Il festeggiare sconsiderato dei giovani fa pensare agli esiti di alcune tragedie greche
In quattro tragedie di Sofocle: Antigone, Aiace, Edipo re,
Trachinie, la catastrofe è preceduta da un canto nel quale il Coro,
illudendosi, che le cose stiano cambiando in meglio, si abbandona a una danza
allegra, l'iporchema. Tale comportamento sottolinea l'inadeguatezza della
ragione umana nel cogliere i movimenti profondi del divenire.
Tempo fa ho visto di nuovo, in televisione, Rocco e i
suoi fratelli di Visconti. E' un grande film, e a me particolarmente
congeniale perché ha il sapore delle tragedie greche. Con "il senno di
adesso” ho notato un particolare in più rispetto alla prima visione: la
catastrofe finale di Nadia e Simone è prceduta dalla festa per il successo
pugilistico di Rocco.
Riporto la mia traduzione degli ultimi versi (seconda antistrofe vv.
1146-1152) del V stasimo dell’Antigone[1]"Oh
tu che guidi le danze degli astri/che spirano fuoco, custode/dei canti
notturni,/ragazzo progenie di Zeus, appari,/signore, insieme con le tue
seguaci/Tiadi che furenti, per tutta la notte/ festeggiano te con danze, Iacco
dispensatore”.
Le danze festose di Dioniso possono degenerare in danze macabre e non solo
qui. Si può pensare alle corse frenetiche delle menadi seguaci del dio
nelle Baccanti di Euripide che finiscono con lo sbranamento di
Penteo da parte della madre sua e delle zie.
Il rimedio ai tripudi folli e deleteri è la frovnhsi", l’assennatezza
Le ultime parole del Coro e dell’Antigone di Sofocle sono
queste:
“ il comprendere-to; fronei`n- è di gran lunga il
primo requisito/della felicità; è necessario poi non essere empio/ in nessun
modo negli atti che riguardano gli dèi: i grandi discorsi/dei superbi che
pagano/grandi colpi/con la vecchiaia insegnano il comprendere- to;
fronei`n ejdivdaxan" (vv. 1347-1353)
Luogo simile nelle Baccanti[2] di Euripide dove il secondo
messaggero conclude il racconto dello sparagmov" di Penteo con
queste parole " Essere equilibrati e venerare gli dèi /è la cosa più bella
e credo che questo sia anche la dote/più saggia per chi sa farne uso (to;
swfronei'n de; kai; sevbein ta; tw'n qew'n-kavlliston: oi\mai d j aujto; kai;
sofwvtaton-qnhtoi'sin ei\nai kth'ma toi'si crwmevnoi" , vv.1150-1152).
I giovani festosi dunque non devono mettere da parte il giudizio. Se ci
chiuderanno di nuovo in casa, la catastrofe potrebbe essere non inferiore a
quella di tante tragedie greche. Quest’anno non le vedremo a Siracusa e mi
dispiace molto. Però mi dispiacerebbe enormemente di più soffrire la
tragedia di vedere piazze, strade, parchi, insomma città e campagne di nuovo
vuote e deserte
giovanni ghiselli
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