la musa Erato |
Le Argonautiche IV libro
Apollonio
chiede aiuto alla Musa: la mente ondeggia dentro di me (novoς e[ndon ejlivssetai) : non
so se Medea lasciò la terra dei Colchi per la pena di un amore infelice nato
dall’acciecamento o per terrore fatale.
Eeta
era furioso e tramava la vendetta. Aveva intuito che le figlie avevano aiutato
Giasone. Medea terrorizzata fuggì con i figli di Frisso. Prima baciò il letto (kuvsse d j eJovn levcoς, 26,
topos gestuale cfr. Alcesti) e
accarezzò le pareti, poi si tagliò un ricciolo e lo lasciò per la madre quale
ricordo della sua vita di vergine.
E
pure maledice Giasone: se il mare ti avesse sbranato, prima che tu giungessi
nella terra dei Colchi! Cfr. Euripide, Medea,
1.
Corse fuori dalla reggia come farebbe una
schiava di guerra.
Correva
a piedi nudi per le vie strette che tante volte aveva percorso cercando
cadaveri ed erbe malefiche. Ma il cuore era agitato pavlleto qumovς 53 per
la paura tremante. Cfr. cardiopalma - pavllw agito; palmov" - oJ
agitazione.
L’amore
non è dolore, tanto meno è violenza.
L’amore
è gioia ed è comprensione, è intelligenza.
Le
Argonautiche e altri testi tendono a
infamare Eros suscitando sospetto o addirittura odio tra i maschi e le femmine
come ora fanno i razzisti di entrambi i sessi
Da
tanti resoconti di giornali appare e pare che l’unico amore benedetto, e spesso
pure santificato dal matrimonio, sia quello tra omosessuali. L’eterno richiamo
tra sessi diversi sembra sia pericoloso e dopo tutto deleterio.
Poi
c’è la contraddizione del lamento sulle culle vuote.
Ma
sentiamo i poeti nemici di Eros. Solo pochissimi esempi ma potri farne a
bizzeffe
Esecrazione
dell’amore come nel finale dell’Ippolito
di Euripide dove Teseo maledice Afrodite dicendo: wJς polla;, Kuvpri, sw'n
kakw'n memnhvsomai (1461), quante volte Cipride mi ricorderò dei tuoi
delitti.
Cfr.
anche “nequiquam quoniam medio de fonte
leporum/ surgit amari aliquid quod in ipsis floribus angat” (De rerum natura, IV, vv. 1131 - 1134).
Virgilio,
mosso a compassione della regina cartaginese abbandonata da Enea e non volendo
del resto incolpare il suo eroe, ritorce e fa ricadere sull'amore la
maledizione indirizzata a Enea dall'amante: "Improbe Amor, quid non mortalia pectora cogis!"[1] (v.
412), malvagio Amore, a cosa non costringi i petti mortali!
E'
un'apostrofe contro l'amore che viene messo allo stesso livello dell'auri sacra fames , la maledetta fame
dell'oro la quale ha spinto il re di Tracia a sgozzare l'ospite Polidoro:"Quid non mortalia pectora cogis,/ auri sacra
fames! " (Eneide, III, 56 - 57).
Medea
va sul fiume di fronte all’accampamento dei Greci e chiama Frontis, il più giovane
tra i figli di Frisso. Giasone Frontis e Argo andarono a prenderla con la nave.
Medea promette il vello d’oro e chiede in cambio a Giasone di non lasciarla
andare via disprezzata e derisa.
Cfr.
l’orrore della derisione.
Giasone
chiama a testimone Zeuvς
jOluvmpioς o{rkioς,
custode dei giuramenti (95) che la porterà a casa sua come legittima sposa.
Navigarono
verso il bosco sacro ma lei tendeva indietro le mani disperata. A notte fonda
sbarcarono in un luogo erboso chiamato il letto del montone che era giunto là.
Cercavano
la quercia dov’era il vello simile a una nuvola arrossata dai raggi del sole
nascente. Ma il dragone insonne li aveva visti, tendeva il collo lunghissimo e
soffiava. Si sentiva lontano e svegliava le madri che abbracciavano i figli.
Medea invoca il Sonno, il dio supremo, poi Ecate. Giasone era atterrito. Il
drago cominciava a stendersi allungando la testa. Allora Medea intinse un ramo
di ginepro in un filtro e lo passò sugli occhi del mostro che si addormentò.
Giasone staccò dalla quercia il vello d’oro e lo alzò: era pesante e coperto di
bioccoli. Rifletteva la sua luce per terra. Mandava luce simile a un lampo di
Zeus lampovmenon
steroph'/ i[kelon Diovς (185). Tutti volevano toccarlo, ma Giasone vi gettò
sopra un mantello. Poi esortò i compagni a tornare e a proteggere Medea che lui
avrebbe sposato poiché aveva aiutato lui e tutta la Grecia.
