nei laghi celtici. Rischiarono di finire nell’Oceano dove sarebbero morti, ma Era gridò dalla rupe Ercinia (Selva nera?) e tornarono indietro, e giunsero alle isole Stecadi, nei pressi di Marsiglia, poi l’isola Etalia, l’Elba, dove il porto (Portoferraio) ha preso il nome di Argo. Quindi navigarono il mare Tirreno e giunsero al porto di Eea dove trovarono Circe che purificava con l’acqua marina il capo sconvolto da sogni notturni. Aveva sognato che i muri grondassero sangue e le fiamme bruciassero i suoi filtri, fuoco che lei spengeva con quel sangue
Con lei c’erano dei mostri misti di membra diverse. La figura ibrida è contrassegno di un mondo primitivo. In passato la terra aveva fatto fiorire dal fango simili orrori. Giasone e Medea la seguirono in casa e sedettero sul focolare, il posto dei supplici. Circe tenne conto di Zeus protettore dei supplici e li purificò sacrificando un porcellino. Pregava che le Erinni deponessero la collera. Medea e Circe erano stirpe del sole e si vedeva dai lampi che mandavano gli occhi.

La Fedra di D’Annunzio dice:
Mia madre nacque dal Sole e dall’Oceanina
E perciò sono anch’io piena di raggi
E di flutti, sono piena di chiarori e di gorghi.

Medea raccontò dissimulando l’uccisione di Assirto
Circe però lo sapeva e non volle ospitarli
Io non approvo le tue decisioni e la tua sconcia fuga (749)
Medea se ne andò piangendo tenuta per mano da Giasone.
Era, la dea, ordina a Iride, la sciarpa del cielo di andare a chiamare Teti, poi da Eolo ed Efesto perché non ostacolino la nave. Tetide va da Era cui è simpatica perché ha rifiutalo l’amore di Zeus al quale interessa sempre dormire con femmine, non importa se mortali o immortali. Del resto Temi gli disse che Teti avrebbe generato un figlio più forte del padre e lui voleva proteggere il suo potere (cfr. meglio comandare che fottere)
Era dice a Teti che Achille, allevato dalle ninfe Naiadi presso il centauro Chirone, avrebbe sposato Medea una volta giunto nei campi Elisi. Dunque Teti doveva aiutare la nuora nel passaggio tra Cariddi e Scilla, figlia di Forco e di Ecate. Teti promette e chiede aiuto alle sorelle figlie di Neleo.
Qundi va dagli Argonauti e parla a Peleo. Gli promette che le Nereidi aiuteranno la nave superare Scilla, Cariddi e le Plancte. Gli chiede di non irritarla più come già fece. Si era adirata, racconta Apollonio, quando lei la notte bruciava nel fuoco le carni mortali di Achille e di giorno gli ungeva il corpo di ambrosia per renderlo immortale. Ma Peleo come la vide una notte gridò, mevga nhvpioς (875, come Metanira per Demetra e Demoofonte).
Secondo Frazer è il paradigma mitico di pratiche domestiche di profilassi contro le malattie infantili. Cfr. la vaccinazione.

Il paradigma mitico della vaccinazione
Favorevoli (Tetide e Demetra). Contrari (Peleo, Metanira e don Ferrante).
Teti si era adirata con Peleo, racconta Apollonio Rodio nelle Argonautiche.
Vediamo per quale ragione.
La madre di Achille in piena notte bruciava nel fuoco le carni mortali del figlio e di giorno gli ungeva il corpo di ambrosia perché divenisse immortale e gli stesse lontano l’odiosa vecchiaia (Argonautiche IV, 871 - 872). Ma il padre del futuro eroe, come una volta di notte scorse Teti così affaccendata, mandò un grido terribile a quella vista (874 - 875).
Mevga nhvpioς , commenta Apollonio (875 ss), stupido davvero.
Anche Metanira la signora di Eleusi gettò un grido vedendo Demetra che di notte celava il piccolo Demofonte nella vampa del fuoco per renderlo immune da vecchiezza e immortale (Inno omerico A Demetra, 233ss.)
Pure Demetra si infuriò e disse a Metanira: “O stolti esseri umani, incapaci di prevedere il destino della gioia o del dolore che incombe!” (256 - 257)
Oggi è reputato stolto dai più chi non si vaccina e muore “come un eroe del Metastasio prendendosela con le stelle” (Manzoni, I promessi sposi, capitolo XXXVII).

