NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 10 aprile 2023

ARISTOFANE - "La pace". 22. Seduttori e seduttivi


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Ermes spiega il silenzio della Pace con l’ira ojrghvn 658 di lei per quanto ha sofferto.
Trigeo si accontenterebbe che Pace dicesse poche all’orecchio di Ermes il quale le si accosta. Quindi riferisce il rimprovero e il biasimo momfhvn 664  di Pace nei confronti degli Ateniesi
Dopo il successo di Pilo (425) dunque, Pace  aveva portato in Atene una cesta piena di regua- kivsthn plevan spondw`n 666  con le offerte degli Spartani sconfitti, ma  l’assemblea a man levata tre volte diceva no-ajpoceirotonhqh`nai tri;~ ejn thjkklhsiva -667- ceivr-teivnw
Cfr. Carducci Il comune rustico-1886. “ A man levata il popol dicea Sì” 32.
Cfr. anche "tutto il popolo votò alzando la mano favorevole"(Eschilo, Supplici, v.607).
 
Trigeo ammette l’errore e si scusa-hJmavrtomen tau`t j , ajlla; suggnwvmhn e[ce:- oj nou`~  ga;r hjmw`n h\n tot j ejn toi`~ skuvtesin (668-669), abbiamo sbagliato in questo, su perdonaci poiché allora avevamo la testa nelle cuoia.
Vuole dire che il cuoiaio Cleone convinceva l’assemblea a rifiutare la tregua proposta dagli Spartani che chiedevano la liberazione dei 120 opliti spartiati catturati nella battaglia di Sfacteria. 
 
Cleone dopo Sfacteria nel 425 aveva alzato la paga degli Eliasti da due a tre oboli. Sicché nutriva Demo  rubando i piatti preparati da altri. Gli Eliasti lo amavano come si legge nelle Vespe (422)
 
Servo I (Demostene) dice che aveva  preparato ma'zan lakwnikhvn (Cavalieri del 424, v. 55) la focaccia laconica di Pilo ma Paflagone (cioè Cleone) gliel’ha rubata e ha imbandito lui th;n uJp j ejmou' memagmevnhn (57) quella impastata da me (mavssw).
Il successo di Pilo era stato organizzato militarmente dallo stratego Demostene ma Cleone aveva guidato  la spedizione e si era appropriato dei risultati catturando gli opliti Spartani rifugiatisi nell’isola di Sfacteria di fronte a Pilo.
 
Torniamo alla Pace dove torna l’usuale sfottitura verso il vile Cleonimo che ha abbandonato lo scudo e quindi era il più benevolo di tutti verso la pace. Non per pacifismo bensì per viltà racconta Trigeo a Ermes.
 
Aristofane è ostile alla guerra, dichiara guerra alla guerra ma non gli piacciono i vigliacchi che si imboscano quando altri vanno a combattere
Nei Cavalieri questi combattenti sono  ostili a Cleone e al regime da lui imposto eppure sono tanto disposti ai servizi e ai sacrifici in favore di Atene che hanno comunicato il fervore patriottico ai loro cavalli che sono  anche loro degni di encomio.
Avevano comprato le gavette kwqwvna" e alcuni pure skovroda kai; krovmmua  (600) aglio e cipolle. Inoltre remavano con alti nitriti: “ijppapai', ti" ejmbalei' (602) chi remerà? 
Bisogna prendere i remi e spingerli con forza. Tu non spingi purosangue? Dicevano l’uno all’altro.
E balzavano su Corinto. Poi con gli zoccoli i più giovani scavavano i giacigli e andavano in cerca di strame. E invece di erba medica mangiavano granchi h[sqion de; tou;" pagouvrou" ajnti; poiva" Mhdikh'" (606) andando a caccia di quelli che uscivano dalla nicchia o dal fondo. Con  granchi forse Aristofane allude agli abitanti di Corinto, la città dai due mari.
 
Ermes poi domanda chi è succeduto a Cleone come beniamino del popolo.
Il posto di capopopolo lo ha preso Iperbolo risponde Trigeo
 
Iperbolo verrà ostracizzato nel 417 e si ritirò a Samo dove sarà ucciso nel 411 durante un tentativo di golpe oligarchico.
Il suo ostracismo da Atene fu causato da un accordo tra Alcibiade e Nicia che individuarono in lui la vittima politica da eliminare e fecero convergere contro Iperbolo i voti che controllavano. Poi Alcibiade che sperava di mettersi in luce con la spedizione in Sicilia prevalse su Nicia che invece era restio e infatti ci lasciò la pelle nel 413. Alcibiade venne ammazzato una decina di anni più tardi dai fratelli di una giovinetta che aveva sedotto. I due stavano facendo l’amore quando i parenti offesi diedero fuoco alla casa e ammazzarono Alcibiade che cercava di scappare.
 
