giovedì 13 aprile 2023

Il problema dell’estinzione di una cultura.


 

“Il Greco conobbe e sentì i terrori e le atrocità dell’esistenza: per poter comunque vivere, egli dové porre davanti a tutto ciò la splendida nascita sognata degli dèi olimpici. L’enorme diffidenza verso le forze titaniche della natura, la Moira spietatamente troneggiante su tutte le conoscenze, l’avvoltoio del grande amico degli uomini Prometeo, il destino orrendo del saggio Edipo, la maledizione della stirpe degli Atridi, che costringe Oreste al matricidio, insomma la filosofia del dio silvestre  con i suoi esempi mitici, per la quale perirono i malinconici Etruschi –fu dai Greci ogni volta superata, o comunque nascosta e sottratta alla vista, mediante quel mondo artistico intermedio degli dèi olimpici. Fu per poter vivere che i Greci dovettero, per profondissima necessità, creare questi dèi: questo evento noi dobbiamo senz’altro immaginarlo così, che dall’originario ordinamento titanico del terrore  fu sviluppato attraverso quell’impulso apollineo della bellezza, in lenti passaggi, l’ordinamento divino olimpico della gioia, allo stesso modo che le rose spuntano da spinosi cespugli  "[1].

 

Gli Etruschi  dunque hanno rinunciato alla loro lingua, perciò alla  cultura loro e  a una parte della loro umanità dopo la conquista romana.

 I Greci vinti, viceversa, hanno conquistato culturalmente Roma poi attraverso la mediazione della lingua latina, tutta l’Europa.

Cito alcune parole un tempo assai note di   Orazio:"Graecia capta ferum victorem cepit et artes/intulit agresti Latio (Epistole , II, 1,  v.159)

 Faccio pure notare  che i Greci come Polibio, i quali vissero a lungo a Roma, continuarono a scrivere in greco diversamente dai Galli, dagli Africani e dagli Spagnoli romanizzati che scrissero in latino.

La lingua di cultura più forte prevalse. Ora invece l’italiano sta cedendo terreno all’inglese che è il maltrattato idioma dell’impero vero o presunto più forte, comunque presentato come tale.

Rinunciando alla propria lingua si rinuncia alla propria tradizione e umanità perché l’uomo non è tanto ciò che mangia e come mangia bensì ciò che dice e come parla.

Allora il problema che pongo è: quando si estingue una cultura?

 

Rispondo: quando la classe colta non si riproduce.

Cassio Dione  (155-235) racconta che  Augusto nel 9 d. C. parlò agli sposati e ai celibi. Elogiò gli ammogliati, meno numerosi, dicendo che erano cittadini benemeriti e fortunati: infatti ottima cosa è una donna temperante, casalinga, buona amministratrice e nutrice dei figli ("a[riston gunh; swvfrwn oijkouro;" oijkovnomo" paidotrovfo" "(LVI, 3, 3) ed è una grande felicità lasciare il proprio patrimonio ai propri figlioli; inoltre anche la comunità riceve vantaggi dal grande numero (poluplhqiva, LVI, 3, 7) di lavoratori e di soldati.

Quindi l’imperatore parlò con parole di biasimo ai non sposati che erano molto più numerosi. Voi, disse in sostanza, siete gli assassini delle vostre stirpi e del vostro Stato. Voi tradite la patria rendendo deserte le case e la radete al suolo dalle fondamenta:"a[nqrwpoi gavr pou povli" ejstivn, ajll' oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j ajgorai; ajndrw'n kenaiv" (LVI, 4, 1), gli uomini infatti in qualche misura costituiscono la città, non le case né i portici né le piazze vuote di uomini.

 

Veniamo ai nostri giorni. Assistiamo a un calo demografico. Leggevo ieri che in una classe di una scuola elementare del quartiere popolare “Bolognina” c’è un solo bambino nato in Italia.

Noto che tra quanti italiani non fanno figli la percentuale di gran lunga più alta si trova tra gli studiosi coscienti. Penso ad alcuni miei amci ancora vivi o non più tali come tipici di questa razza in estinzione. Siamo nati nel 1944. Alla fine di tale specie, potrebbe sparire un poco alla volta la nostra lingua e la nostra cultura. Spero che questo non accadrà. Vedremo: to; mevllon h{xei (Eschilo, Agamennone,  1240)

Certo è che sta sparendo la conoscenza del greco e del latino dalle menti dei giovani. Il pimo ministro, o la prima ministra se preferite, ha detto che il vero liceo è l’istituto agrario. A Pesaro quello di Caprile, preciso.

La perdita del greco e del latino costituisce di fatto un’amputazione della nostra identità culturale, quasi una cerebroctomia. Pensateci ragazzi!

 

Bologna 13 aprile 2023 ore 10, 38 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo 3.

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