“Io non voglio vederti!”
Capo Nord
Due giorni
viaggiai con la nera Volkswagen e con Silvano che, in questa occasione, mi fu
di valido, amichevole aiuto. Era stato interprete dei segni buoni la sera in
cui conobbi Päivi un anno prima. Ora è una delle amicizie celesti che
continuano a suggerirmi presagi favorevoli come voli di uccelli contenti o
l’apparire della santissima faccia del sole in mezzo alle nuvole invide.
Ci
imbarcammo a Travemünde, di sera. Sbarcati dopo una traversata di ventiquattro
ore, chiesi al sole che nascondeva molto tardi la faccia santa, di farmi vedere
di nuovo Päivi, la luminosa, la Fedra, la donna che mi aveva stenebrato la
mente: da quando l’avevo conosciuta e amata, non sopportavo più il fetore della
volgarità e mi dava un senso di nausea l’ignoranza arrogante e pretenziosa.
Ma il sacro
fulgore del primo fra tutti gli dèi non volle esaudirmi, forse perché con la
mia complicità nell’aborto avevo offeso la sua luce che nutre e rende bella la
vita.
Il giorno
dopo, alla prima telefonata, Päivi si fece negare, e alla seconda rispose
dicendo solo: “I don’t want to see you”, io non voglio vederti.
“Fennis
mira feritas”[1],
pensai. Vidi il sole impallidire del tutto.
Ricordai che
il cielo privo di nuvole la disturbava, mentre a me dava gioia.
Tale
discrepanza mi dispiaceva. In fondo avevo già presofferto tutto.
Silvano mi
consigliò, saggiamente, di non insistere. Né io avevo più niente da dire a una
femmina tanto feroce, a quella leonessa bipede, a quella creatura ibrida, una
specie di Sfinge che dopo avermi afferrato con artigli mascherati, divorato e
inghiottito, mi rigettava gridando: “io non voglio vederti!”.
Io invece
volevo e dovevo almeno sapere se avesse abortito o tenuto la nostra bambina.
Arrivai a
Capo Nord. Giunto su quella roccia nera, alta sotto un cielo che non seguiva le
leggi del nostro ed erta sopra una distesa d’acqua livida che rumoreggiava sui
mostri addormentati in un denso torpore nei cupi abissi marini, mentre pensavo
alla bambina concepita nell’amore dell’estate passata, chiesi a Zeus boreale
una risposta a quello che era diventato l’enigma della mia vita.
Il dio non
volle esaudirmi, irato forse per i miei pensieri e le mie azioni perverse.
Il sole
aveva nascosto il suo volto bellissimo dietro nuvole grigie e dense di presagi
cattivi.
Ricordai con
rimpianto il gorgheggiare degli uccelli che mettevano in musica la mia gioia e
la luce delle estati passate nelle radure della grande foresta di Debrecen.
Rimpiangevo l’energia che quelle tre donne, Elena, Kaisa e Päivi mi infondevano
ogni giorno nell’anima facendomi sentire con forza la vita.
“Potrei bere
a lungo, poi gettarmi ubriaco da questa cupa rupe nel buio delle onde, offrire
un pasto alle creature tremende[2] di
questi abissi e privarmi anche della sepoltura e di una lapide con tale
iscrizione ‘qui giace un uomo che amò tre donne finlandesi’. Non avrò nemmeno
il conforto di uno che, passando, vorrà sussurrare: “Vale giovanni caro, e ti
sia lieve il suol”.
Questo
pensavo, desolatamente.
Bologna 5
maggio 2020. Ella fu.
[1] Tacito, Germania, 46. Straordinaria è la barbarie dei
Fenni: una popolazione germanica particolarmente povera e selvaggia. Non
c’entrano con i finnici ma non avevo in mente una citazione più appropriata
[2] “Molte creature tremende nutre la terra - polla; me;n ga' trevfei - deina;, angosce di terrori deimavtwn a[ch - , e gli abbracci del mare sono
pieni di mostri ostili agli uomini - povntiaiv t j ajgkavlai knwdavlwn - ajntaivwn
brotoi'si plhvqousi: germogliano anche a mezz’aria sospesi splendori - blastou'si kai;
pedaivcmioi - lampavde" pedavoroi: - gli animali che volano e che camminano sulla terra potrebbero dire della
collera rapida delle tempeste ptanav te kai; pedobavmona
kajnemovent j a]n - ajgivdwn fravsai kovton - (Eschilo, Coefore, I stasimo,
strofe a vv. 585 - 592,)
Vediamo
l’antistrofe a (593 - 601)
Ma della
mente troppo audace dell’uomo chi potrebbe dire ajll j
uJpevrtolmon ajn - dro;" frovnhma tiv" levgoi - e delle donne sfrontate nel cuore
(kai; gunaikw'n fresi;n tlhmovnwn) le passioni temerarie (pantovlmou"
e[rwta") associate
alle folli cecità dei mortali? a[taisi sunnovmou" brotw'n:
i vincoli
coniugali dei mostri e dei mortali li vince l’amore disamore che domina la
donna - xuzuvgou" d j oJmauliva" - qhlukrath;" ajpevrwto"
e[rw" paraniuka'/ - knwdavlwn te kai; brotw'n”
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