Eeta si prepara alla guerra. Disse ai Colchi
che li avrebbe puniti se non gli avessero consegnato Medea. Inizia
l’inseguimento e i Colchi vengono paragonati a uccelli che volano a stormo sul
mare con strepito grande (239 - 240).
Cfr.
Iliade 2, 459 - 465 con la
similitudine delle gru oche o cigni. Detto degli Achei che escono da navi e
tende.
Giunti
in Paflagonia presso il fiume Halys Medea fece sacrifici a Ecate. C’è ancora il
santuario. Poi ripartirono seguendo le indicazioni di Argo e cambiando
percorso. Arrivarono all’Istro. Poi giunsero alle isole Brigie, nell’Adriatico,
inseguiti da Assirto. Le due armate trattavano non senza mettere in conto che
Medea poteva essere restituita. Medea va a parlare con Giasone e gli ricorda i
giuramenti. Hai avuto il vello d’oro grazie alla mia follia che ha versato
vergogna su tutte le donne.
Ti
seguirò in Grecia come figlia, sposa sorella 368 - 369
Cfr.
Ettore e Andromaca Iliade VI 429 - 432;
cfr. anche Coefore 235 - 245 dove
Elettra attribuisce a Oreste le funzioni di padre e madre oltre che di
fratello.
Difendimi e salva divkh kai; qevmiς,
giustizia e diritto (372 - 373). Oppure uccidimi poché non posso tornare da mio
padre. Se mi tradirai in questo modo, presto le mie Erinni ti scacceranno. Non
resterete tranquilli per lungo tempo a schernirmi (moi ejpillivzonteς 389).
Allora Giasone ebbe paura. Risponde che stanno solo prendendo tempo. Bisogna
eliminare Assirto. Medea acconsente dicendo parole tremende: è necessario fare
altre cose sconce dopo quelle compiute, dal momento che sono stata acciecata (ajavsqhn, 412)
Tu
pensa a combattere: io lo ammansirò (meilivxw - meilivssw, 416)
perché cada nelle tue mani. Tu mandagli doni, io gli dirò che devo parlargli da
sola. Tu allora potrai ucciderlo. Così architettarono mevgan dovlon (421) un
grande inganno. Gli promisero, tra l’altro, la tunica sacra (pevplon iJerovn 423) di
Issipile. Questa tunica emanava un profumo immortale da quando ci aveva dormito
Dioniso tenendo stretto il bel corpo di Arianna rapita a Cnosso da Teseo e
lasciata nell’isola Dia.
I
due dunque prepararono il crimine.
Altra
apostrofe contro Eros: atroce amore - scevtlie [ Erwς, grande sventura, mevga ph'ma, grande
abominio per gli uomini, mevga stuvgoς ajnqrwvpoisin (Argonautiche IV, 445), da te nascono travagli e dolori.
Vieni
armato sui figli dei miei nemici a gettare rovina come hai fatto con Medea.
Assirto dunque andò nell’isola illirica dove
lo aspettava la sorella e cominciò a saggiarla con le parole (peirhvsato muvqoiς 459)
come fa un bambino delicato (ajtalo;ς paviς 460) con un torrente che nemmeno gli
uomini osano attraversare. Si accordarono su tutto, finché Giasone balzò fuori
dall’agguato con la spada nuda e lo colpì come fa il macellaio con il toro
dalle ampie corna. Medea distolse gli occhi mentre il fratello cadeva colpito a
morte. Non volle vedere. Ma vide l’orrenda azione loxw/' o[mmati con
occhio obliquo l’Erinni spietata che tutto doma nhleihvς, pandamavtwr (475, 476). Giasone per giunta
tagliò le estremità del morto (mascalivzomai, vengo mutilato, mascalismovς), leccò
tre volte il sangue e sputò tre volte la macchia del sacrilegio, come vuole il
rito per espiare. Medea diede un segnale con il fuoco, e gli altri Greci
andarono a uccidere gli altri Colchi, come gli sparvieri uccidono le colombe o
i leoni le pecore. Poi i Greci si riunirono a consiglio ejzovmenoi boulhvn (493).
continua
trovate gli altri capitoli nel mio blog, a partire dal 24/01/2020
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trovate gli altri capitoli nel mio blog, a partire dal 24/01/2020
[1] "Il primo emistichio ripete
un motivo dell'VIII Bucolica, v. 47: Saevus amor, e 49/50 Improbus
ille puer: la conclusione del verso ripete III, 56". R. Calzecchi
Onesti, op. cit., p. 295.
Si a tanti miglioramenti quasi impercettibili, facili. Perché questa nostra esistenza é già abbastanza complicata
RispondiEliminagrazie per questi articoli interessantissimi
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