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Il corifeo torna al metro giambico e domanda a Ermes dove si trovava la dea Pace durante i dieci anni della guerra archidamica (431-421) che ha devastato la campagna attica e anche quella di altre regioni.
Ermes espone la causa prima dalla guerra voluta da Pericle per mettere in secondo piano le proprie malefatte. Il dio chiarisce che quando (433) Fidia venne accusato di essersi appropriato di parte dell’oro fornitogli per la statua crisoelefantina di Atena, Pericle, per paura di venire coinvolto in tale sorte- fobhqei;~ mh; metavscoi th`~ tuvch~- (606) e temendo la vostra indole, con l’abitudine di mordere- ta;~ fuvsei~ umw`n dedoikw;~ kai; to;n aujtodavx trovpon (607), prima di subire pure lui qualche terribile guaio - pri;n paqei`n ti deino;n aujtov~ (608) mise a fuoco la città- ejxevflexe th;n povlin, gettando come scintilla il decreto contro i Megaresi banditi da tutti i porti e mercati dell'impero ateniese (432) . Quindi il primo stratego soffiò tanta guerra su quel fuoco che tutti gli Elleni ne lacrimavano. I raccolti furono rovinati dalla guerra e questa-la pace -sparì-h[de hjfanivzeto (614). E’ un arcanum imperii , un segreto del potere nemmeno più tanto segreto, un remedium imperii piuttosto, un rimedio del potere in difficoltà: creare al popolo difficoltà maggiori, e la massima è la guerra che scatena il caos dove tutto si confonde.
Plutarco riferisce dei pettegolezzi riguardo all’amicizia tra Pericle e Fidia che sovrintendeva agli artisti- ejpestavtei toi`~ tecnivtai~-- del Partenone grazie a questa amicizia: il primo artista dunque invitava a casa sua donne libere per farle incontrare con Pericle. I comici mettevano in giro tali maldicenze sulla dissolutezza dello stratego. Ma gli stessi calunniatori erano dissoluti come satiri e lanciavano tali bocconi calunniosi come pasto votivo al cattivo demone dell’invidia popolare (Vita di Pericle, 13).
Plutarco ricorda anche la versione degli Acarnesi (vv. 524-527) di Aristofane sulla genesi della guerra: ci furono due ratti di prostitute: prima una povrnh da un bordello di Megara da parte di giovanotti ateniesi ubriachi poi per ritorsione due povrnai dal bordello di Aspasia (Vita di Pericle 30). Sicché Pericle escluse i traffici megaresi dai porti del suo impero.
Nel capitolo successivi (Vita di Pericle 31) Plutarco racconta l’accusa a Fidia di avere rubato parte dell’oro della statua crisoelefantina di Atena. Uno degli assistenti fu indotto ad accusare il sovrintendente ma Fidia si difese facendo pesare l’oro usato che corrispondeva esattamente a quello ricevuto. Aveva impiegato l’oro in modo che fosse possibile staccarlo dalla statua. Glielo aveva suggerito Pericle. Sicché l’artista venne assolto. Ma l’imvidia tornò ad attaccarlo. Fidia aveva rappresentato se stesso come un vecchio calvo sullo scudo di Atena e aveva scolpito pure Pericle che combatte contro un’ Amazone.
In seguito all’ accusa di empietà Fidia fu portato in prigione dove morì, forse avvelenato dai nemici di Pericle. A Menone, l’assistente che l’aveva accusato, fu concessa l’esenzione dalle tasse- ajtevleian oj dh`mo~ e[dwke e una scorta per la sua sicurezza. Come vedete non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Penso a vittime recenti: benemeriti ammazzati come Aldo Moro.
Trigeo commenta l’imprigionamento di Pace e Fidia come una sorta di to; prosh`kon tra i due, qualche cosa che si addice a chi suscita invidia e risentimento (Pace, vv. 615-616).
Il corifeo aggiunge che Pace e Fidia dovevano essere della stessa stirpe: ecco perché Pace ha un aspetto e un volto tanto bello: eujprovswpo~ (617-618)
Mi viene in mente alcuni versi della Parodo dell'Edipo re con i quali il coro depreca Ares il violento " ( [Area to;n malerovn v.190) e "il dio disonorato tra gli dei"( to;n ajpovtimon ejn qeoi'" qeovnv.215) e chiede ad Atena:"eujw'pa pevmyon ajlkavn" (v. 189), manda un rimedio dal bel volto.
Bologna 8 aprile 2023 ore 11, 53 giovanni ghiselli
p. s.
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