NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 19 febbraio 2023

ARISTOFANE - GUERRA E PACE 2023 - "La pace". 1

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Tre commedie contro la guerra:
Acarnesi (del 425); la Pace (del 421) e Lisistrata (del 411).
Aristofane negli Acarnesi (del 425) dichiara guerra alla guerra.
 Il protagonista Diceopoli, il cittadino giusto, fieramente avverso al conflitto, convince il coro che la guerra è un male e lo induce a dire: "io non accoglierò mai in casa Povlemo" (v. 977), la personificazione degli orrori bellici, visto come " un uomo ubriaco (pavroino" aJnhvr, v. 981) il quale "ha operato tutti i mali e sconvolgeva, e rovinava"(983) e, pur invitato a bere nella coppa dell'amicizia, "bruciava ancora di più con il fuoco i pali delle viti/e rovesciava a forza il nostro vino fuori dalle vigne"(986-987). L'ubriaco povlemo~ agisce anche contro se stesso bruciando le viti. Significa che la guerra è dannosa anche per chi vuole farla.
 
 Il campagnolo pacifista Diceopoli si fa portavoce dei contadini, esasperati poiché la guerra del Peloponneso nella fase archidamica (431-421) aveva distrutto ogni  anno i raccolti.
 
  Diceopoli Respinge Polemos, e fa una pace separata connessa alla festa, all'amore e alla bellezza dell'arte: infatti Pace è compagna della bella Cipride e delle Cariti amabili (v. 989). "io non accoglierò mai in casa Polemo"(977) che poi è la personificazione del conflitto, visto come "un uomo ubriaco"(981) il quale "ha operato tutti i mali e sconvolgeva, e rovinava"(983) e,  pur invitato a fare la pace,
"bruciava ancora di più con il fuoco i pali delle viti
 e rovesciava a forza il nostro vino fuori dalle vigne"(986-987).
La guerra dunque è odiata dai contadini poiché distrugge alberi, raccolti e impoverisce la vita di quanti lavorano la terra e vivono dei suoi prodotti. In pratica di tutti.
Virgilio nella prima Georgica (511) squalifica "Mars  come impius ", empio Marte, e  Orazio in Carmina, II,14, 13,  come cruentus , insanguinato.
  
Maledetta la guerra da Diceopoli, dal coro e da noi, arriva la Pace, salutata come "compagna di Cipride la bella e delle Grazie"( Aristofane, Acarnesi, 989). Mostra il suo bel volto kalo;n to; provswpon ( 990) tenuto nascosto per troppo tempo.
  
 Quindi giunge l'inviato di un marito che porta doni e chiede una coppa di pace:" i[na mh; strateouit j ajlla; kinoivh mevnwn" (kinevw nel senso di “sbatto”-v. 1052), perché non vuole andare in guerra, ma rimanere in casa a fare l'amore. Diceopoli, che ha sofferto l'incomprensione dei concittadini, rilutta ad aiutare il marito ma arriva anche una messaggera con la richiesta della sposa:
" che il pene del marito rimanga a casa " o{pwς a}n oijkourh'/ to; pevoς tou' numfivou", 1060). Questa preghiera fa breccia nel cuore del cittadino giusto, il pacifista Diceopoli alter ego di Aristofane:
"perché una donna non merita di soffrire per la guerra"(Acarnesi, 1062).
 
Nella seconda commedia pacifista (Pace del 421) la Festa - Qewriva - la cui statua si trova di fianco a quella della  Pace  odora di frutta, conviti, di grembi di donne che corrono verso la campagna ( kovlpou gunaikw'n diatrecousw'n eij" ajgrovn, v. 536) e di tante altre cose buone.
In questa commedia si racconta che gli dèi si sono allontanati dagli uomini per non vederli sempre combattere e li hanno abbandonati a Polemo il quale ha gettato la Pace in un antro profondo (v. 223). Intanto però il pestello (aJletrivbano" , v. 269) degli Ateniesi, il cuoiaio (oJ bursopwvlh" , v. 270) che sconvolgeva l'Ellade, insomma Cleone, è morto. Così pure Brasida, il pestello dei Lacedemoni.
 
Aristofane nella Pace del 411 chiama Cleone il pestello (aJletrivbano" , v. 269) degli Ateniesi mentre il pestello degli Spartani è Brasida (282)
 
La nostra presidente del consiglio sta andando a omaggiare uno dei due pestelli dell'Europa.
 
La pace accresce le possibilità di vita secondo Trigeo che è, come Diceopoli, un contadino pacifista: essa consente di navigare, rimanere dove si è, fare l'amore, dormire, andare a vedere le feste, banchettare, giocare al cottabo, e gridare iù iù (Pace, vv. 341-345). Vogliono le guerre i fabbricanti di lance e i mercanti di scudi per i loro guadagni (vv. 447-448).
Alla fine costoro riceveranno le pernacchie, mentre i contadini potranno tornare al lavoro dei campi richiamando alla memoria l'antica vita che la Pace largiva: i panieri di frutta secca, i fichi e i mirti, il dolce mosto, le viole accanto al pozzo e le olive di cui si ha desiderio. La pace per i campagnoli significava la zuppa d'orzo verde e la salvezza (ci'dra kai; swthriva, v. 595), sicché le vigne e i teneri fichi, e quante altre piante vi sono, rideranno liete accogliendola.
Segue nell'agone un'eziologia della guerra meno ridicola di quella presentata negli Acarnesi  Che faceva dipendere lo scoppio del conlitto da ratti di prostitute, Pericle, spaventato dalle accuse intentate a Fidia, per non seguire la stessa sorte, mise a fuoco la città e provocò tanto fumo che tutti i Greci lacrimavano. La distrazione di massa si dice oggi.
Alla pace ritrovata seguono progetti e preparativi di feste a base di scorpacciate culinarie e sessuali: Teoria ha un culo da Festa quinquennale e va molto bene; la focaccia è cotta, la torta col sesamo è impastata e tutto il resto è pronto:"tou' pevou" de; dei' " (v. 870), manca solo il bischero.
 
