“Voglio dire qualche parola sulla mia arte dello stile in generale. Comunicare uno stato, una tensione interna di pathos, per mezzo di segni, compreso il ritmo di questi segni-questo è il senso di ogni stile”.
Insomma: chi ha stile, significa, dà segni come “il signore di cui c’è l’oracolo a Delfi: “ou[te levgei ou[te kruvptei ajlla, shmavnei” (Eraclito, 120 Diano), non dice né nasconde, ma significa.
Chi ha stile dà segni anche parlando poco o addirittura senza parlare. Ci innamoriamo di persone siffatte, mentre ci disgustano i chiacchieroni insignificanti.
Ancora Nietzsche “Buono è qualunque stile che comunica realmente uno stato interno, che non si sbaglia sui segni, sul ritmo dei segni, sui gesti”
Viceversa: “Odiamo una persona quando questa sbaglia tono” (Pavese, Il mestiere di vivere, 11 agosto1940-
Faccio un esempio di tono sbagliato: ho letto, non ricordo dove, che “Antonella Viola si è definita astemia anche se si concede un calice solo nei ristoranti stellati”. Ebbene una frase del genere non è nemmeno odiosa: è solo plebea, se si pensa che milioni di italiani devono mettersi in fila alla caritas pe avere del cibo. Costei dovrebbe vergognarsi.
Ancora Cesare Pavese sullo stile: “Perché la gente prende delle pose, e fa il dandy, o lo scettico, o lo stoico, o il sans-souci, ecc.? Perché sente che c’è una superiorità nell’affrontare la vita secondo una forza, una disciplina. E’ infatti questo il segreto della felicità: assumere un atteggiamento, uno stile, uno stampo in cui devono cadere e modellarsi tutte le nostre impressioni ed espressioni.
Ogni vita vissuta secondo uno stampo coerente e comprensivo e vitale, è classica” (Il mestiere di vivere 1 giugno 1940.),
La "Classicità non è chiarezza sin dall'inizio, bensì contesa giunta ad unità, discordia conciliata, angoscia risanata". (B. Snell, Eschilo e l'azione drammatica , p. 141.)
Bologna 7 febbraio 2023 ore 11, 09
Sempre1320606
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