NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 16 febbraio 2023

L’audacia va associata al talento che rimane inespresso nell’indolenza contagiosa delle paludi.

L’audacia va associata al talento che rimane inespresso nell’indolenza contagiosa delle paludi

 

 Čechov e Nietzsche  

 

Nello Zio Vanja di Čechov (prima il 26 ottobre 1900) Elena Andreevna una bella giovane donna, una ragazza di 27 anni sposata con un vecchio professore in pensione malato e rancoroso che la annoia o la affligge, parla con Sonja la nipote di Vanja, una ragazza brutta e infelice figlia del pensionato nata dalla sua prima moglie e sorella di Vanja.

Elena dunque associa l’audacia al talento: “E sai che cosa vuol dire talento? Vuol dire audacia, libertà, grandezza di vedute” (Atto secondo).

 

 

Nell’atto terzo Elena esecra un luogo depresso dal conformismo di chi non ha audacia né talento: “In questa noia disperante, quando invece di uomini vagano solo macchie grigie, senti solo discorsi volgari , non sanno altro che mangiare, bere e dormire, ogni tanto capita lui, diverso dagli altri bello, interessante, affascinante, come quando in mezzo alle tenebre sorge la luna chiara. E allora vorresti cedere al fascino di un uomo simile, dimenticarti”.

 

Parla del medico Astrov che è diverso dai più ma il clima culturale di un paese contagia tutti i suoi abitanti.

Sonja che è innamorata di Astrov gli dice: “la prego, la supplico, non beva più.

E Astrov: “Perché?”

“Perché non è degno di lei! Lei è fine, ha una voce così dolce…Anzi le dirò , lei è bello-bello più di tutti quelli che conosco. Perché vuol essere uno dei tanti che si ubriacano e giocano a carte? Non lo faccia, la supplico. Lei dice sempre che la gente non crea ma distrugge quel che ha avuto dal cielo. Perché allora, perché vuol distruggere se stesso?”.

Il dottore risponde: “Il mio tempo è passato ormai, per me è tardi…Sono invecchiato, ho lavorato troppo, mi sono abbrutito, e ormai non sento che potrei legarmi a nessuno…L’unica cosa che ancora mi tocca è la bellezza” (atto secondo)

La bellezza in questo ambiente è incarnata da Elena.

 Nell’atto Astrov e la bella donna si salutano corteggiandosi a vicenda ma senza altro che parole. Elena parte con il marito e Astrov le dice: “Ci avete contagiati tutti con la vostra indolenza”.

Anche le debolezze e le malattie morali contengono un virus che contagia dunque.

A questo punto posso e devo citare Nietzsche: ““Chi lotta coi mostri deve guardarsi dal diventare un mostro anche lui. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare te”[1].

A questo punto devo citare un autore greco e uno latino

Si pensi alla Deianira di Sofocle e a quella di Ovidio.

Nelle Trachinie  di Sofocle Deianira è la moglie infelice, sposa dell'infedele Eracle. Sin da ragazza, quando abitava con il padre, ebbe una dolorosissima paura delle nozze (v. 7-8). Infatti ricorda:"Mnhsth;r ga;r  h\n moi potamov",  jAcelw'/on levgw" (v. 9), il mio pretendente era un fiume, dico l'Acheloo. Insomma era corteggiata da un mostro.

 "Deianira appartiene ancora, in qualche modo, al regno dei mostri: è stata richiesta in sposa da uno di essi, desiderata da un altro[2], che l'ha toccata, che si confida con lei e ne fa una sua complice. E nella lotta contro Acheloo, Eracle ha fattezze ferine. Da questo bestiario, che ha conservato in sé come orrore e come fremito, Deianira non potrà uscire"[3].

La lotta da cui Eracle esce vincente è un fragore di mani, di archi di corna taurine insieme confuse (Sofocle, Trachinie , vv. 517-518).

La Deianira delle Heroides[4] di Ovidio,  lontana da Eracle occupato a inseguire  terribili fiere,  è ossessionata dal pensiero dei mostri con i quali il marito deve lottare:"inter serpentes aprosque avidosque leones/iactor et haesuros terna per ora canes " (IX, 39-40), mi aggiro tra serpenti e cinghiali e leoni bramosi, e cani[5] pronti ad attaccarsi con tre bocche.

 Senza contare gli amori con le straniere:"  peregrinos addis amores "(v. 49). In conclusione: è necessario allontanarsi dagli ambienti privi di spirito.  Si può pensare al film I vitelloni (1953) di Fellini e alla fuga da Rimini dell’attore alter ego del regista , Franco Interlenghi allora.

Bologna 16 febbraio 2023 giovanni ghiselli ore 9, 38

p. s

Devo associare il lavoro per il corso su Nietzsche a quello per il festival dei filosofi lungo l’Oglio con l’osare, poi a quello per le conferenze di Ferrara (Lisistrata e Pace) di Rovigo (commedia greca e commedia latina) di Siracusa (Pace, Prometeo, Medea)

Voglia di fare, voglia di fare, voglia di fare! Anche bicicletta, corsa e qualche simposio in lieta brigata godereccia.

Il catalogo è questo

Sempre1324155

Oggi114

Ieri503

Questo mese5752

Il mese scorso11301

 

 



[1] Di là dal bene e dal male , Aforismi e interludi, 146.

[2] Il centauro Nesso, acre e bimembre.

[3]U. Albini, Interpretazioni teatrali , Le Monnier, Firenze, 1972, p. 59.

[4]Sono  lettere d'amore. in distici elegiaci,di donne amanti di eroi, e altre  lettere di uomini a donne del mito con le risposte. Il primo gruppo ( epistole I-XV) uscì secondo alcuni attorno al 15 a. C. ,  fra la prima (20a. C.) e la seconda edizione degli Amores  (1 a. C.). Altri abbassano la data fino al 5 a. C.  Il secondo gruppo di epistole doppie ( XVI-XXI) fu composto poco prima dell'esilio (tra il 4 e l'8 d. C.). Il metro è il distico elegiaco.

[5]Come Cerbero, il cane di Ades, dal ringhio metallico.

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