Nella Pace di Aristofane, il contadino pacifista Trigeo cita due esametri omerici [1]:"è privo di legami sociali, di leggi, di focolare quello che/ama la guerra civile agghiacciante (polevmou e[ratai ejpidhmivou, vv. 1097-1098).
 
Ogni guerra in fondo è una guerra civile secondo i princìpi dell’umanesimo.
 
Nei conflitti interni molti valori  si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della stavsi" di Corcira, quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole cambiarono il loro significato originario: "Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw' ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito. 
"Un'audacia "ajlovgisto" prende il nome di coraggio, la prudenza si chiama pigrizia, la moderazione viltà, il legame di setta viene prima di quello di sangue, e il giuramento non viene prestato in nome delle leggi divine, bensì per violare le umane.  Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82-84)"[2].
 Nel Bellum Catilinae di Sallustio, Catone, parlando in senato dopo e contro Cesare, il quale aveva chiesto di punire i congiurati "solo" confiscando i loro beni e tenendoli prigionieri in catene nei municipi, denuncia questo cambiamento del valore delle parole:"iam pridem equidem nos vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur, eo res publica in extremo sita est " (52, 11), già da tempo veramente abbiamo perduto la verità nel nominare le cose: poiché essere prodighi dei beni altrui si chiama liberalità, l'audacia nel male, coraggio, perciò la repubblica è ridotta allo stremo.
 
Nella II Parabasi della Pace  il Coro di contadini proclama la sua gioia per la libertà dagli impegni bellici e la possibilità che la pace offre di stare vicino al fuoco a bere con i compagni, arrostire ceci, mettere ghiande al fuoco e sbaciucchiare la serva tracia mentre la moglie si lava. Poi quando arriva l'estate con la dolce canzone della cicala pazza di sole, Trigeo gode nel vedere maturare vigne precoci e mangiare i fichi dicendo "w|rai fivlai" (v. 1168), che bella stagione! Tutto questo succede invece dell’ essere arruolati ancor prima dei cittadini e di dover obbedire a un capitano vigliacco. Alla festa finale arriva un mercante di falci che ha ripreso la sua attività ed è grato a Trigeo, mentre il mercante di armi è addolorato. Il cimiero che lui vende può servire al massimo per pulire la tavola e la corazza per cacarci dentro. Le lance segate in due potranno fare da pali di viti.
Infine c'è la festa di nozze fra Trigeo e Opora (il raccolto, personaggio muto come Pace e Teoria): lui ce l'ha grande e grosso, lei  ha la fica dolce (tou' me;n mevga kai; pacuv-th'"  d’ hJdu; to; su'kon-1350-1351).  

 
p. s.
Programma delle prossime conferenze
 
Il 12 maggio alle 17 sarò nella biblioteca ariostea di Ferrara per presentare la Lisistrata di Aristofane con cenni alle altre due commedie pacifiste: Acarnesi e Pace.
Il 24 maggio sarò all’Arci di Rovigo per presentare la commedia greca- Aristofane e Menandro in generale
Il 12 giugno sarò a Siracusa alla Dante Alighieri per presentare i drammi recitati nel teatro greco: Medea di Euripide, Prometeo incatenato di Eschilo, Pace di Aristofane.
Il 30 giugno sarò al Festival dei Filosofi lungo l’Oglio con una lectio su Osare l’inattuale. Darò notizia dell’ora e del luogo quando mi saà arrivato il programma.
Ora metto  nel blog un breve sommario delle commedie pacifiste di Aristofane che mi è molto congeniale ed è attuale quando dichiara guerra alla guerra.
 
Ricordo che martedì 28 febbraio inizierò il mio corso di 16 ore su Nietzsche nell’Università Primo Levi di Bologna. Ho già pronte in pdf 100 pagine. Posso inviarle a chi vuole leggerle prima dell’inizio del corso. Ne seguiranno molte altre, fino a 500.
 
Bologna 19 febbraio 2023 ore 17, 32 il sole visto dal mio studio sta tramontando ora e mi redice, mi dice bene, con i suoi raggi, mi manda auguri di tanti sereni dì.
 
Ora  il catalogo è questo
Sempre1325435


[1] Da Iliade IX, 63-64. E’ il canto dell’ambasceria ad Achille. E’ Nestore che parla. Più avanti consiglia ad Agamennone di riconciliarsi co Achille mandandogli amabili doni (IX, 113)
[2] M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, pp. 42-43.

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