martedì 5 maggio 2020

La storia di Päivi. Capitolo 27. “Io non voglio vederti!”. Capo Nord

Capo Nord
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“Io non voglio vederti!”
Capo Nord

Due giorni viaggiai con la nera Volkswagen e con Silvano che, in questa occasione, mi fu di valido, amichevole aiuto. Era stato interprete dei segni buoni la sera in cui conobbi Päivi un anno prima. Ora è una delle amicizie celesti che continuano a suggerirmi presagi favorevoli come voli di uccelli contenti o l’apparire della santissima faccia del sole in mezzo alle nuvole invide.
Ci imbarcammo a Travemünde, di sera. Sbarcati dopo una traversata di ventiquattro ore, chiesi al sole che nascondeva molto tardi la faccia santa, di farmi vedere di nuovo Päivi, la luminosa, la Fedra, la donna che mi aveva stenebrato la mente: da quando l’avevo conosciuta e amata, non sopportavo più il fetore della volgarità e mi dava un senso di nausea l’ignoranza arrogante e pretenziosa.
Ma il sacro fulgore del primo fra tutti gli dèi non volle esaudirmi, forse perché con la mia complicità nell’aborto avevo offeso la sua luce che nutre e rende bella la vita.
Il giorno dopo, alla prima telefonata, Päivi si fece negare, e alla seconda rispose dicendo solo: “I don’t want to see you”, io non voglio vederti.
Fennis mira feritas[1], pensai. Vidi il sole impallidire del tutto.
Ricordai che il cielo privo di nuvole la disturbava, mentre a me dava gioia.
Tale discrepanza mi dispiaceva. In fondo avevo già presofferto tutto.
Silvano mi consigliò, saggiamente, di non insistere. Né io avevo più niente da dire a una femmina tanto feroce, a quella leonessa bipede, a quella creatura ibrida, una specie di Sfinge che dopo avermi afferrato con artigli mascherati, divorato e inghiottito, mi rigettava gridando: “io non voglio vederti!”.
Io invece volevo e dovevo almeno sapere se avesse abortito o tenuto la nostra bambina.
Arrivai a Capo Nord. Giunto su quella roccia nera, alta sotto un cielo che non seguiva le leggi del nostro ed erta sopra una distesa d’acqua livida che rumoreggiava sui mostri addormentati in un denso torpore nei cupi abissi marini, mentre pensavo alla bambina concepita nell’amore dell’estate passata, chiesi a Zeus boreale una risposta a quello che era diventato l’enigma della mia vita.
Il dio non volle esaudirmi, irato forse per i miei pensieri e le mie azioni perverse.
Il sole aveva nascosto il suo volto bellissimo dietro nuvole grigie e dense di presagi cattivi.
Ricordai con rimpianto il gorgheggiare degli uccelli che mettevano in musica la mia gioia e la luce delle estati passate nelle radure della grande foresta di Debrecen. Rimpiangevo l’energia che quelle tre donne, Elena, Kaisa e Päivi mi infondevano ogni giorno nell’anima facendomi sentire con forza la vita.
“Potrei bere a lungo, poi gettarmi ubriaco da questa cupa rupe nel buio delle onde, offrire un pasto alle creature tremende[2] di questi abissi e privarmi anche della sepoltura e di una lapide con tale iscrizione ‘qui giace un uomo che amò tre donne finlandesi’. Non avrò nemmeno il conforto di uno che, passando, vorrà sussurrare: “Vale giovanni caro, e ti sia lieve il suol”. 
Questo pensavo, desolatamente.

Bologna 5 maggio 2020. Ella fu. 




[1] Tacito, Germania, 46. Straordinaria è la barbarie dei Fenni: una popolazione germanica particolarmente povera e selvaggia. Non c’entrano con i finnici ma non avevo in mente una citazione più appropriata
[2] “Molte creature tremende nutre la terra - polla; me;n ga' trevfei - deina;, angosce di terrori deimavtwn a[ch - , e gli abbracci del mare sono pieni di mostri ostili agli uomini - povntiaiv t j ajgkavlai knwdavlwn - ajntaivwn brotoi'si plhvqousi: germogliano anche a mezz’aria sospesi splendori - blastou'si kai; pedaivcmioi - lampavde" pedavoroi: - gli animali che volano e che camminano sulla terra potrebbero dire della collera rapida delle tempeste ptanav te kai; pedobavmona kajnemovent j a]n - ajgivdwn fravsai kovton - (Eschilo, Coefore, I stasimo, strofe a vv. 585 - 592,)
Vediamo l’antistrofe a (593 - 601)
Ma della mente troppo audace dell’uomo chi potrebbe dire ajll j uJpevrtolmon ajn - dro;" frovnhma tiv" levgoi - e delle donne sfrontate nel cuore (kai; gunaikw'n fresi;n tlhmovnwn) le passioni temerarie (pantovlmou" e[rwta") associate alle folli cecità dei mortali? a[taisi sunnovmou" brotw'n:
i vincoli coniugali dei mostri e dei mortali li vince l’amore disamore che domina la donna - xuzuvgou" d j oJmauliva" - qhlukrath;" ajpevrwto" e[rw" paraniuka'/ - knwdavlwn te kai; brotw'n

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