Teti dunque buttò per terra il bambino e sparì.
Nel presente Peleo è sconfortato ma riferisce ai compagni.
Partirono e arrivarono all’isola di Antemòessa (presso Salerno?) dove le Sirene Acheloidi incantano e uccidono con il loro canto soave
Le partorì ad Acheloo la bella Tersicore, in parte uccelli, in parte giovani donne. Toglievano il ritorno ai naviganti consumandoli con dolce languore. Ma questa volta sulla loro voce prevalse quella di Orfeo
Solo Bute saltò in acqua e nuotava verso le ammaliatrici. Ma Afrodite lo salvò portandolo sul promontorio Lilibeo, in Sicilia.
Poi Teti e le Nereidi guidavano la nave in mezzo alle Plancte girando intorno ad Argo al pari di delfini. Come fanciulle che giocano a palla sollevavano la nave sulle onde e fuori dalle rupi terribili
Quindi costeggiarono i prati della Trinacria dove sono allevate le vacche del sole.
Poi l’isola dei Feaci nello Ionio dove è interrata la falce con cui Crono recise i genitali del padre spietatamente (986 - 7), altri dicono che con quella falce Demetra mieteva. Ecco perché la terra dei Feaci si chiama Drepavnh (990). I Feaci sono del sangue di Urano. Alcinoo li accolse bene e con gioia. Si festeggiava, ma arrivano i Colchi bramosi di guerra. Alcinoo li trattenne: voleva evitare lo scontro.
Medea, come già Odisseo, toccava spesso le ginocchia di Arete la moglie di Alcinoo - polla; de; cersivn - jArhvth" gouvnwn ajlovcou qivgen jAlkinovpoi - (1012 - 1013) e la prega di non consegnarla ai Colchi.
Si noti l’utilizzo con variazioni del modello omerico (Odissea, VII, 142)

Medea dice di avere sbagliato per leggerezza ed errore, non per lussuria ouj me;n e[khti margosuvnhς (1019). Tra l’altro lei è ancora vergine mivtrh mevnei (1024) la cintura rimane. Poi Medea prega anche i Greci di non abbandonarla. E di notte piangeva come una vedova. Arete parla con Alcinoo e intercede in favore di Medea minacciata da Eeta. I genitori sono troppo severi livhn duvszhloi verso le loro figlie (eJai'ς paisiv 1089) come Acrisio con Danae o Niseo con Antiope che generò a Zeus Anfione e Zeto. Alcinoo decide che restituirà Medea al padre solo se è ancora vergine Allora Arete fece sapere a Giasone che doveva consumare le nozze: Alcinoo non avrebbe spezzato un’unione legittima 1120

Quindi i Greci prepararono il letto nuziale nell’antro divino dove una volta viveva Macride, la figlia di Aristeo che scoprì il lavoro delle api e il succo dell’olivo. Era l’aveva fatta fuggire là poiché aveva unto con il miele le labbra di Dioniso bruciacchiato dal fuoco di Semele.
Nel letto posero il vello d’oro e le Ninfe portavano fiori. Orfeo suonava e gli eroi cantavano l’imeneo. Medea e Giasone avrebbero preferito farlo a Iolco ma noi stirpe infelice degli uomini non possiamo entrare nella gioia con piede intero o{lw/ podiv (1166) e l’amaro dolore - pikrh; ajnivh - sempre si insinua in mezzo ai momenti del nostro piacere.
Giasone e Medea avevano paura. Quando l’aurora sciolse con la sua luce la nera notte, le rive dell’isola ridevano. Alcinoo mantenne i patti e i Colchi temendo l’ira di Eeta, rimasero con i Feaci fino alla colonizzazione di Corcira da parte dei Bacchiadi di Corinto.
Dopo sette giorni, gli Argonauti lasciarono Drepane. Passarono il golfo di Ambracia, il paese dei Cureti e le Echinadi, ma quando si vedeva la terra di Pelope, una tempesta di Borea li portò verso la Libia, e si insabbiarono nella Sirte. La sabbia (a[maqoς 1239) si stende fino al cielo, e la nave si arenò. Il pilota Anceo e gli altri erano disperati. Vagavano sulla lunghissima riva o aspettavano la morte seduti. Ne ebbero pietà le tre eroine di Libia, quelle che bagnarono Atena nel lago Tritone quando la dea balzò fuori dal capo del padre. Le eroine dicono a Giasone che devono pagare il debito alla nave, la madre che li ha portati per tanto tempo nel ventre. Cfr. Pesaro la città madre.
Giasone non capì e andò a parlarne ai compagni
Peleo spiegò che la madre era la nave. Bisognava prenderla sulle spalle e portarla nella direzione indicata da un cavallo apparso. Camminarono con la nave sulle spalle per 12 giorni e 12 notti. Giunsero al lago Tritonide, e alla pianura delle mele d’oro vegliate dal drago Ladone. Le custodi Esperidi che di solito cantano, piangevano. Il drago era stato colpito dalle frecce di Eracle e muoveva appena la coda. Le frecce erano state avvelenate con la bile dell’Idra di Lerna. Le Esperidi piangevano ma al loro arrivo divennero polvere e terra. Orfeo le pregò e le ninfe fecero crescere erba e alberi dal suolo: loro stesse divennero alberi. Poi Egle, una di loro, parla. Racconta di Eracle che uccise il serpente e si abbeverò disteso come una vacca al pascolo. Egle indicò la fonte e i Greci andarono a bere come le mosche si precipitano a frotte sopra una goccia di miele.
I Greci dissero che anche in assenza Eracle salvava i compagni.
 E andarono a cercarlo. Solo Linceo credette di vedere Eracle in lontananza come si scorge o sembra di scorgere la luna annebbiata nel primo giorno del mese (1479 - 1480)