Pace volge la testa perché il popolo si è preso di nuovo un cattivo padrone- ponhro;n prostavthn (684) spiega Ermes
Trigeo prova a giustificare oj dh`mo~ dicendo che il popolo rimasto senza un tutore ajporw`n ejpitrovpou e nudo gumnov~ 686 ha preso quest’uomo come una cintura, una fascia, un perizoma to;n a[ndra periezwvsato- 687peruzwvnnumi.
Ermes  è l’interprete, ermeneuta di Pace la quale vuole sapere come Iperbolo potrà essere utile alla polis. Trigeo risponde che colui è un lucnopoiov~ -690- un fabbricante di lampade e forse gli Ateniesi che brancolano nella tenebra-ejn skovtw/- potranno discutere e decidere al lume di una lucerna – pro;~ luvcnon- 692 . Non è che faccia grande luce.
 
Pace vuole anche sapere che ne è di Sofocle. Trigeo risponde che sta bene -eujdaiminei` , ma gli succede una cosa strana: è diventato Simonide. Un poeta famoso per la sua avidità nel farsi pagare.
 
Un esempio di quella Musa filokerdhv~ avida di lucro e mercenaria  e[rgati~ (vv. 9-10) che Pindaro biasima nell’Istmica II. Tersicore non vendeva i suoi canti, mentre ora impone il detto”crhvmata crhvmat j ajnhvr- 17 gli averi fanno l’uomo.
 
Sofocle dunque ora che è un vecchio logoro e avariato – gevrwn w]n kai; saprov~- 698-navigherebbe anche su una stuoia.
 
E Cratino? Uno della triade dei maggiori autori della commedia nuova: “Eupolis atque Cratinus Aristophanesque poetae” (Orazio, Satire, I, 4. 1)
Cratino è morto risponde Trigeo quando i Laconi invasero l’Attica
Di quale male? Vuole sapere Ermes.
Venne meno vedendo fatto a pezzi un orcio pieno di vino- ijdw;n pivqon katagnuvmenon oi[nou plevwn (703)
 
Ho visto un caro amico bevitore piangere lacrime amarissime per una bottiglia piena di vino cadutagli di mano e finita in pezzi ma non è morto anzi è uno dei pochi superstiti della lieta brigata dei miei amici coetanei. Ha comprato tante alte bottiglie e non gli sono mai più cadute anzi le ha bevute tutte. Questo mio amico per giunta ha fatto una notevole carriera universitaria.
Lo saluto con simpatia e affetto se mi legge.
 
Della decadenza di Cratino, Aristofane scrive nei Cavalieri  ricordando che un tempo fioriva (530), ma oramai[1] si ritrova
 "con una corona secca in testa e morto di sete"( divyh/ d  j ajpolwlwv", v.534), lui che per le antiche vittorie meritava di bere nel Pritaneo.
Cratino però era ancora capace di vincere e nell'agone del 423 non solo si difese dalle accuse di Aristofane ma sconfisse le Nuvole  del rivale più giovane con il Fiasco, un'autocanzonatura nella quale la Commedia, moglie legittima del poeta lo accusava di tradirlo con l'Ebbrezza,  di correre dietro ai vinelli giovani, ed egli rispondeva che un bevitore d'acqua non avrebbe potuto creare mai niente di bello.
E' interessante il fatto che Cratino osò prendere di mira Pericle accusandolo di fomentare la guerra in combutta con Aspasia e sfottendolo con il chiamarlo "Zeus dalla testa di cipolla", un epiteto che metteva in caricatura la forma allungata del suo cranio. Interessante è anche il verbo coniato da Cratino: eujripidaristofanivzein, "euripidaristofaneggiare" per significare che i due autori non erano poi tanto diversi

