Seguono grida di esultanza con un paiwvn un richiamo ad Apollo Paiavn guaritore detto da Trigeo che però viene redarguito dal corifeo perché questo grido è omofono del verbo paivw che significa batto, colpisco ed evoca la guerra.
E’ un esempio del fatto che le parole possono assumere significati negativi o positivi secondo gli ambienti, i tempi, le mode. In una commedia scritta contro la guerra recitata davanti a un popolo che molto probabilmente ne era stanco, una parola associabile alla guerra era tabù.
Trigeo è d’accordo e toglie il paiwvn “peana” troppo simile come suono a paivwn “colpendo” e grida ijh; ijh; ijhv movnon (455) soltanto evviva evviva evviva! Rivolto a Ermes, alle Grazie, alle Ore, ad Afrodite a Eros.
Il Corifeo aggiunge: [ Arei de, mhv, ad Ares invece no. Ares è un dio del male, perciò da ripudiare con un “vade retro!”. Le deprecazioni di Ares sono presenti più volte nei drammi, come abbiamo visto (Agamennone di Eschilo, Edipo re di Sofocle per esempio) . Trigeo ripete il no ad Ares e il corifeo associa al rifiuto anche Enialio che significa la furia guerresca di Ares.
I coreuti passano le funi intorno a un grosso masso che tappa la caverna dove si trova la pace, quindi si incitano a vicenda dicendo e ripetendo: ei\a mavla-su, forza!
Ma Trigeo nota che c’è chi tira più chi meno-ajll’ oujc e[lkous j a{ndre~ oJmoivw~ (454). C’è sempre chi latita in mezzo il lavoro degli altri per pigrizia, o per indifferenza o per malevolenza.
Trigeo incalza, minaccia e insulta gli svogliati. Li chiama Boiwtoiv (456) balordi forse con una punta di sospetto riguardo a possibili infiltrati dato che nelle tragedie Tebe è la città maledetta.
Il coro ragisce intimando a Trigeo e al dio Ermes di tirare anche loro due: a[gete xunanevlkete kai; sfwv (v. 469), su, tirate insieme anche voi due. Insomma non può incitare al lavoro chi non lavora.
Trigeo risponde che ce la metterà tutta mostrando e dicendo che tira attaccato alla corda e piegato su questa con serio e sommo impegno (469-471) Il Coro domanda perché allora il lavoro non avanzi. Insomma l’impresa della liberazione di Irene non procede o va avanti troppo lentamente, sicché girano accuse reciproche, sospetti, recriminazione come sempre, perfino nelle coppie di amanti, quando le cose non vanno come si sperava.
Trigeo quindi si rivolge a uno che gli pare poco efficiente e lo chiama Lamaco (cfr. v. 304) dicendo : non abbiamo nessun bisogno del tuo spauracchio- oujde;n deovmeq j th`~ sh`~ mormovno~ (474).
Negli Acarnesi Lamaco chiama Diceopoli ptwcov~, pezzente (578) e il cittaìdino giusto, il pacifista risponde : “ujpo; tou` devou~ ga;r tw`n o{plwn eijliggiw` (581), per paura delle armi ho le vertigini.
L’invio continuo di armi in Ucraina da parte dell’Occidente dovrebbe dare le vertigini ai Russi, ardore bellico agli Ucraini e una patente di onestà a chi le invia soccorrendo le vittime.
Tra chi tira la fune ci sono svogliati e perfino sabotatori mentre ci vorrebbe grande concordia tra i pacifisti, come adesso.
Vediamo l’elenco.
Gli Argivi non tirano più. Argo è stata un’alleata instabile di Atene ; dal 451 al 421 tenne una politica estera ambigua. Gli Spartani che lavorano il legno sono volonterosi, ma i fabbri boicottano. Probabilmente in quanto fabbricano armi. I megaresi sono dei morti di fame. Cfr di nuovo Acarnesi con il Megarese che vende la figlie perché possano mangiare
Insomma alcuni non tirano, altri addirittura tirano dalla parte opposta, ci sono gli svogliati malevoli kakovnoi 497 e ci sono quelli volti a tirare in senso contrario ajntispa`n, poi quelli che impediscono kwluvousin (499)
Ermes rinfaccia ai Megaresi la genesi della guerra. Essi per primi strofinarono l’aglio sulla pace –Pace, 502- con il ratto delle due prostitute ateniesi rapite ad Aspasia come ritorsione della puttana megarese povrnhn Simaivqan (Acarnesi 524) rapita dai giovanoti ateniesi avvinazzati.
Gli Ateniesi tirano male la fune perché hanno la mania dei processi (cfr. le Vespe del 422). Se vogliono la Pace, si spostino verso il mare. Vuole forse dire di darsi al commercio o di andare a guerreggiare lontano.
Trigeo conclude che solo i contadini gewegoiv fanno bene questo lavoro di tirare la fune per liberare la pace-ka[llo~ oujdeiv~ (Pace, 510) e nessun altro è il mito del buon contadino. Cfr. l’ aujtourgov~ (920) dell’Oreste di Euripide.
Bologna 2 aprile 2023 ore 11,35 giovanni ghiselli
p. s.
Sempre1340280
Nessun commento:
Posta un commento