Imitato da Virgilio: Enea scorge Didone
Obscuram qualem primo qui surgere mense
Aut videt aut vidisse putat per nubila lunam (VI, 452 - 453)

Canto venne ucciso mentre cercava di rubare delle pecore dal pastore Cafauro e pure il profeta Mopso morì poiché non c’è possibilità di stornare la morte oujj ga;r tiς ajpotropivh qanatovio (1505).
Sulla sabbia giaceva un deino;ς o[fiς un tremendo serpente ma pigro nwqhvς. Non attaccava ma il suo veleno era terribile. Era nato dal sangue della Gorgone gocciato sul suolo quando Perseo ci volava sopra.
Mopso gli urtò la coda e il serpente gli morse la carne. Morì e fu compianto
Argo cercava di uscire dal lago Tritonide ma non trovava un varco
Arriva Tritone figlio di Poseidone offrendo una zolla di terra e indica la via d’uscita per il Peloponneso. Non devono scoraggiarsi: non c’è fatica che possa fiaccare membra floride di giovinezza (1585)
Poi prese il grande tripode che gli Argonauti gli avevano offerto e scomparve. Ma riapparve dall’acqua e spinse la nave. Aveva un corpo simile a quello degli dei fino al ventre ma sotto i fianchi si allungava una coda a due punte simile a mostro marino. Tritone spinse la nave fino al mare.
Navigarono tenendo a destra il deserto. Poi si avvicinarono a Creta ma Talos l’uomo di bronzo (Tavlwς cavlkeioς 1638) scagliava pietre e impediva alla nave di entrare nel porto Ditteo. Era della stirpe degli uomini di bronzo nata dai frassini. Zeus ne aveva fatto il guardiano dell’isola.
Era tutto di bronzo ma sulla caviglia aveva una vena di sangue coperta da una sottile membrana. Medea ammaliò con occhi nemici gli occhi dell’uomo di bronzo e digrignando gli mandò immagini terribili.
Talos alzò una pietra per tirarla ma urtò la caviglia su uno spunzone di pietra e precipitò come un pino. Così i Greci dormirono a Creta.
Poi navigarono nel buio, alla cieca, finché Apollo levò in alto l’arco dorato che diffuse un chiarore fulgente e gli Argonauti videro una piccola isola delle Sporadi che chiamarono Anafe (presso Thera - Santorini) per l’apparizione del dio che ajnevfhne (1718), l’aveva mostrata in mezzo all’angoscia. Fecero sacrifici modesti e vennero canzonati dalle ancelle feacie di Medea che nella reggia di Alcinoo vedevano sacrificare dei buoi.
Ancora oggi le donne dell’isola fanno quegli scherzi quando gli uomini sacrificano. Partiti di là arrivarono a Egina dove si sfidarono in gare di corsa. Quindi costeggiarono la terra Cecropia e quella di Aulide, quella di Locresi Opunzi e giunsero a Pagase (1781)

Fine
3 febbraio 2020

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