mercoledì 19 aprile 2023

ARISTOFANE - "La pace". 30


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Gli Ateniesi affamati - Trigeo e Diceopoli - amano l'anguilla sulle bietole

 
Trigeo canta la sua preghiera alla Pace
 
O molto veneranda regina e dea 974
Potente pace
Signora di cori, signora di nozze,
accetta il sacrificio nostro.
 
Seguita a cantare il servo di Trigeo
 
Accetta dunque onoratissima reverenda
per Zeus e non fare come
fanno le donne in cerca di ganzi. 980
Quelle infatti schiudendo un poco la porta
  del cortile fanno capolino
e se uno rivolge loro l’attenzione
si tirano indietro;
ma se poi si allontana si riaffacciano.
Tu non fare  più niente di questo con noi.
 
Un breve commento. Viene in mente questa immagine di Teocrito sulla civetteria femminile
E' questo il tovpo" dell'amore che insegue chi fugge e scappa da chi lo insegue. Tale locus  ha un' ampia presenza nella poesia amorosa e, probabilmente, pure nell'esperienza personale di ciasuno di noi: Teocrito nel VI  idillio paragona Galatea che stuzzica Polifemo alla chioma secca che si stacca dal cardo quando la bella estate arde:"kai; feuvgei filevonta kai; ouj filevonta diwvkei" (v. 17), e fugge chi ama e chi non ama lo insegue. Nell'XI idillio lo stesso Ciclope si dà il consiglio di non inseguire chi fugge ma di mungere quella presente (75), femmina ovina o umana che sia.
 Abbiamo anche qui l'ironia teocritea che deriva dalla consapevole dissonanza tra l'elemento popolare e quello raffinato letterario. Teocrito è, come Callimaco, un rappresentante di una poesia cosiddetta postfilosofica:"Post-filosofici sono questi poeti, nel senso che non credono più nella possibilità di dominare teoreticamente il mondo, e nell'esercizio della poesia, a cui Aristotele aveva ancora riconosciuto un carattere filosofico, si allontanano scetticamente dall'universale e si rivolgono con amore al particolare"[1].  
 
Quindi riprende la  preghiera Trigeo
 
Per Zeus, mostra te stessa tutta intera,
come si addice a una donna perbene, a noi
che ti amiamo, che per te ci struggiamo
Già da tredici anni.
Dissolvi battaglie e tumulti,
perché ti possiamo chiamare Lisimaca- l’acido nitrico delle battaglie-
e fai cessare i nostri sospetti
troppo sottili,
per cui mormoriamo gli uni contro gli altri,
Mescola noi Elleni
un’altra volta daccapo
in un succo di amicizia e mescola la mente
con una più mite capacità comprensiva 999.
 
Jacob Burckhardt cita in nota i versi 997- 999 e li commenta con queste parole: “non intendiamo parlare degli oratori di circostanza, che da Gorgia in poi non risparmiarono le esortazioni generiche alla concordia fra Elleni e alla lotta contro i barbari, piene di  buone intenzioni ma troppo a buon mercato-e neppure delle espressioni, spesso assai belle, del generale desiderio di pace, per esempio nelle parole del coro alla Dea della pace in Aristofane-ma solo delle esortazioni ad una maggiore umanità” (Storia  della civiltà geca, parte II,  capitolo IV, L’unità della nazione greca, p. 357).
Poco sotto   Burckhardt cita un appello alla pace tra i Greci attribuito da Aristofane a Lisistrata quando la promotrice della concordia tra i Greci rimprovera i maschi che vanno a purificare con l’acqua gli altari a Olimpia, alle Termopili, a Delfi, e in altri luoghi che sarebbe lungo elencare, e mentre incombono i nemici barbari con gli eserciti, voi -li apostrofa-  fate morire uomini e città della Grecia  [Ellhna" a[ndra" kai; povlei" ajpovllute (Lisistrsta, vv. 1129-1135). I veri nemici  vuole dire Aristofane sono i Persiani, anticipando l' Ifigenia in Aulide di Euripide di un lustro e Isocrate di vari decenni.
 
Torniamo al canto di Trigeo
Fai che la nostra agorà sia piena
di ogni bene: grossi agli, 1000
cetrioli precoci, mele, melograni,
 mantelline per schiavi;
e che si vedano portate dai Beoti
oche, anatre, colombi, scriccioli,
e che arrivino ceste di anguille del lago Copaide
e noi riuniti intorno
A fare provviste e a rimescolarci
con Morico, Telea, Glaucete e altri
ghiottoni, molti  e poi che Melanzio
arrivi troppo tardi al mercato
e le prelibatezze siano già vendute, e lui gema gridando
E poi intoni la melodia di Medea
"Sono spacciato, sono spacciato"
vedovo di lei adagiata sulle bietole
e gli uomini ne godono.
Questo o molto venerata, dai a noi che ti preghiamo.
Prendi il coltello, poi con fare da cuoco
devi sgozzare la pecora-
 
Melanzio è  l'attore da strapazzo già menzionato, e la Medea citata pare sia di Morsimo, fratello di Melanzio I due sono nominati ai versi 803-804.
 
Aristofane è spietato con i suoi motteggi.
Lo nota Pirandello che definisce l'umorismo “il sentimento del contrario”. Questo, in sostanza, significa mettersi nei panni degli altri con una specie di rovesciamento e arrivare alla compassione.
 Tra i Greci “Umorista non è Aristofane ma Socrate…Socrate ha il sentimento del contrario; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale”[2].
 
 
Anche negli Acarnesi c’è un elogio dell’anguilla sulle bietole-
 Sul mercato privato di Diceopoli arriva un tebano a offrire la sua mercanzia: il nostro eroe è attirato soprattutto dalle anguille di Copaide, un lago della Beozia, oggi prosciugato:
"o tu che porti le fette di pesca più gradite agli uomini,
 w\ terpnotavton su; tevmacoς  ajnqrwvpoi" fevrwn (881)
permetti che io saluti le anguille -ta;" ejgcevlei"- se davvero le porti"(882).
Grande è la gioia del pacifista ateniese nel vedere "l'ottima anguilla th;n ajrivsthn e[gcelun (889)
 giungere bramata dopo cinque anni finalmente"(890).
 Dicepoli è tanto felice che utilizza, in travestimento derisorio, due mezzi versi pronunciati da Admeto nei riguardi dell'adorata Alcesti (367-368) :"che nemmeno morto io sia mai separato da te… cotta in mezzo alle bietole"(892-893 mhde; ga;r qanwvn -pote-sou' cwri;ς ei[hn” citato da Alcesti 367-368.
Admeto concludeva il secondo verso con th`" movnh" pisth`" ejmoiv, tu sola fedele a me, mentre Diceopoli lo chiude con    enteteutlanwmevnhς, ejnteutlanovomai, teu'tlon = bietola , cotta tra le bietole.


Bologna 19 aprile 2023 ore 19, 33
 giovanni ghiselli

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[1] Bruno Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo , p. 372.
[2] Pirandello, L’umorismo, p. 45.

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