Bologna 10 aprile 2023 
giovanni ghiselli
 
p. s.
Excursus sulla morte di Alcibiade, un modello per molti seduttori e seduttivi
Le versioni della sua morte sono due: in ogni caso egli morì con una donna e per fuggire alle fiamme che possono evocare  la sua vita tumultuosa. Chi fosse questa donna, non ha importanza. Fu certo l'ultima di una serie molto lunga comprendente etere, schiave prigioniere di guerra, ragazze di buona famiglia e regine, come la moglie del re spartano Agide, sedotte tutte dalla "genialità della sensualità", dalla "potenza demoniaca della sua sensualità"[2] si può dire di lui come fa Kierkegaard di Don Giovanni che era  "l'incarnazione della carne o la spiritualizzazione della carne mediante lo spirito stesso della carne."[3]. "Questi io chiamo erotici-scrive sempre il filosofo danese- e mi conto io stesso nel loro numero. La gente li chiama seduttori. La donna non ha nessun nome per essi...Questi erotici sono i felici...Essi vivono in modo più voluttuoso degli dèi...essi mangiano soltanto l'esca, senza essere mai presi. Gli altri uomini abboccano, nel modo in cui i contadini pranzano con l'insalata di cetrioli, e sono presi"[4]. Questa volta però Alcibiade si lasciò prendere; forse perché egli tendeva non solo al piacere  ma anche al potere[5], e se il primo scopo,con qualche sforzo, poteva ancora raggiungerlo, il secondo oramai gli era sfuggito per sempre.
Plutarco dunque racconta che, secondo alcuni, i sicari diedero fuoco alla casa dove egli abitava, in Frigia, con l'etera Timandra. Alcibiade si lanciò fuori e gli assassini, non osando avvicinarsi, lo colpirono vilmente da lontano, finché cadde. Timandra, nei limiti delle sue possibilità, gli diede onorevole sepoltura. In questa versione c'è una donna, una cortigiana che si occupa delle esequie del seduttore. Nell'altra, la presenza femminile è la causa della morte di questo don Giovanni antico. "Sua passion predominante", si ricorderà il libretto di Da Ponte, "è la giovin principiante"[6]. 
Ebbene Alcibiade avrebbe sedotto una ragazza di buona famiglia e i fratelli di lei, non sopportando l'offesa, diedero fuoco alla casa e lo uccisero mentre ne saltava fuori attraverso il fuoco ("dia; tou' puro;" ejxallovmenon",Vita di Alcibiade ,  39, 9). Queste fiamme mi danno l'occasione per un'ultima citazione di Baudelaire:"il carattere della bellezza del dandy consiste soprattutto in quell'aria fredda che gli viene dalla ferma risoluzione di non commuoversi; si direbbe un fuoco latente che si lascia indovinare, che potrebbe ma non vuole divampare"[7]. Anche Don Giovanni, alla fine dell'opera, scompare nel fuoco:"Da quel tremore insolito.../Sento...assalir...gli spiriti.../Donde escono que' vortici/ di foco pien d'orror!...Cresce il fuoco, compariscono diverse furie, s'impossessano di Don Giovanni, e seco lui sprofondano"[8]. Quella exacerbatio cerebri  di cui parla S. Kierkegaard nel Diario del seduttore [9], o piuttosto quel fuoco interno, prima di spegnersi, fuoriesce, divampa e uccide l'uomo. Cornelio Nepote ci informa che allora egli aveva circa quarant'anni("Alcibiades circiter quadraginta natus diem obiit supremum "[10]), ma nel 404 doveva averne qualcuno di più. Stava comunque declinando quella sua giovinezza e follia che sembrava essere oltre i limiti naturali"(hJ ejmh; neovth" kai; a[noia para; fuvsin dokou'sa ei'jnai"[11] ) vantata da lui stesso di fronte al popolo prima della spedizione in Sicilia. Viene da pensare che un personaggio come Alcibiade, il giovane  leone allevato[12] in casa dell'altro leone[13] che aveva fatto di Atene la scuola dell'Ellade[14], non potesse sopravvivere né alla potenza di Atene né alla propria giovinezza. Lord Henry avrebbe potuto rivolgere anche a lui, nei momenti d'oro ricordati da Tucidide, le parole dette a Dorian Gray:"Sì, gli dèi furono benigni con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve tempo rivogliono i loro doni. Avete soltanto pochi anni da vivere veramente. Quando la vostra gioventù se ne sarà andata, avrete perduto anche la vostra bellezza, e vi renderete conto d'un tratto che non ci sono più vittorie per voi, o che dovete accontentarvi di quelle banali vittorie che la memoria del vostro passato renderà più amare delle sconfitte. Ogni mese che passa vi avvicina a qualche cosa di orrendo. Il tempo è geloso di voi, e si accanisce sui vostri colori di giglio e di rosa. Le vostre tinte appassiranno, le guance si faranno cave, si appannerà il vostro sguardo. Soffrirete tremendamente...Godete della vostra giovinezza finché la possedete! Non sprecate il tesoro dei vostri giorni ascoltando la gente noiosa, cercando di consolare i predestinati all'insuccesso, donando la vostra vita agli incolti, ai mediocri, ai volgari...Vivete! Vivete la meravigliosa vita che è in voi! Nulla deve andar perduto per voi. Cercate continuamente nuove sensazioni. Non abbiate paura di nulla...Un nuovo edonismo! Di questo ha bisogno il nostro secolo. Potreste esserne il simbolo visibile. Nulla è vietato alla vostra persona. Il mondo è vostro, per una stagione...Perché la vostra gioventù durerà un tempo così breve-così breve! Gli umili fiori di prato avvizziscono, ma rifioriranno ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro, come è ora...Ma noi non torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia che pulsa in noi a vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i sensi si consumano. Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo delle passioni di cui abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle quali non avemmo il coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al mondo che valga la giovinezza!"[15]. Probabilmente fu per non sopravvivere agli ultimi bagliori della sua giovinezza, per non arrivare all'età del Casanova di Arthur Schnitzer il quale "a cinquantatre anni, quando "il fulgore interiore ed esteriore andava lentamente spegnendosi" era "spinto a vagare per il mondo non più dal giovanile piacere dell'avventura, ma dall'inquietudine dell'avanzante vecchiaia"[16] che Alcibiade volle morire  in quell'ultimo fuoco, lanciato per l'ultima volta dall' Eros fulminatore[17] che si era fatto incidere sullo scudo invece degli stemmi gentilizi.
 
