Una forza del popolo russo rispetto alle genti del mondo occidentale ateo è quella della religione. Questo pensiero mi è venuto in mente rileggendo alcune frasi di Machiavelli.
L'XI capitolo del I libro dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio verte sulla religione dei Romani: tra questi il re Numa "trovando un popolo ferocissimo, e volendolo ridurre nelle obedienze civili con le arti della pace, si volse alla religione come cosa del tutto necessaria a volere mantenere una civiltà e la constituì in modo che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella republica il che facilitò qualunque impresa che il Senato o quelli grandi uomini romani disegnassero fare...E vedesi, chi considera bene le istorie romane, quanto serviva la religione a comandare gli eserciti, ad animire la Plebe, a mantenere gli uomini buoni a fare vergognare i rei. Talché se si avesse a disputare a quale principe Roma fusse più obligata o a Romolo o a Numa credo più tosto Numa otterrebbe il primo grado: perché dove è religione facilmente si possono introdurre l'armi e dove sono l'armi e non religione con difficultà si può introdurre quella...E veramente mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio, perché altrimenti non sarebbero accettate".
Quindi Machiavelli tra i legislatori che "ricorrono a Dio" ne nomina due che conosciamo bene: Licurgo e Solone. Infine tira le somme:"Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di quella città, perché quella causò buoni ordini, i buoni ordini fanno buona fortuna, e dalla buona fortuna nacquero i felici successi delle imprese. E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle repubbliche, così il dispregio di quello è cagione della rovina di esse. Perché dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini o che sia sostenuto dal timore d'uno principe che sopperisca a' defetti della religione".
Diversi anni fa il mio migliore amico, Fulvio, che era di destra criticava il regime sovietico. Eravamo a Debrecen. Gli domandai perché ce l’avesse tanto con i Russi. Rispose con parole che all’epoca –intorno al 1968- mi educarono colpendo anche la mia sfera emotiva: “Non ce l’ho con i Russi, anzi mi piacciono perché sono pii, sono nostri fratelli”.
L’amico è morto da un paio di anni e quando ripeto questa frase mi commuovo ancora. Avevamo idèe politiche opposte eppure discutevamo ascoltandoci e rispettandoci a vicenda. Ci volevamo molto bene. Ci siamo fatti del bene. Quando eravamo già vecchi mi disse che ero più di un fratello per lui. Anche lui è stato un fratello per me.
Si può essere amici anche con ideologie diverse.
Di più: si può essere cavallereschi perfino con i nemici.
“Oh gran bontà de’ cavalieri antiqui!
Eran rivali, eran di fé
diversi,
e si sentian degli aspri colpi iniqui
per tutta la persona anco dolersi;
e pur per selve oscure e calli obliqui
insieme van senza sospetto aversi.
Da quattro sproni il destrier punto arriva
ove una strada in due si dipartiva. ( Ariosto, Orlando
furioso, I, 22)
Bologna 22 febbraio 2023 ore 20 giovanni ghiselli
p. s
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