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[1] Siamo nel 424.
[2]S. Kierkegaard, Enten-Eller , trad. it. Adelphi, Milano, 1976, p. 172.
[3]Don Giovanni. La musica di Mozart e l'eros , trad. it. Mondadori, Milano, 1981, p. 98.
[4]S. Kierkegaard, In vino veritas , trad. it. Laterza, Bari, p. 92.
[5]Si vede dall'episodio della moglie di Agide, Timea che Alcibiade sedusse mentre il marito era assente per una spedizione militare. Ella rimase in cinta e non lo negò(" Timaivan ga;r th;n  [Agido" gunai'ka tou' basilevw" strateuomevnou kai; ajpodhmou'nto" ouJvtw dievfqeiren, wJvste kai; kuvein ejx jAlkibiavdou kai; mh; ajrnei'sqai"), anzi in privato chiamava "Alcibiade" il figlio il cui nome ufficiale era Leotichide. Il seduttore soleva dire che lo aveva fatto, non per offendere Agide nè perché vinto dal piacere, ma perché i suoi discendenti regnassero su Sparta:"oJvpw" Lakedaimonivwn basileuvswsin oiJ ejx aujtou' gegonovte""(Plutarco, op. cit. 23) Si vede dunque da questo episodio che la "passion predominante" del nostro personaggio era comandare e che il sedurre era strumentale al fine di dominare. Insomma "luxuriosus, dissolutus, libidinosus "(Cornelio Nepote, op. cit , 1) ma  prima di tutto ambizioso. Di lui in effetti Tucidide scrive, tra l'altro:"kai; mavlista strathgh'saiv te ejpiqumw'n" , VI, 15, e bramando al di sopra di tutto comandare. Il che non toglie che fosse un seduttore di razza.
[6]Don Giovanni , I, 5. Un collegamento con il Don Giovanni , e con Le nozze di Figaro , ugualmente di Mozart-Da Ponte, viene fatto anche per Andrea Sperelli:"Egli aveva in sé qualche cosa di Don Giovanni e di Cherubino: sapeva essere l'uomo di una notte erculea e l'amante timido, candido, quasi verginale.( Il piacere , p. 19)
[7]Baudelaire, op. cit., p. 1152.
[8]Don Giovanni  di Mozart-Da Ponte, II, 19.
[9] Trad. it., Rizzoli, Milano, 1974, p. 22.
[10]Alcibiades , 10, 6.
[11]Tucidide, VI, 17.
[12]Cfr. Aristofane, Rane , 1423.
[13]Pericle, di cui Plutarco (Vita di Pericle , 3) racconta che la madre Agariste, prossima a partorirlo, sognò di generare un leone.
[14]Tucidide, II, 41.
[15]O. Wilde, Il ritratto di Dorian Gray , in Wilde Opere , trad. it. Mondadori, Milano, 1982, p. 32.
[16]Arthur Schnitzer, Il ritorno di Casanova , trad. it., Bompiani, Milano, 1982, pp. 1-2.
[17] Plutarco,  Vita di Alcibiade , 16.

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